Data: 13/02/2021
Testata Giornalistica: CORRIERE DELLA SERA |
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Sondaggio. Draghi, consenso oltre l’80% tra chi vota Forza Italia e Pd Prevale il gradimento anche nell’elettorato di FdI: 64%. In una settimana saliti dell’11% i favorevoli tra i leghisti
Con il passare dei giorni aumenta il consenso per la scelta di affidare l’incarico per la formazione di un nuovo governo a Mario Draghi: oggi il 62% degli italiani esprime un giudizio positivo e la differenza tra favorevoli e contrari (38%) è cresciuta del 6% rispetto alla scorsa settimana. L’indice di gradimento, calcolato escludendo coloro che non si esprimono (14%), si attesta a 72. Nel novembre del 2011 il governo Monti riscosse un gradimento analogo (indice 73), ma allora l’esecutivo uscente presieduto da Berlusconi risultava decisamente meno apprezzato (indice 28) rispetto al Conte 2 (indice 51). Il consenso per l’incarico a Draghi raggiunge i valori più elevati tra gli elettori di Forza Italia (87%), del Pd (85%) e delle forze minori del centrosinistra (79%). Da notare che anche tra gli elettori di Fratelli d’Italia prevale nettamente il gradimento per la scelta (64%). La crescita più elevata dell’ultima settimana si è registrata tra gli elettori della Lega (+11%) e di Forza Italia (+9%). La prospettiva di una maggioranza larga, che comprenda forze politiche molto diverse tra loro e finora distanti su temi importanti, polarizza le opinioni: il 35% ritiene che questa ipotesi possa rappresentare un punto di forza, che consentirà di adottare riforme e provvedimenti importanti per il Paese, mentre il 34% è persuaso che prevarranno veti incrociati che limiteranno l’azione del nuovo esecutivo e il 31% sospende il giudizio. Gli elettori dei principali alleati del governo uscente hanno opinioni diverse: tra i dem prevalgono gli ottimisti (52%), tra i pentastellati i pessimisti (48%). Nonostante le migliori intenzioni di seppellire l’ascia di guerra, l’ingresso nel governo delle singole forze politiche che fino a ieri erano fieramente avversarie, suscita nell’insieme dell’elettorato più dissenso che consenso. Ma l’ingresso del proprio partito nel governo Draghi è sostenuto da un’approvazione elevatissima tra gli elettori del Pd (89%), di Forza Italia (86%) e della Lega (81%); meno elevata, anche se nettamente prevalente, tra i pentastellati (63%) con un valore molto vicino a quello ottenuto con la consultazione della propria base attraverso la piattaforma Rousseau. La scelta di Giorgia Meloni di non far parte della nuova maggioranza è condivisa dal 74% dei propri elettori, molti dei quali si augurano di poter convogliare su Fratelli d’Italia le preferenze degli elettori delusi dal futuro esecutivo. Prima di conoscere la composizione del governo, l’ipotesi di assegnare i ministeri chiave a personalità con un profilo «tecnico», esterne al Parlamento, e i restanti ministeri a esponenti politici delle forze della maggioranza incontrava il favore del 45% degli italiani; i più convinti tra gli elettori del Partito democratico (60%), di Forza Italia (58%) e delle forze minori del centrosinistra (57%). Al contrario, il 16% avrebbe preferito una scelta ancora più drastica, assegnando tutti i ministeri ai tecnici, mentre il 9% avrebbe voluto solo esponenti politici alla guida dei ministeri chiave (20% tra i pentastellati e 18% tra i leghisti). Quanto alla durata del nuovo esecutivo, l’auspicio del 40% degli italiani è che possa arrivare alla fine della legislatura, mentre il 18% gradirebbe la durata di un anno, fino all’elezione del nuovo presidente della Repubblica, e il 17% è del parere che debba durare solo per qualche mese per superare l’emergenza e poi andare al voto. I dem e gli altri elettori del centrosinistra sono nettamente più favorevoli ad un governo di lunga durata (75% e 71%). Decisamente più diviso l’elettorato del centrodestra, una parte del quale propende per una durata limitata, nella speranza di poter capitalizzare gli orientamenti di voto a loro favorevoli, o nel timore di vanificare nel tempo il vantaggio attuale. Insomma, nel Paese prevale una domanda di stabilità, espressa soprattutto dai ceti produttivi, da quelli impiegatizi, dagli studenti e dai pensionati. Forse non avrebbe potuto essere altrimenti, di fronte al perdurare della pandemia, al duro impatto della crisi economica e alla necessità di definire e implementare il Recovery plan. L’ipotesi di un esecutivo di qualità, sostenuto da una maggioranza larga e con una guida autorevole, ha fatto cambiare idea a molti cittadini, politici e mezzi di informazione. Qualcuno ironizzando ha detto che ci troviamo di fronte alla più imponente conversione di massa da duemila anni a questa parte. Certo, desta stupore il rapido passaggio dalla contrapposizione frontale a una sorta di armistizio, di cui peraltro si ignora l’autenticità e la durata. In ogni caso rappresenta un buon viatico e probabilmente l’ultima spiaggia. |
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