ROMA «Il governo ha visto soddisfatte le richieste su nuove tariffe, investimenti, importi compensativi e convenzione. Siamo disponibili a firmare subito l'atto transattivo, a patto che riguardi la sola concessione. La revoca o qualunque altro provvedimento sarebbero ingiustificati e un grave danno per il Paese». Autostrade è dunque pronto a siglare l'armistizio con il governo. E' Roberto Tomasi a dichiararlo in questo colloquio col Messaggero. L'amministratore delegato della concessionaria fa intendere che se venisse depennato l'articolo 10 dell'atto transattivo - secondo il quale l'efficacia dell'accordo e la chiusura della procedura di revoca diventano effettive solo con il passaggio del controllo di Aspi a Cdp - è possibile chiudere per sempre il contenzioso. «I toni esasperati di questi giorni non aiutano certo a chiudere questa vicenda», prosegue Tomasi. «Non si riesce a comprendere come si possa confondere il ruolo e le potenzialità di Aspi con il suo assetto azionario». Il manager torna sul corto circuito dell'articolo 10. «Dovrebbe, invece, essere interesse di tutte le parti individuare senza forzature un percorso trasparente e basato su procedure di mercato per portare a compimento la modifica dell'assetto azionario di Aspi, rispetto al quale Atlantia si è impegnata avviandoil processo di dual track e convocando la propria assemblea».
Autostrade ha messo sul piatto una serie di concessioni economiche che però all'esecutivo non sembrano bastare per scongiurare la revoca, un termine che peraltro nell'ultima lettera inviata il 30 settembre dai capi di gabinetto di Palazzo Chigi (Roberto Chieppa), del Mef (Luigi Carbone) e dfel Mit (Alberto Stancanelli) nemmeno compare. «Chiunque può facilmente valutare quanto il governo ha già ottenuto - prosegue Tomasi - investimenti e manutenzioni per oltre 21 miliardi, 3,4 miliardi come importo compensativo, un nuovo quadro regolatorio secondo la delibera dell'Art, senza contare i durissimi impatti sul traffico del Covid che quest'anno ci faranno perdere oltre 1 miliardo, totalmente a carico del bilancio di Aspi. Abbiamo inoltre avviato un imponente piano di trasformazione aziendale». Non è finita, secondo Tomasi. «Abbiamo poi accettato la riscrittura degli articoli convenzionali in aderenza all'articolo 35 del Milleproroghe, il cambio di controllo in Aspi e la rinuncia a tutti i contenziosi pendenti». Il capo azienda della concessionaria riconosce tuttavia che «lavorando con il Mit e il Mef in oltre un anno di confronto, sono stati raggiunti risultati importanti anche nell'interesse pubblico». Diventa inevitabile a questo punto, dopo due anni di braccio di ferro, arrivare a una convergenza nel comune interesse. «A chi gioverebbe una revoca, visto lo stato di avanzamento della trattativa?», si interroga l'ad di Aspi. «Le conseguenze sarebbero disastrose per dipendenti, creditori, investitori, fornitori e per l'intero Paese. Comporterebbe inevitabilmente una grave distruzione di valore industriale, economico e finanziario. Si verificherebbe la perdita di un gruppo industriale leader nel mondo, oltre a un grave danno reputazionale per il sistema Italia».
Ecco perché da parte di Autostrade viene fatto l'ultimo sforzo, attraverso una lettera indirizzata ai tre capi di gabinetto. «Non abbiamo lasciato nulla di intentato per arrivare a trovare una convergenza sulla complessa situazione che si era venuta a determinare» conclude Tomasi. «Proprio giovedì sera (1 ottobre, ndr) ho inviato una nuova lettera al governo, dove Aspi si rende da subito disponibile a sottoscrivere l'accordo transattivo, che non può che riguardare esclusivamente il rapporto tra concedente e concessionario». Dunque, la pace è possibile subito purché dalla vicenda resti fuori il contenzioso azionario tra Atlantia e Cdp.