Stop al Campidoglio e ai suoi piani di liquidare Roma Metropolitane, la controllata che si occupa di progettare e di gestire i cantieri per le opere infrastrutturali della Capitale. Ieri il Tar del Lazio ha accolto la richiesta di sospensiva cautelare presentata dal consigliere dell'opposizione, Stefano Fassina, dall'avvocato Luisa Melara (già presidente di Ama) che ha scritto materialmente l'atto, dai sindacati confederali e dalla stessa Roma Metropolitane. La magistratura contabile deciderà definitivamente il prossimo 6 novembre sul ricorso, che chiede l'annullamento della delibera comunale passata in Assemblea capitolina nel caos per avviare il commissariamento dell'azienda.
L'ASSEMBLEA Da Palazzo Senatorio si aspetta il 6 novembre - «Attendiamo la decisione nel merito», fa sapere l'assessore al Bilancio e alle partecipate, Gianni Lemmetti - ma intanto la mossa di Fassina e Melara rallenta la tabella di marcia che si era data il Campidoglio: domani, infatti, si sarebbe dovuta tenere l'assemblea di Roma Metropolitane, con il socio unico (il Comune) pronto ad approvare la liquidazione, ora rinviata a data da destinarsi. Spiega Melara: «Spero che la sindaca faccia un passo indietro, perché certe questioni non possono essere decise dai tribunali». Circa la scelta di spendersi direttamente in questa vicenda dopo il suo recente passato in Ama, l'avvocato ha sottolineato di essere mossa soltanto e sempre «dalla corretta applicazione della legge e dalla legalità».
Nel ricorso si segnala che la procedura seguita dal Comune è illegittima: non sono stati acquisiti i pareri obbligatori ma non vincolanti delle commissioni consiliari Trasporti e Bilancio e quello dell'Oref, l'organo di vigilanza finanziaria sull'attività del Comune; manca la cosiddetta motivazione analitica, imposta dalla legge Madia; l'atto è stato firmato dal direttore generale di Roma Capitale, Franco Giampaoletti, quando il suo interim sulle partecipate era scaduto da giugno. Ma soprattutto si smentisce che, a differenza di quanto sostenuto dall'azionista, la Madia stessa escluda una ricapitalizzazione; che manca una vera certificazione dei conti; che, soprattutto, una società in liquidazione possa portare avanti progetti infrastrutturali della portata di quelli in capo a Roma Metropolitane.
Fassina ha spiegato che «in questo modo si ripristina la legalità. La sindaca ritiri la delibera e non aspetti il 6 novembre la sentenza Tar. È evidente che c'è una parte dell'amministrazione Raggi che lavora per indurre al fallimento alcune delle più importanti partecipate». Quindi l'ex viceministro nel governo Letta ha sottolineato che «soltanto io ho voluto firmare il ricorso, solo io ci ho messo la faccia. Chiedete al Pd e alle altre opposizioni perché non hanno fatto lo stesso». Dal Partito democratico replicano che un consigliere non può impugnare una delibera votata dal Consiglio, pena il suo decadimento. Problema che, stando a questa ricostruzione, non avrebbe Fassina che è anche parlamentare. Vero o falso che sia, tutti i maggiori esponenti capitolini dell'opposizione (il capogruppo Pd Giulio Pelonzi, i suoi colleghi di Fratelli d'Italia e Forza Italia, Andrea Di Primio e Davide Bordoni di Forza Italia) parlano di «sconfitta» per la Raggi e di «città stanca di vivere in balia di una giunta incompetente». Stesse posizioni anche dai sindacati.
Roma Capitale, però sembra voler andare dritta per la sua strada. Lemmetti, oltre a esprimere «fiducia nell'operato dei giudici amministrativi e nella correttezza del nostro lavoro», fa notare che il ricorso è stato firmato «anche dal presidente del Collegio sindacale di Roma Metropolitane (Antonio Lombardi, ndr), che ha accertato le cause di liquidazione della società per riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale».