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Data: 08/05/2023
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO
    IL MESSAGGERO

Treni, rete obsoleta i guasti sono aumentati del 25% in tre mesi. Salvini: «Paghiamo anni senza investimenti, ora Rfi deve fare di più» Disagi crescenti per i passeggeri Assoutenti: «Ritardi saliti del 10%»

Interventi da 33 miliardi. A giugno aprono i cantieri per lo snodo di Firenze


Screenshot 2023 05 08 08.23.05ROMA Una rete ferroviaria obsoleta, ormai satura anche per l'aumento record del traffico, che fa pagare un prezzo salatissimo a migliaia di viaggiatori sequestrati in stazione o bloccati nella notte sui treni. Una mancata modernizzazione a cui il Pnrr, con gli ingentissimi fondi a disposizione, deve porre riparo. E deve farlo in fretta visto che solo negli ultimi tre mesi i guasti infrastrutturali sono aumentati del 25% secondo Assoutenti. A discapito di un servizio che ha scontato di conseguenza un forte incremento dei ritardi. Si tratta - stima sempre l'associazione dei consumatori - di un 10% in più rispetto all'anno scorso, con picchi sulle tratte regionali ben più elevati. Piccoli e grandi intoppi che hanno fermato i convogli dei pendolari e l'Alta Velocità, paralizzato gli snodi strategici di Roma, Firenze e Milano. Solo nell'ultimo mese sulla tratta tra la Capitale e Firenze i guasti sono stati cinque, tra danni alla rete elettrica, manutenzioni errate e problemi sui binari con i treni "sviati" in prossimità della stazione. 
LE CRITICITÀ - Certo - spiegano sia Assutenti che i sindacati di categoria - ad incidere sono anni di mancati adeguamenti e di investimenti non in linea con le crescenti esigenze del Paese. Criticità che riconosce lo stesso ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. «Paghiamo - ha detto ieri con onestà il leader della Lega - una fragilità infrastrutturale importante, causata da troppi anni senza investimenti e ambizione. Ho chiesto a Rfi un cambio di passo». 
Anche perché le fragilità, come le definisce il ministro, sono note da anni. Con l'avvento dell'Alta Velocità le stazioni di Roma, Firenze e Milano hanno visto aumentare il traffico in maniera significativa mentre la rete è rimasta sostanzialmente quella degli anni 2000 con gli imbuti all'ingresso degli hub, la congestione con i regionali, i tanti tratti a binario unico, la mancata fluidificazione con il raddoppio dei binari sulle direttrici principali o almeno nei punti nevralgici. Basta infatti un guasto appena usciti da Settebagni, subito alle porte di Roma, o all'altezza di Firenze che l'Italia si ritrova spaccata in due, discorso analogo per la tratta inversa, quella che da Milano porta a Bologna. Anche qui tra cantieri aperti e strettoie infrastrutturali il sistema si mostra molto debole. 
Guai, ad esempio, ad essere un pendolare della tratta Stradella-Milano: il 70 per cento dei treni fa ritardo. Punta dell'iceberg di un classico italiano: i disservizi della rete ferroviaria nazionale. Al Sud le cose vanno anche peggio, con ritardi record in Sicilia e Calabria, o sulla tratta Roma-Pescara, che sfiorano in media anche l'ora. Rfi ovviamente si difende. La media di puntualità dei regionali supera il 93%, mentre l'alta velocità registra il 74% (rispetto al 67 del 2022). Come a dire che solo un treno ad alta velocità ogni quattro non è in orario. Non benissimo, insomma. Il rapporto "Pendolaria 2023" messo a punto da Legambiente mette in fila molti problemi che affliggono il sistema: i treni poco frequenti, la lentezza nella riattivazione delle linee interrotte, chiuse e dismesse
IL GAP - Il rapporto sottolinea che nel Mezzogiorno circolano meno treni, più vecchi - con un'età media di 18,5 anni, in calo rispetto a 19,2 del 2020 ma più elevata degli 11,9 di quelli del Nord - e su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate. 
Nella classifica delle 10 linee peggiori d'Italia, la Penisola è unita, ci sono Nord e Sud appaiati: le ex linee Circumvesuviane, la Roma-Lido e Roma Nord-Viterbo, la Catania-Caltagirone-Gela, poi Milano-Mortara, Verona-Rovigo e Rovigo-Chioggia, Genova-Acqui-Asti, Novara-Biella-Santhià, Trento-Bassano Del Grappa, Portomaggiore-Bologna. Un gap storico - spiegano da Rfi - che va recuperato in fretta. Ma che per ora non fa che dimostrare la cronica lentezza degli interventi per invertire la marcia.

Interventi da 33 miliardi. A giugno aprono i cantieri per lo snodo di Firenze

ROMA Un piano, grazie ai fondi del Pnrr e a quelli nazionali, da 33 miliardi. Per colmare il gap infrastrutturale e, come dice il ministro Matteo Salvini, ridurre la fragilità del sistema ferroviario «causata da troppi anni senza investimenti e ambizione». La "cura del ferro" è proiettata quindi al futuro ma deve necessariamente superare le forche caudine della burocrazia che, nonostante i vincoli imposti dalle tempistiche europee, è sempre in agguato.
LE PRIORITÀ - Si parte tra meno di un mese dalla Toscana. Tra le prime opere pronte a decollare per eliminare il congestionamento delle linee ferroviarie, c'è infatti il "sottoattraversamento" per l'Alta velocità di Firenze, snodo chiave per la dorsale Nord-Sud, e teatro dell'ultimo incidente. I lavori, dopo tanti annunci, partiranno a maggio, e sono stati affidati alle ditte Pizzarotti e Ghella. L'opera - ricorda sempre Salvini - fu fermata nel 2018 per una serie di veti incrociati. Uno stop che pesa e ha pesato molto sulla circolazione ferroviaria.
Poi toccherà alla Ferrandina-Matera, con l'avvio entro l'anno dei lavori da parte del gruppo Icm. Anche in questo caso si tratta di una infrastruttura avviata negli anni 80 e poi sospesa alla fine degli anni 90.
In Sicilia sono invece partiti a marzo i lavori sulla Catania-Messina e nei prossimi mesi, ricordano al Mit, saranno aggiudicati tutti i lavori per la successiva apertura dei cantieri. Proprio nell'isola si sono accumulati decenni di ritardi. Il caso più eclatante è quello della Ragusa-Palermo: per percorrere i 248 chilometri ancora oggi servono 4 ore e 30 minuti di viaggio. Una vera odissea che prevede anche cambio.
LE TAPPE - C'è da dire che nel maxi piano per le ferrovie - elaborato in più fasi prima dal governo Conte e poi da quello di Mario Draghi - pur di rispettare la scadenza del 2026 imposta dal Pnrr, hanno infilato molte opere già sostenute da altri fondi nazionali.
In molti casi il piano non garantirà dunque qualcosa di effettivamente nuovo rispetto alla programmazione già avviata. Di certo ci sarà una forte accelerazione anche in considerazione del fatto che la rete è quasi satura e che il traffico merci e passeggeri è in costante aumento. Qualche esempio concreto: sia la linea rapida (ma non ad alta velocità) tra Palermo e Catania e sia la Napoli-Bari erano già finanziate da tempo, così come la Tav. Probabile che il progetto del Ponte sullo Stretto - come si augura Salvini - serva a dare altri impulsi. 
Va detto che nel Pnrr sono previste la tratta Torino-Lione, il valico di Genova, il potenziamento dell'accesso al Brennero, la Roma-Pescara e l'alta velocità da Salerno e fino a Reggio Calabria. Ma dall'elenco finale, anche in base alle valutazione di Rfi, alcune opere saranno sfilate dal Pnrr perché non in grado di essere realizzate rispettando il crono-programma europeo.
Nel mirino ci sono - ad esempio - la Roma-Pescara e alcuni lotti dell'alta velocità, proprio da Salerno a Reggio. Tratte che al di là dei finanziamenti Ue dovrebbero comunque essere sostenute dai fondi nazionali o almeno questa sembra l'intenzione manifestata dal governo. Un'altra fetta delle risorse riguarda l'acquisto di nuovi treni per svecchiare il parco carrozze-locomotori. E qui le difficoltà riguardano soprattutto le gare che sono state indette dalle Regioni. Secondo gli ultimi dati disponibili ne sono andate deserte per oltre 200 milioni di euro in Calabria e in Abruzzo. Soldi che erano destinati all'acquisto di locomotori all'idrogeno, molto meno inquinanti.
Prospettive positive invece per gli Intercity. Sempre il Pnrr dovrebbe portare in dote 7-8 treni per la Reggio Calabria-Taranto (modelli ibridi, elettrici e diesel) e 85 nuove carrozze notte per i siciliani in viaggio.

 


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