ROMA Il Pd tira dritto sul rilancio delle infrastrutture. Nonostante il fuoco di sbarramento dell'ala più oltranzista dei 5Stelle, il segretario Nicola Zingaretti e i suoi non hanno nessuna intenzione di cambiare rotta. Del resto nell'accordo di governo, anche se in maniera molto cauta, è scritto mero su bianco quale deve essere la direzione di marcia. Avanti dunque, tanto per cominciare, su Gronda di Genova, Terzo valico, Passante di Bologna. Per cambiare rapidamente pagina rispetto alla politica fin qui adottata dall'ormai ex Danilo Toninelli. Con l'obiettivo dichiarato di recuperare il tempo perduto e di dare slancio ad un comparto in forte difficoltà.
In fondo, ragionano al Nazareno, l'uscita di scena del ministro grillino più vicino ai No Tav testimonia un cambiamento profondo nel Movimento che, anche se con molti mal di pancia, sembra ormai arrendersi al nuovo corso. I recenti attacchi sarebbero solo l'ultimo tentativo di salvare la faccia di fronte alla base. Insomma, colpi di coda tattici per addolcire la pillola. Visto che in fondo Luigi Di Maio ha evitato di scendere in campo direttamente e che considera la partita, adesso che è al vertice della Farnesina, ormai persa.
IL PERCORSO Spetterà quindi alla neo ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli l'onere e l'onere di firmare i tre progetti pronti al varo perché già finanziari, bollinati dai mille passaggi burocratici, ma fermi nei cassetti del suo predecessore. Del resto avviare i lavori per la Gronda di Genova, il Terzo Valico e il Passante di Bologna significherebbe spostare qualcosa come 11 miliardi di euro, attivando migliaia di posti di lavoro, con un impatto sul Pil rilevante.
Un colpo, anche a livello mediatico, eccezionale, dopo 14 mesi di immobilismo grillino e le proteste di aziende e sindacati.
Difficile quindi solo immaginare che la De Micheli, finita nel mirino del senatore pentastellato Giarrusso, cambi idea, anche perché nel Pd sanno bene che in caso di frizioni, sarà proprio il presidente del Consiglio Antonio Conte ad intervenire. Come già fatto con il lodo sulla Tav che, va sottolineato, ha consentito di sbloccare l'impasse quando le tensioni tra Lega e 5Stelle erano altissime. La lettera del premier alla Ue, pur rinviando formalmente la soluzione finale del problema, ha sostanzialmente di fatto dato il via libera finale alla Torino-Lione, consentendo di far partire i bandi di gara sia sulla tratta francese che, alla fine di settembre, su quella italiana. Non è escluso quindi che Palazzo Chigi, in caso vi fosse la necessità, possa fare lo stesso sul fronte caldo delle concessioni autostradali, così come sul fronte delle grandi opere.
LE AUTOSTRADE C'è da dire però cna buona fetta del Movimento insiste nella richiesta di revoca per Autostrade per l'Italia e pressa Di Maio affinché non lasci campo aperto ai Dem. La partita, come indicato dal programma, è invece chiusa, blindata. Si arriverà infatti ad una revisione delle concessioni concordata con gli operatori del settore, seguendo la strada negoziale. L'altra via, quella della revoca, è stata ritenuta impraticabile non solo dal Pd ma anche dall'Avvocatura dello Stato. Ed è condivisa da Palazzo Chigi, pronto a mediare qualora le tensioni tra i due alleati di governo dovessero acuirsi di nuovo.
Il rilancio delle grandi opere è considerato una priorità da Conte che ne parlerà in maniera dettagliata nel suo discorso d'insediamento, sgombrando il campo da tanti equivoci.