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Data: 30/09/2019
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO
    IL MESSAGGERO

Sull’Iva caos nel governo Renzi-M5S: no ai rincari. Asse contro il Pd e il Tesoro. Di Maio: «Nessun aumento e salario minimo». Hotel e ristoranti, aliquote su una stretta da oltre 5 miliardi
Potrebbero passare allo scaglione del 22%, per gli alimenti come la carne riduzione al 4%. Sul tavolo resta l’aumento al 12% per i beni oggi tassati al 10%,masi cercano altre soluzioni

ROMA L'aumento selettivo dell'Iva non piace a nessuno dei partiti della maggioranza e il vertice notturno di ieri sera, convocato da Giuseppe Conte in tutta fretta, è servito a mettere intorno ad un tavolo i ministri in rappresentanza dei partiti. Insieme al ministro dell'economia Roberto Gualtieri, Conte ha illustrato a Dario Franceschini (Pd), Riccardo Fraccaro e Luigi Di Maio (M5S), Teresa Bellanova (IV) e Roberto Speranza (Leu), i margini dentro i quali dovrà muoversi la manovra di bilancio. La tensione nella maggioranza è forte e, come spesso accade, anche il voto alle regionali in Umbria ha il suo peso. Le parole in tv prima del ministro Gualtieri, che non ha escluso aumenti selettivi dell'Iva, in serata del ministro degli Esteri di Maio («l'iva non può aumentare») e la secca replica di Franceschini a Di Maio («le sue parole non impegnano la maggioranza»), danno il tono della forte fibrillazione che ha spinto Conte al raduno notturno. Il braccio di ferro più vistoso è tra Pd e M5S anche perché in tv Di Maio ha rilanciato il salario minimo e frenato sullo ius culturae. Il consiglio dei ministri che dovrà tenersi oggi non è stato ancora convocato. Dopo il rinvio di venerdì, è difficile possa slittare ancora, ma l'orario ha la sua importanza e il rischio che si vada a sera è reale. A Conte serve tempo per trovare l'intesa nella maggioranza e vedere sino a che punto spingersi con Bruxelles sul deficit senza scatenare reazioni soprattutto dei mercati. Ma Conte ieri sera ha chiesto a tutti un atteggiamento «responsabile» perchè i margini sono pochi e quasi tutti erosi dalla bassa crescita e dalla necessità di sterilizzare l'aumento dell'Iva.
LE IPOTESI Ieri pomeriggio era stato il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri a spiegare in tv che il deficit sarà fissato «con una saggia via di mezzo» tra il 2% e il 2,4% e che le misure del precedente governo non verranno toccate. Un salomonico 2,2%, quindi, che renziani e grillini vorrebbero alzare ancora anche perché le risorse non bastano per coprire le misure in cantiere e scongiurare l'aumento dell'Iva. Le ipotesi di rimodulazione di alcune aliquote e l'aumento di alcuni prodotti, a seconda del metodo di pagamento, non convincono anche il premier ma soprattutto rischiano di innestare un braccio di ferro nella maggioranza e di aprire l'ennesimo scontro con la Commissione Ue. Esattamente ciò che Conte e Gualtieri intendono assolutamente evitare. Sul tavolo del Mef ci sono moltissime ipotesi e simulazioni di coperture. Anche se il dettaglio delle misure verrà indicato nella legge di Bilancio, il governo deve indicare nella nota di aggiornamento al Def come intende trovare le risorse e la percentuale di sforamento. Con Gualtieri il premier condivide la necessità di ottenere una sorta di via libera preventivo dall'Europa. I contatti con la Commissione sono costanti e oggi il premier e il titolare del Mef potrebbero tornare ad incontrarsi per fare il punto. I renziani minacciano il voto contrario. «Abbiamo fatto un governo che doveva cancellare l'Iva e invece si alza su carne e cappuccino?», ha sostenuto ieri Renzi parlando con i suoi prima del summit notturno.
LA CALMA Più del deficit annuale il problema è come convincere l'Europa che l'Italia intende ridiscendere la china del debito. Spingere sulla moneta elettronica, e quindi sul recupero dell'evasione fiscale, è l'obiettivo che Conte ieri sera ha ribadito. Resta da vedere se Bruxelles si convincerà che dalla fattura e dallo scontrino elettronico arriveranno tutte le coperture oppure si dovrà tagliare su altri capitoli. A cominciare dal cuneo fiscale, che potrebbe slittare ancora, sulle risorse destinate alla scuola o sulla sanità.

 

Hotel e ristoranti, aliquote su una stretta da oltre 5 miliardi. Potrebbero passare allo scaglione del 22%, per gli alimenti come la carne riduzione al 4%. Sul tavolo resta l’aumento al 12% per i beni oggi tassati al 10%,ma si cercano altre soluzioni

ROMA Roberto Gualtieri si è mostrato cauto. Il ministro dell'economia sa bene che l'aumento delle aliquote Iva è un tasto delicato. Così, intervistato ieri da Lucia Annunziata per la trasmissione «Mezz'ora in più», ha spiegato che allo studio ci sono ancora «diverse soluzioni». Il premier Giuseppe Conte sta facendo di tutto per evitare l'aumento delle aliquote. Ma la strada non sembra semplice. Il lavoro tecnico al ministero dell'economia è in una fase avanzata. L'obiettivo è riuscire a trovare almeno 4-5 miliardi di euro dei sette che ancora mancano per coprire la manovra da oltre 30 miliardi alla quale sta lavorando il governo. Per adesso l'ipotesi più accreditata resta un aumento di due punti dell'aliquota del 10% dell'Iva. Il prelievo, insomma, passerebbe al 12% su un lungo elenco di beni e servizi: dagli alimentari, come carne e pesce, alle bollette dell'energia elettrica e del gas, alle costruzioni e ristrutturazioni edilizie, fino ai ristoranti e agli alberghi.
I SETTORI In realtà, per questi ultimi due settori, allo studio del governo ci sarebbe anche un passaggio di scaglione. Cene, pranzi e pernottamenti, potrebbero passare dall'attuale aliquota del 10% direttamente a quella del 22%. Una deportazione che consentirebbe, secondo le simulazioni, un maggior gettito di un paio di miliardi per lo Stato. Beni di prima necessità, come quelli alimentari, potrebbero essere invece spostati allo scaglione inferiore, quello del 4%, evitando in questo modo i rincari. Se da un lato c'è il bastone dell'aumento dell'Iva, dall'altro il governo è pronto ad inserire nel decreto fiscale che dovrebbe vedere la luce la prossima settimana, la carota del cosiddetto «cashback», la restituzione fiscale del 3% su ogni acquisto tassato ad aliquota maggiorata per chi paga utilizzando un mezzo tracciabile come il bancomat o la carta di credito. Non si tratterebbe però, di una restituzione di Iva, ma di uno sconto fiscale di diversa natura, molto probabilmente una detrazione Irpef simile a quella oggi in vigore per le ristrutturazioni edilizie o per quelle energetiche. L'intenzione sarebbe quella di restituire mensilmente (e non annualmente come accade invece per le ristrutturazioni) l'importo dello sconto, anche se per farlo servirà un collegamento tra le spese effettuate e il cervellone dell'Agenzia delle Entrate attraverso il codice fiscale.
La caccia alle risorse non si limita tuttavia soltanto all'Iva. Il governo ha allo studio anche una revisione complessiva delle detrazioni e delle deduzioni fiscali. Si tratta degli sconti del 19% che il Fisco riconosce su spese mediche, farmaci, rette degli asili, delle università, sulle spese veterinarie, sui mutui per la prima casa e su molte altre voci. Ma anche lo sconto attualmente al 50% sulle ristrutturazioni edilizie.
LE IPOTESI Le ipotesi allo studio sono diverse. Si va da un taglio lineare della percentuale di detrazione (per esempio dal 19% al 18%), dall'aumento delle franchige (per esempio sulle spese mediche sono scaricabili solo quelle oltre i 129,11 euro). fino ad una rimodulazione delle detrazioni in base al reddito dei beneficiari. Anche in questo caso, tuttavia, si tratta di misure non semplici da implementare perché ogni modifica si tradurrebbe, di fatto, in un aumento delle tasse per una fetta di popolazione. Quasi certo, invece, è un intervento sulle cosiddette «Sad», il sussidi ambientalmente dannosi. Nella prima versione del decreto ambiente, poi modificata, era spuntato un taglio lineare che avrebbe consentito al governo di recuperare quasi 2 miliardi di euro. Ma al prezzo di dover aumentare il costo, per esempio, del diesel alla pompa o del carburante per gli agricoltori, che tra l'altro hanno già protestato con il governo.

 


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