ROMA Tre ore a Palazzo Chigi per mettere a punto il Def, il documento di economia e finanza. Il governo si prepara a stendere la Nota di aggiornamento che fa da cornice alla legge di Bilancio. Il vertice, al quale hanno preso parte il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, il capo delegazione Pd Dario Franceschini, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro e i viceministri al Mef Laura Castelli e Antonio Misiani, è servito per esaminare i fondamentali dell'economia italiana, anche alla luce delle recenti stime di Istat e Bankitalia. In teoria, l'esecutivo dovrebbe licenziare il documento entro domani (la discussione in Parlamento inizierà invece il 10 ottobre prossimo), ma fonti alle prese con il dossier hanno ricordato che la data del 27 settembre non è perentoria. «Qualche giorno in più consente di progettare al meglio il quadro finanziario per la manovra» è stato fatto filtrare. Di qui la scelta di portare il Def in consiglio dei ministri lunedì 30 settembre. In realtà, l'allungamento dei tempi serve soprattutto per riuscire a trovare una mediazione su uno dei nodi cruciali della Nota di aggiornamento: la stima sul deficit. Il ministero del Tesoro vorrebbe fissare un obiettivo di disavanzo di bilancio programmatico del 2% e, su questo versante, Via XX Settembre, farebbe sponda con il Pd. Per i 5 Stelle, che lo scorso anno ingaggiarono insieme alla Lega una battaglia campale con l'Europa dovendo alla fine accettare un deludente 2,04%, l'Italia dovrebbe puntare al 2,4% del Pil, cercando di ottenere dall'Ue il margine di flessibilità più ampio possibile. È probabile che alla fine il punto di caduta venga fissato tra il 2,1-2,2%, ma non ci sono certezze in questo momento. Vero è che il governo punta ad incassare una robusta flessibilità, tra 11 e 12 miliardi di euro, in modo da coprire oltre un terzo della legge di Bilancio, che viaggia intorno ai 30 miliardi. Ma per riuscirci, Bruxelles si aspetta che l'Italia assicuri anche una decisa inversione di rotta del debito pubblico in un orizzonte triennale.
IL DOSSIER Il che chiama in causa il dossier privatizzazioni: se, come sembra, dopo il flop del 2019 (18 miliardi di dismissioni mai realizzate) la manovra dovesse prudentemente indicare non più di tre miliardi, il debito 2020 sarebbe inevitabilmente da registrare in crescita. A questo proposito, occorre ricordare che Bankitalia, alcuni giorni fa, ha fissato lo stock 2018 al 134,8% del Pil dal 132,2 stimato in precedenza. E, dunque, va da sé che le stime indicate dal precedente governo ad aprile di un calo dal 132,6% del 2019 al 131,3% nel 2020 saranno disattese. Sul versante della crescita, il panorama non è dei migliori e le proiezioni per il prossimo anno non dovrebbe superare lo 0,5%, con un ribasso rispetto ad aprile (Pil programmatico allo 0,7%) e in linea con gli istituti internazionali. Il 2019 dovrebbe invece chiudere con una crescita al lumicino (+0,1%) se non piatta. Al ministero dell'Economia, tuttavia, si ragiona su uno scenario in cui le due misure chiave del nuovo esecutivo (taglio del cuneo fiscale per 5 miliardi e stop ai rincari Iva da 23 miliardi) potrebbe imprimere una spinta di tre decimali alla crescita facendo così salire la stima programmatica sul 2020 dallo 0,5% fino ad avvicinarsi a 0,8%. Il tavolo di ieri pomeriggio è servito anche per mettere a fuoco il capitolo delle coperture. In ballo una nuova tornata di Spending review, risparmi da 3 miliardi grazie al calo dello per lo spread e un taglio di circa due miliardi degli sconti fiscali. Ed è proprio dal capitolo fisco che la maggioranza giallo-rossa si aspetta risultati importanti. Tra i temi toccati nella riunione tecnica, il pacchetto anti evasione con tutti i modelli allo studio del governo e le formule di incentivo per spingere sulla moneta digitale. Le proposte sono diverse, hanno fatto sapere da Palazzo Chigi, ed è ancora prematuro fare delle cifre, ma l'obiettivo è quello di recuperare diversi miliardi. Nel menù delle misure, secondo quanto trapela, figurano tra l'altro il finanziamento delle spese indifferibili, l'azzeramento delle rette per gli asili nido, e i tre miliardi chiesti per l'istruzione. Mentre il Pd torna a spingere sull'assegno unico per i figli.
ROMA Non ci sarà soltanto la lotta al contante e la stretta sull'evasione. Nel decreto fiscale allo studio del governo potrebbero trovare posto anche altre misure che tradizionalmente spuntano nelle manovre di finanza pubblica soprattutto quando i governi di turno sono a corto di risorse per coprire le spese. Così, secondo più di una fonte qualificata interpellata dal Messaggero, nel provvedimento fiscale potrebbe trovare posto una quarta edizione della rottamazione delle cartelle e dei ruoli di Equitalia. La misura è sul tavolo, anche se la decisione finale se inserirla o meno sarà politica. Ieri sera, dopo l'incontro con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, Roberto Gualtieri ha riunito i suoi vice e i suoi sottosegretari per fare il punto della situazione in vista della Nota di aggiornamento del Def e, soprattutto, delle misure da inserire nel decreto fiscale.
LE CONDIZIONI Nel vivo del testo del provvedimento si entrerà soltanto a partire dalla prossima settimana, quando saranno prese anche le decisioni sulle misure da portare avanti e quelle da tenere fuori. A partire proprio dalla nuova sanatoria. L'ultima, la rottamazione-ter, si è conclusa il 31 luglio scorso e ha coperto gli avvisi ricevuti dalla riscossione dal 2000 fino alla fine del 2017, compresi quelli sfuggiti alle precedenti operazioni. La nuova misura, dunque, potrebbe coprire il 2018 e dare - più o meno alle stesse condizioni- una ulteriore chance a chi non ha aderito alle precedenti.
Potrebbe non essere l'unica novità. Una nuova stretta potrebbe esserci anche sul settore dei giochi. Il governo punterebbe a un gettito tra 800 milioni e 1 miliardo di euro attraverso un ulteriore aumento del Preu, il prelievo unico erariale sulle slot machine. Non sarà semplice, anche perché gli aumenti annuali delle tasse sulle macchinette hanno ristretto i margini dei gestori, ma soprattutto hanno ridotto il valore delle aziende del settore spesso partecipate da fondi internazionali di investimento.
LE ACCISE Qualche misura è attesa anche sul fumo. Allo studio, dopo la riforma delle accise dello scorso anno, ci sarebbe una rimodulazione del prelievo tra i vari prodotti: sigarette tradizionali, elettroniche e tabacco riscaldato. Infine non è escluso che - sempre sulla falsariga del passato - qualche ritocco delle norme tributarie vada a colpire il settore delle banche e delle assicurazioni. Di certo far quadrare i conti non sarà facile, nonostante l'aiuto dato dal calo dei rendimento dei titoli pubblici, dalla minore spesa per reddito di cittadinanza e Quota 100 e dalle maggiori entrate tributarie portate dalla fatturazione elettronica: voci che nel complesso potrebbero arrivar a valere una quindicina di miliardi. Ma ci sono da mettere nel conto le richieste dei ministeri, su voci pesanti come scuola e sanità. Lo schema a cui si lavora per il nuovo Patto per la salute prevede ad esempio incrementi complessivi del Fondo sanitario nazionale pari a 3,5 miliardi per il biennio 2020-2021. Inoltre il ministro Speranza punta all'abolizione del cosiddetto super-ticket nelle Regioni che ancora lo applicano: operazione che avrebbe una valenza politica ma che vale qualche centinaio di milioni.
SLITTAMENTO Alla fine, come già è avvenuto quest'anno con la manovra della maggioranza giallo-verde, la soluzione potrebbe venire con qualche aggiustamento temporale alle stesse misure di politica economica allo studio: così ad esempio se il taglio del costo del lavoro a beneficio dei lavoratori dipendenti (presumibilmente sotto forma di super-detrazione Irpef) entrasse in vigore ad aprile o addirittura a luglio si potrebbero risparmiare da un quarto a metà delle risorse necessarie. È la strada che era già stata scelta con il reddito di cittadinanza e con Quota 100, visti anche i tempi tecnici necessari per mettere a punto il dettaglio delle misure. Il nuovo governo potrebbe trovarsi nella stessa situazione.