Data: 27/12/2019
Testata Giornalistica: PRIMO PIANO MOLISE |
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Vertenze irrisolte, spopolamento e autonomia a rischio. La Cgil tira le somme: in Molise nulla da festeggiare. Spina e De Socio: dal 2008 persi 25mila posti di lavoro, oltre a quelli bruciati nel settore costruzioni
CAMPOBASSO. Niente a che vedere con l’atmosfera di festa: la pausa natalizia, secondo la Cgil Molise, dovrebbe essere il motivo di una pausa di riflessione seria sulle tante problematiche che attanagliano una regione afflitta da troppe criticità. In una nota congiunta di Paolo De Socio e Franco Spina ricordano le difficoltà legate allo spopolamento «progressivo e inarrestabile », le carenze infrastrutturali, la crisi del lavoro, della sanità e dei trasporti. Una regione che perde almeno 2000 residenti l’anno, dove i piccoli borghi si spopolano e si desertificano. Dove cresce la disoccupazione di lunga durata e peggiorano le condizioni di vita di chi resta: riduzione del Pil pro capite e servizi pubblici essenziali ridotti al lumicino. Una regione a rischio autonomia, e il grido di allarme arriva proprio nel giorno in cui si ricorda la nascita Molise come istituzione autonoma. «Una crisi che viene da lontano, ma che nessuno ha voluto affrontare con una seria programmazione - sottolineano i due sindacalisti della Cgil -: sono saltati interi settori economici regionali, interi poli industriali e filiere ritenute da molti governanti obsolete. Eppure, hanno garantito per anni, migliaia di occupati: oltre 14 mila persone tra diretti ed indotto. È utile ricordare che dal 2008, il Molise ha perso circa 25mila posti di lavoro in gran parte stabili e duraturi. Se a questi numeri aggiungiamo quelli derivanti dalle criticità del settore costruzioni, dei servizi e del commercio oltre che delle tante piccole aziende di cui non parla nessuno, è evidente che i fondamentali economici e sociali per questa terra siano traballanti». Poi, la scure che si è abbattuta con «la frettolosa dismissione delle partecipate regionali, la mancanza di idee e programmi su nuovi settori di programmazione e sviluppo. Il Molise - scrivono Spina e De Socio - si salva solo se riusciremo a far ripartire la crescita e l’economia con la creazione di nuove opportunità di lavoro». Per i due esponenti Cgil manca una capacità di sintesi sul futuro, sulle potenzialità, sulle azioni per il rilancio. Si sono persi competitività e lavoro, «nessuno si è preoccupato di programmare e riconvertire: si è lavorato per singoli settori, una programmazione non trasversale e incapace di delineare ricadute strutturali». Per la Cgil serve un nuovo piano di sviluppo regionale, l’unico «risale agli anni 70/80 e non può rappresentare la realtà del nostro territorio. Parlare di “nuovo piano di sviluppo” significa quindi anche ridisegnare l’architettura complessiva della Regione, dal ruolo dei nuclei industriali, ai consorzi di bonifica, alle partecipate regionali ». Non dimenticando la sanità pubblica di qualità, la riorganizzazione scolastica, dei trasporti. Un lungo elenco di problemi, irrisolti. «Sembra quasi che si voglia mantenere questa terra in perenne criticità. Non possiamo nemmeno parlare di assenza di risorse - sottolineano dalla Cgil -: negli ultimi 15/20 anni, tra programmazione comunitaria, patti territoriali, risorse ordinarie, terremoto, alluvione, patto per il Molise, piano per le infrastrutture, riconoscimento dell’area di crisi e altro ancora, sono arrivate ingenti risorse e dovremmo aver realizzato un sistema regionale efficiente. Eppure i numeri dicono il contrario: sempre più settori e aziende in crisi, sempre più ex lavoratori senza alcun sostegno economico, senza risorse adeguate per le ‘famose’ politiche attive, sempre più cittadini che emigrano, sempre più aree interne in difficoltà, sempre più infrastrutture viarie e territoriali chiuse e in emergenza, sempre più diritti di cittadinanza a rischio come il trasporto e la sanità». Per la Cgil la ricetta è di quelle semplici: un’azione corale e una condivisione unica, con una pianificazione seria a tutti i livelli istituzionali. «Pensare che da soli - concludono Spina e De Socio - con queste premesse, con un contesto nazionale ed europeo difficile e senza un minimo di idee condivise sul da farsi, si possa affrontare il 2020 e gli anni futuri in maniera tranquilla, è pura follia». |
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