L'AQUILA La partita, politicamente, l'ha vinta l'opposizione. L'Abruzzo non sarà tra le prime cinque Regioni italiane a chiedere il referendum abrogativo della quota proporzionale della legge elettorale nazionale. Sfuma l'obiettivo della Lega, che puntava addirittura a tagliare il traguardo come capofila. Il Piemonte (ieri lungamente al voto) si aggiungerà a Veneto, Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Sardegna. Oggi la Liguria andrà avanti a oltranza. L'Abruzzo, se tutto andrà come pare, arriverà settimo e non sono da escludere ripercussioni interne al Carroccio regionale: Salvini piomberà qui a sorpresa domenica, sede da decidere. Un segnale. L'opposizione (Pd, Cinque Stelle e Marianna Scoccia dell'Udc) ha avuto la meglio con una strategia ostruzionistica (o «costruzionistica» come l'ha definita la pentestellata Marcozzi) che ha trascinato i lavori di commissione fino alla tarda serata di ieri, facendo slittare la seduta di consiglio prevista inizialmente per martedì.
ISTANZA In prima commissione (Bilancio) sono approdati 2.800 tra emendamenti e sub all'istanza di richiesta del referendum. La giornata era ripresa in commissione dopo che i lavori erano terminati intorno all'una di notte. In mattinata si è riunita anche la commissione di Vigilanza, presieduta dal Cinque Stelle Pietro Smargiassi, per audire il presidente dell'Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori (Anav) d'Abruzzo, Sandro Chiacchiaretta e il presidente della Di Fonzo Spa, Alfonso Di Fonzo. In esame l'autorizzazione al ricorso a sub affidamento per i servizi a domanda di Tua. Proprio in chiusura di questa seduta si è registrato il clamoroso sfogo del forzista Daniele D'Amario, sul tema referendum: «Ciak si gira! Chiedo scusa agli abruzzesi. Qui ci sono problemi seri e invece è in scena un teatro per allungare i tempi per altre cose. C'è gente che parla tre volte per allungare il brodo. Stiamo dando un brutto spettacolo». Secca la replica dei Cinque Stelle. Sara Marcozzi ha detto a D'Amario che «a chiedere scusa dovrebbe essere il governo regionale, visto che non è presente, visto che gli uffici non sono presenti e c'è un'inefficienza generale nel gestire i lavori. D'Amario, lei si dovrebbe vergognare e chiedere scusa per la sua maggioranza».
L'esame del quesito referendario è slittato a più riprese, fino a tarda sera, proprio per la difficoltà di caricare sull'apposita piattaforma l'enorme mole di emendamenti. «I principali problemi degli abruzzesi passano in secondo piano» ha detto la Scoccia. Per Paolucci «consiglio, commissioni e un'intera Regione sono sotto scacco dei diktat di Salvini e della Lega». Testa (FdI) ha contrattaccato: «Polemiche puerili: il centrodestra conosce le priorità dopo cinque anni di buio assoluto».
IL BLITZ A pesare ancora il blitz del giorno prima di Cinque Stelle e Pd, la commissione aperta, chiusa e rinviata dalla vice presidente, Sara Marcozzi, in temporanea assenza del presidente, il leghista Vincenzo D'Incecco. Un atto giudicato illegittimo dal presidente del Consiglio, Lorenzo Sospiri, ma che rischia di avere una coda in altra sede: l'opposizione ha già annunciato che disconoscerà i verbali ed è pronta a ricorrere al Tar. In Consiglio la maggioranza è pronta a sostenere la proposta della Lega per il referendum: anche Forza Italia voterà sì, a patto che passi la risoluzione azzurra per una legge sì in chiave maggioritaria, ma che preveda anche collegi uninominali, una diversa quota proporzionale e un premio di maggioranza per le coalizioni. E, proposta condivisa anche da Fratelli d'Italia, l'introduzione dell'elezione diretta del presidente della Repubblica. Facile? In questo clima, nulla è scontato.