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Data: 06/11/2020
Testata Giornalistica: CORRIERE DELLA SERA
    CORRIERE DELLA SERA

Smart working: cosa dice il nuovo decreto e cosa cambia nelle aziende. Più lavoro da casa. Che cosa dice il nuovo decreto

«La pubblica amministrazione organizza il proprio ufficio assicurando, su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale, lo svolgimento del lavoro agile nella percentuale più elevata possibile». Inoltre «è fortemente raccomandato l’utilizzo della modalità di lavoro agile da parte dei datori di lavoro privati». Ecco cosa c’è scritto nel decreto che il presidente del Consiglio Giuseppe Conto ha firmato ieri con nuove misure per contenere la pandemia. Che cosa comporta, in concreto per le aziende?

Il 78% delle piccole imprese non ha ancora applicato fino in fondo lo smart working

Di certo la gran parte di coloro che potevano lavorare da casa in questo momento si è adeguato. Soprattutto nelle grandi aziende. Ma nelle piccole imprese c’è ancora chi resiste in presenza. Più per questioni culturali e per abitudine che per reali impedimenti a lavorare a distanza. Secondo l’Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano, durante il lock down lavoravano da casa 6,58 milioni di dipendenti (in totale in Italia i dipendenti sono circa 16 milioni). A settembre si era scesi a 5 milioni e 80 mila. Secondo il direttore dell’Osservatorio, Mariano Corso, è ragionevole pensare che d’ora in avanti si torni ai livelli massimi di smart working e anche chi ha resistito finora sperimenti questa modalità organizzativa. «È importantissimo che il lavoro agile non sia un beneficio per una platea limitata, bisogna lavorare per il suo allargamento a vantaggio del miglioramento della produttività e del benessere dei dipendenti. Il fronte più delicato è certamente quello delle piccole imprese», osserva Corso.

Che cosa comporta per le aziende la «forte raccomandazione» contenuta nel decreto?

È vero che una circolare Inail nei mesi scorsi ha messo nero su bianco che il datore di lavoro per fare fronte alla pandemia in materia di salute e sicurezza deve fare rifermento al rispetto dei protocolli. Però bisogna tenere conto che in tema di salute e sicurezza sul lavoro la giurisprudenza si è sempre pronunciata in maniera molto rigorosa. I punti di riferimento normativi sono l’articolo 2087 del Codice Civile e il Testo unico sulla sicurezza, il decreto legislativo 81 del 2008. «In generale si chiede al datore di lavoro di adottare un principio di “maggiore prudenza” e quindi di applicare le norme nel modo più rigoroso possibile», spiega l’avvocato milanese Cesare Pozzoli. Per intenderci, in caso un lavoratore che avrebbe potuto lavorare da casa si ammalasse in ufficio e facesse causa al datore di lavoro, il fatto che lo smart working fosse soltanto raccomandato potrebbe non essere considerata dal giudice una scusante sufficiente.
Interessante anche il risultato di un’indagine condotta da Cisl Lombardia su un campione composto da 4.635 lavoratori dipendenti. Il 42,3% ha dichiarato di svolgere una mansione compatibile con forme di lavoro agile almeno 1 volta a settimana. Tra questi, l’81,8% lo ha realmente sperimentato nel periodo marzo-giugno 2020 (primo lockdown), mentre il 18,2%, pur potendolo fare non lo ha fatto. Una conferma del fatto che esiste margine di allargamento della platea di coloro che lavorano fuori ufficio.

Ma se il dipendente volesse lavorare comunque dalla sede?

«Non allevia le responsabilità del datore di lavoro», risponde Pozzoli. «Alla fine chi esercita l’attività d’impresa ha la responsabilità sulla salute e sicurezza dei dipendenti — continua l’avvocato —. Se il lavoratore si ammalasse e per qualche motivo decidesse di andare per vie legali la libertà di scelta che gli era stata lasciata non alleggerirebbe la posizione del datore di lavoro».

E dove mancassero alcuni dispositivi (laptop, connessione) per rendere possibile il lavoro da casa?

«Un conto è se si tratta di interventi particolarmente complessi e costosi. Ma se si trattasse di piccole misure, facili da realizzare, anche in questo caso il datore di lavoro non potrebbe trincerarsi dietro questi impedimenti per giustificare la mancata organizzazione dello smart working», osserva Pozzoli. È chiaro che questi problemi si pongono soltanto nel caso in cui un lavoratore che si ammala ricorra in giudizio. «Certo — conclude Pozzoli —. Ma non dimentichiamo che per le imprese la posta è elevata. In caso il giudice considerasse scorretto il comportamento dell’imprenditore, l’Inail poi potrebbe rivalersi su di lui per un valore pari a quello dei risarcimenti versati al lavoratore. E ci sarebbe anche possibilità di azione penale nei suoi confronti».

E nella pubblica amministrazione?

Le pubbliche amministrazioni dovranno organizzare il lavoro agile nella percentuale più alta possibile. Per le funzioni che vanno svolte in presenza deve essere previsto lo scaglionamento degli ingressi.


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