Data: 15/02/2023
Testata Giornalistica: IL CENTRO |
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Vertenza Panoramica, il giudice: «Indagate sindacalista e avvocato»
Il rappresentante dei lavoratori e una professionista teramana avrebbero manipolato i dipendenti: «Documenti falsi per dimostrare che la causa contro l'azienda era partita, ma non era vero nulla» CHIETI Un caso giudiziario infiamma la vicenda dei 350 euro mensili tagliati per lungo tempo agli autisti della Panoramica, la società che si occupa del trasporto pubblico a Chieti. Il giudice per le indagini preliminari Andrea Di Berardino ha ordinato alla procura di iscrivere nel registro degli indagati, con l'ipotesi di reato di truffa in concorso, un sindacalista dell'Ugl e il suo avvocato (una professionista del foro di Teramo): sono accusati di aver manipolato alcuni lavoratori, realizzando due atti giudiziari falsi per dimostrare che la causa contro l'azienda era partita, quando in realtà nessuna istanza era stata depositata in tribunale. È stata dunque accolta l'opposizione alla richiesta di archiviazione presentata da uno dei dipendenti, assistito dall'avvocato Alessandro Mascitelli.
LA VERTENZA Tutto inizia il 31 ottobre 2020. La Panoramica comunica a 15 dipendenti la disdetta unilaterale delle indennità di contratto di 2° livello: ciò significa circa 350 euro in meno al mese in busta paga. Seguono scioperi e proteste fino a quando, nel gennaio 2021, in accordo con i vertici del sindacato Ugl a cui erano iscritti, i lavoratori decidono di ricorrere alla sezione lavoro del tribunale di Chieti. E qui inizia la loro odissea. La strategia è chiara: tre dipendenti fanno partire una causa "pilota", impugnando il provvedimento taglia-stipendi dell'azienda, con la prospettiva di fare da apripista, in caso di accoglimento, ai ricorsi degli altri 12 lavoratori. Il sindacato tiene tutti informati con assemblee e via Whatsapp: ai lavoratori viene comunicata per due volte una data di udienza già fissata (il 7 luglio 2021, prima, e il 4 novembre, poi) ma in entrambi i casi, a poche ore dalla discussione, c'è la comunicazione di un improvviso rinvio.
LA DENUNCIA Dopo il secondo slittamento, uno dei dipendenti si insospettisce e chiede spiegazioni, ricevendo in cambio dei documenti apparentemente ufficiali, ma privi di alcuni dettagli tecnici (come la firma del magistrato). Il lavoratore va più a fondo e scrive alla cancelleria del tribunale, ma il risultato è una doccia ghiacciata: alla data del 24 novembre 2021, non c'è «alcun procedimento avente per oggetto l'impugnazione del provvedimento contro il taglio agli stipendi», fa sapere il tribunale. Il 6 dicembre parte una denuncia per capire chi sia il responsabile di un iter legale annunciato e mai partito. Ma la procura decide di archiviare.
LA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE «La truffa non è ipotizzabile nemmeno nella forma del tentativo», scrive il pm, «così come non è configurabile il delitto di falso afferente ai documenti inviati su Whatsapp. Si tratta di provvedimenti in copia, non recanti la sottoscrizione del magistrato e privi di qualsivoglia attestazione di conformità, che non possono ingenerare l'affidamento sulla loro provenienza pubblica». Il lavoratore, attraverso l'avvocato Mascitelli, si oppone alla richiesta del pm. Il resto è storia recente.
IL GIUDICE: «SI INDAGHI»Con l'ordinanza firmata ieri, il giudice ritiene che sia configurabile il reato di truffa ai danni del dipendente che ha presentato ricorso. L'uomo, infatti, «è stato tratto in inganno» sulla base di «due decreti di fissazione udienza apparentemente emessi dal tribunale di Chieti», quando in realtà l'azione legale non era stata attivata: l'unico scopo del responsabile sindacale, sostiene il giudice, era quello di «manipolare» il dipendente in questione («e presumibilmente altri lavoratori») «e persuaderlo ad aderire a un successivo secondo ricorso, mediante la falsa rappresentazione di un esito favorevole del primo». C'è di più: secondo il giudice, «non può non ipotizzarsi un concorso del legale» con il sindacalista «nel delitto di truffa, salvo che l'avvocato sia inconsapevolmente incorsa nel piano del responsabile sindacale, essendo a questo punto comunque necessario iscrivere (nel registro degli indagati, ndr) anche la professionista per completare le indagini e risalire, acquisendo la sua versione, all'origine della fraudolenta strategia». Quanto all'ipotesi di falso in atto pubblico, invece, è stata accolta la richiesta di archiviazione della procura, perché quei documenti - non riportando il numero di ruolo e neppure la firma del giudice - non avevano «l'obiettiva apparenza di un atto originale».
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