Un progetto di legge per limitare il diritto di sciopero nelle società del trasporto pubblico alle sole sigle sindacali che firmano i contratti collettivi (e che quindi siano rappresentative del più ampio numero possibile di lavoratori). E l'iniziativa che ha preso Agens — l'associazione di servizi e trasporti che raccoglie anche le principali partecipate pubbliche del TpI — e su cui al contempo c'è l'interesse di alcuni deputati, per dare vita a un disegno di legge compiuto secondo il classico iter parlamentare. La bozza c'è già. La proposta consentirebbe la proclamazione diretta dello sciopero alle sole organizzazioni maggiormente rappresentative e firmatarie dei contratti collettivi, mentre gli altri soggetti dovrebbero sottoporre Ia proposta a un referendum preventivo. Inoltre introduce meccanismi, come l'adesione preventiva, che consentirebbero di riorganizzare alle società il servizio, riducendo l'impatto dell'astensione. La proposta rivede inoltre le regole in materia di intervalli tra azioni di sciopero, di preavviso e di revoca e affida alla commissione di garanzia un sistema di sorveglianza e sanzionatorio più rigido. Più precisamente, l'articolo i della bozza, al secondo comma, stabilisce che si possa «prevedere la possibilità di proclamare lo sciopero nazionale solo da parte di almeno tre delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, numero 81, ovvero dell'accordo collettivo aziendale di primo livello». Inoltre viene scritto che «i soggetti diversi che intendono proclamare l'astensione collettiva raggiungano almeno il voto favorevole del 40% degli aventi diritto»; che si debba prevedere «un congruo anticipo della revoca al fine di prevenire i pregiudizi causati dall'effetto annuncio»; che vengano garantite «fasce orarie di erogazioni di servizio in tutti i giorni in cui l'amministrazione o l'impresa interessata dallo sciopero eroga il servizio»; che debbano essere assicurato «un maggiore coinvolgimento delle associazioni degli utenti e garantita la corretta informazione all'utenza dei servizi essenziali, anche attraverso gli strumenti e gli organi di comunicazione di massa». Infine: «Vietare forme di protesta o astensione dal lavoro in alcune attività o settore produttivo che, per la durata o le modalità di attuazione, possano essere lesive del diritto alla mobilità e alla libertà di circolazione». All'articolo 2viene invece spiegato iI ruolo della commissione di garanzia della legge sullo sciopero nei servizi pubblici, che «ha iI compito di verificare l'incidenza e l'effettivo grado di partecipazione agli scioperi nei servizi pubblici essenziali anche al fine di fornire aI Governo e alle parti sociali e agli utenti un periodico monitoraggio sull'andamento dei conflitti, suI loro reale impatto sui servizi e sulla rappresentatività degli attori sociali ». Inoltre «avvia un'istruttoria diretta a ricevere dalle organizzazioni sindacali tutte le informazioni necessarie ad effettuare tale accertamento ». A interpretare questo "malessere" delle società pubbliche è l'ad della milanese Atm, Arrigo Giana, che, confermando il percorso avviato, sottolinea come «il settore dei trasporti registra un costante aumento di azioni di protesta, spesso indette da organizzazioni sindacali non rappresentative che, sulla scorta di asserite ragioni di natura politica, di fatto strumentalizzano il ricorso a questa protesta per fini individualistici e opportunistici. E a farne le spese — dice Giana — sono soprattutto i cittadini. Sottolineo inoltre che questi interventi normativi sono compatibili con l'ordinamento costituzionale deI nostro Paese e con le scelte fatte da altri Paesi. Non è in discussione il diritto allo sciopero ma deve essere garantito il diritto alla mobilità». Adesso il testo dovrà essere messo meglio a punto in Parlamento, dove l'iter potrebbe cominciare a breve.