ROMA Una quindicina di miliardi da trovare, che non sono certo pochi ma che riporterebbero l'intervento di finanza pubblica per il 2020 a dimensioni più gestibili. In cifre, è questo l'effetto della scelta del ministro Roberto Gualtieri di progettare una «legge di bilancio non restrittiva», che mantenga il rapporto deficit/Pil per il 2020 intorno al 2 per cento in programma per quest'anno. In realtà, il lavoro preparatorio è di fatto appena partito e si basa per di più su una serie di ipotesi che sono ancora tutt'altro che consolidate.
L'OBIETTIVO Ad esempio ci vorrà ancora un po' di tempo per capire se come si concretizzerà la disponibilità di massima dell'Unione europea a concedere margini di flessibilità (concentrati però sugli investimenti a carattere ambientale, oltre che su quelli per le emergenze). E di conseguenza si potrà capire se l'obiettivo di deficit che ha in mente il ministro è compatibile con il percorso previsto per il nostro Paese dal Patto di Stabilità. Nei prossimi giorni poi saranno portate a termine le verifiche sugli andamenti di finanza pubblica sia dal lato delle entrate che da quello delle uscite; è atteso a ore il monitoraggio Inps dettagliato sulle spese per Quota 100 e reddito di cittadinanza. Una volta accertato il valore aggiornato del disavanzo tendenziale, si definiranno gli spazi per gli interventi di politica economica. Ma grazie appunto alla flessibilità e alle risorse che grosso modo il Tesoro già si ritrova in cassa, il conto di 30-35 miliardi comprensivo del disinnesco degli aumenti Iva scenderebbe verso i 15 o poco più. Nell'Aggiornamento del Documento di economia e finanza atteso entro venerdì 27 settembre non saranno indicati i dettagli degli interventi, che arriveranno invece a metà ottobre prima con il Documento programmatico di Bilancio da inviare a Bruxelles poi con il provvedimento legislativo vero e proprio, che prenderà la via delle Camere.
Naturalmente al ministero dell'Economia si era già lavorato sul tema anche nelle settimane convulse che hanno preceduto la crisi di governo e l'avvento della nuova maggioranza. Ma l'impianto messo a punto sotto la regia di Giovanni Tria non convince il nuovo esecutivo. Era previsto ad esempio un pacchetto di tagli alle agevolazioni fiscali del valore di svariati miliardi. Un progetto che naturalmente vuol dire aumentare la pressione fiscale, sia che si scelga la strada del taglio lineare delle agevolazioni (escluse quelle su lavoro, famiglie e casa) sia che l'opzione sia sopprimere tout court specifiche detrazioni o deduzioni già esistenti. Su questa materia il nuovo esecutivo è molto prudente: dunque il riordino delle tax expenditures ci sarà ma sarà più mirato e limitato. Qualcosa potrebbe essere recuperato anche da provvedimenti fiscali già in vigore ma che per vari motivi presentano problemi: è il caso dell'estensione alla soglia dei 100 mila euro di fatturato (con aliquota al 20 per cento) della cosiddetta flat tax per le partite Iva: una misura che non ha ancora avuto il via libera dell'Unione europea: come nel caso dei possibili interventi restrittivi su Quota 100, una mossa del genere scatenerebbe naturalmente la reazione dell'opposizione leghista.
PREVISIONI CREDIBILI La nuova maggioranza è prudente anche sul programma di spending review, che in ogni caso non potrà riguardare voci sensibili come sanità e scuola. Ecco quindi che giocoforza una parte rilevante delle risorse dovrà arrivare dal capitolo lotta all'evasione. Che però dovrà risultare credibile agli occhi della Commissione europea: le previsioni di maggiori entrate non potranno non essere accompagnate dal dettaglio delle nuove misure che dovrebbero permettere di raggiungerle. Si richiederà inoltre un profilo dei nuovi incassi ragionevolmente graduale e non concentrato sul primo anno.