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Data: 20/10/2019
Testata Giornalistica: IL CENTRO
    IL CENTRO

Ultimatum di Conte agli alleati «Chi non fa squadra è fuori». E al Movimento 5 Stelle dice: «Il piano anti-evasione resta»

PERUGIA «Bisogna fare squadra, chi non la pensa così è fuori dal governo». È dall'Umbria che si appresta a tornare al voto che il premier Giuseppe Conte, dopo giorni di polemiche e attacchi alla manovra, sceglie di alzare la voce. Lo fa deragliando dalla sua usuale narrazione, ponendo un nettissimo aut-aut non solo a Matteo Renzi ma anche chi, proprio sulla manovra, ha messo in campo le barricate: Luigi Di Maio. Un ultimatum che sembra in asse con il Pd: «Ci dicano se è cambiato qualcosa, se la fiducia è venuta meno lo si dica», mette in chiaro Andrea Orlando nel giorno in cui anche da Confindustria arriva un appello all'unità. Nel giorno della Leopolda e della piazza di Matteo Salvini, Conte decide di porre il suo stop: il continuo cannoneggiamento è deleterio per questo esecutivo, è il senso del messaggio del capo del governo. Un messaggio duro, almeno nella forma, tanto che, poco dopo, Palazzo Chigi smussa le parole del premier: «Conte non ha fatto riferimento a singoli ministri o forze politiche, ha fatto un discorso più generale». È facile che la stoccata di Conte abbia fatto andare su tutte le furie il leader M5s. Anche se dal blog pentastellato si cerca di abbassare i toni, caldeggiando unità e assicurando fiducia nel premier. Nel merito Conte annuncia: «Ragionevolmente ci ritroveremo domani, anche per un confronto con le forze politiche: abbiamo approvato la manovra salvo intese ed è bene un momento di confronto per gli ultimi dettagli e per verificare le ultime posizioni delle forze politiche». Se i contatti tra Conte e Di Maio per ora erano assenti, in queste ore, l'asse creatosi sembra più quello tra il Pd e il premier. Non a caso, prima di Conte, è il vice segretario Dem Andrea Orlando a porre il suo aut aut: Iv e M5s «se non ci sono più le ragioni per una scommessa, ce lo dicano», spiega l'ex ministro che aleggia anche l'ipotesi di elezioni. E il concetto sembra trovare in perfetta linea Conte. Questi attacchi, da qualsiasi parte provengano, non fanno bene al Paese, è il ragionamento che si fa a Palazzo Chigi, dove c'è una consapevolezza: se cade questo governo si torna al voto. Ed è una consapevolezza che si aggancia a quello che, nel 2018, fece intendere il presidente Sergio Mattarella: a seguito del voto del 4 marzo c'erano due maggioranze percorribili; una volta percorse non restano che le urne. È attorno a questo concetto che Pd, M5s e, almeno per ora, Iv, sono chiamati a ritrovare una quadra. Dall'altro parte c'è una piazza della Lega e del centrodestra che attacca, urla, chiede incessantemente il ritorno alle elezioni. E a Salvini Conte replica per le rime. Abbiamo le mani sporche di sangue? «Queste sono stupidaggini, io ho difeso il nome dell'Italia in Ue rispetto ad una propaganda che ci stava facendo male», sottolinea Conte difendendo, nel corso del suo mini-tour a Eurochocolate, la manovra. «Che io sia contro il popolo delle partite Iva è una fesseria, io ho firmato il provvedimento che prevede l'aliquota del 15% fino a 65mila e, con le risorse del piano anti-evasione puntiamo a ridurre fino a 100mila», rimarca in una giornata in cui Confindustria avverte: «se la manovra peggiora meglio andare a casa». Ma la manovra non cambia, assicura, in perfetto asse con Conte, il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri. Conte in Umbria tornerà giovedì e a Perugia, si fa vedere al fianco del candidato Pd-M5s Vincenzo Bianconi. Anche perché, nell'alleanza giallo-rossa Conte ci crede. «E' un esperimento interessante» ammette ma le Regionali non sono un test».


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