ROMA Alla fine i ministri Giuseppe Provenzano e Roberto Gualtieri l'hanno spuntata e nel decreto agosto, che oggi dovrebbe andare in Consiglio dei ministri, ci sarà la norma che prevede fiscalità di vantaggio per il Sud. Un miliardo di euro la cifra impegnata per partire dal 1° ottobre con la decontribuzione del 30% per tutti i lavoratori e non solo per i nuovi assunti. Ulteriori e più corpose risorse verranno dal Recovery plan nel quale la misura sarà dettagliata comportando una spesa annuale di 4,8 miliardi per i prossimi cinque anni, salvo poi scendere (30% fino al 2025, 20% fino al 2027, 10% fino al 2029).
Sulla fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno si è molto speso il ministro per il Sud Provenzano che nella riunioni è riuscito a convincere i suoi colleghi trovando sponda nel collega dell'Economia. Per Gualtieri la misura serve per riequilibrare il Paese in attesa che parta il piano infrastrutturale che dovrebbe vedere ancora una volta il Mezzogiorno come area per i maggiori interventi. Anche se le regole comunitarie prevedono tali interventi, destinati a sostenere aree particolarmente depresse e sottoccupate, la misura fiscale avrà bisogno del via libera di Bruxelles.
GLI AIUTI Nel decreto da 25 miliardi arrivano anche nuovi aiuti per le aziende alle prese con la difficile fase di ripresa dopo l'emergenza Covid. Sui bonus per i consumi invece si litiga ancora. Di sicuro ci saranno altre diciotto settimane di cassa integrazione ma non per tutti senza condizioni come nei mesi scorsi: sarà gratuita solo per le aziende che hanno registrato un calo di fatturato. Arrivano poi sgravi dei contributi previdenziali per sei mesi per chi assume a tempo indeterminato e di 4 mesi per chi fa tornare i dipendenti al lavoro e rinuncia a utilizzare gli ammortizzatori sociali. Nel provvedimento, dopo un duro braccio di ferro, entra anche la proroga del blocco dei licenziamenti. «Il nodo è stato sciolto, c'è condivisione, abbiamo trovato una sintesi», ha detto il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri.
L'altro ieri i sindacati avevano minacciato lo sciopero generale se lo stop non fosse stato prorogato per tutto il 2020. E nel governo si fronteggiavano due posizioni. Da un lato al ministero dell'Economia c'era chi temeva che estendere il blocco per tutto il 2020 avrebbe poi provocato una improvvisa ondata di licenziamenti all'inizio dell'anno prossimo e scoraggiato nuove assunzioni e puntava quindi a farlo cessare il 15 ottobre, con la fine dello stato di emergenza. Dall'altro invece il ministero del Lavoro insisteva per una proroga più lunga.
Alla fine il compromesso prevede che la misura resti per tutti, non solo per chi usa la cig, con una scadenza variabile ma almeno fino a metà novembre. Il meccanismo è legato infatti alla nuova cassa e prevede altre 18 settimane aggiuntive di ammortizzatori sociali a partire dal 13 luglio, che finirebbero appunto il 15 novembre se utilizzate per intero. Se una azienda dovesse iniziare a utilizzare la cassa a partire da una data successiva al 13 luglio il blocco durerà più a lungo fino al termine delle 18 settimane. Non ci sarà insomma una scadenza unica per tutti come si era ipotizzato. In sostanza in ogni caso anche chi non usa la cig non potrà licenziare per tutto il periodo in cui è possibile usufruire degli ammortizzatori sociali. La logica è che se l'impresa a causa della crisi provocata dalla pandemia avrà bisogno di ridurre il personale anziché mandare via i dipendenti potrà comunque metterli in cassa integrazione.
«La sintesi raggiunta è una buona soluzione - afferma il responsabile Lavoro del Pd, Marco Miccoli -. Il blocco dei licenziamenti agganciato all'effettivo utilizzo delle 18 settimane di ulteriore cassa integrazione permetterà alle aziende di salvaguardare l'occupazione fino alla ripresa economica, prevista per l'inizio del prossimo anno». «Avremmo preferito non ingessare tutti e lasciare libere le aziende di scegliere ma il compromesso è buono», ha ammesso anche Luigi Marattin di Italia Viva, che ha condizionato il via libera allo slittamento delle tasse di novembre per autonomi e professionisti. «Se non si aiutano le imprese con soldi veri subito e con una Pace Fiscale per tutto il 2020, tante falliranno e saranno costrette a chiudere. Non basta bloccare i licenziamenti sulla carta se non si sostengono le aziende», attacca invece il leader della Lega, Matteo Salvini.