ROMA L’intesa fra imprese, sindacati e governo sulle condizioni di lavoro durante l’epidemia non è importante solo per il suo aspetto economico ma perché tenta di lanciare un messaggio politico di capacità di gestione di una crisi difficilissima e di fiducia collettiva. L’accordo non risolve tutto e, secondo molti osservatori, ha anche aspetti non convincenti. Ad esempio non mancano le polemiche come quella di Valter Scavolini, notissimo imprenditore delle cucine, che ha deciso di fermare la produzione per una settimana ma critica l’eccessiva libertà d’azione concessa dal governo a imprese e sindacati perché si potrebbero verificare casi di «concorrenza scorretta». Sia come sia, da domani imprese e lavoratori avranno a disposizioni regole scritte (in ben 13 pagine) in base alle quale nelle industrie si potrà continuare a lavorare in sicurezza oppure si dovrà sospendere la produzione. Con il limite che una chiusura generalizzata avrebbe sicuramente diminuito i rischi di contagio, l’intesa riporta un minimo di serenità negli stabilimenti. In mancanza di un testo scritto infatti le fabbriche avrebbero corso il rischio di una specie di 8 settembre, con imprenditori e lavoratori che si sarebbero regolati ognuno per sé in unclima da “si salvi chi può”.
STOP ALL’ISTERIA Questo baratro è stato scongiurato. E nei commenti informali sia dei dirigenti sindacali che di quelli confindustriali si sottolinea che la trattativa ha fatto emergere una buona capacità di gestione della crisi riscoprendo quella radice della concertazione che portò il 31 luglio del 1992 all’abolizione della scala mobile con la regia del governo di Giuliano Amato. L’accordo insomma dice agli italiani che l’Industria, la spina dorsale della nostra economia, non sbanderà nei prossimi giorni. Ovviamente il vademecum siglato ieri non è la Bibbia, quindi imprese e sindacati vengono lasciati liberi di comportarsi razionalmente sulla base delle esigenze dei diversi comparti produttivi. In linea di massima le imprese alimentari, biomedicali e della Difesa e della Sicurezza non si fermaranno nel rispetto delle condizioni di sicurezza. Altri stabilimenti fanno parte di filiere internazionali e in questo caso capi e operai sanno benissimo che se non rispettano le consegne i concorrenti li bruceranno. Altre aziende, ancora, stanno preferendo le ferie o la cassa-integrazione per ridefinire l’organizzazione del lavoro in questa fase. I commenti ufficiali all’accordo sono permeati da un forte livello di responsabilizzazione. «Non accetteremo strumentalizzazioni e agiremo con intelligenza in difesa del lavoro», ha sottolineato il segretario della Cgil, Maurizio Landini. «Assicureremo sia la salute che l’occupazione», ha aggiunto Annamaria Furlan, della Cisl. «Con una soluzione rapida e condivisa l’industria italiana, la nostra industria, si mette al servizio della comunità senza spegnere i motori», ha detto Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria. A chiudere il cerchio il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli, molto attivo al tavolo delle trattaive, che ha ringraziato le parti sociali «per essere state all’altezza delle sfide». L’accordo arriva dopo una settimana drammatica per molti stabilimenti. Domenica scorsa l’ordine del governo di «restare tutti a casa tranne che per andare al lavoro» ha spaventato moltissimi operai che lavorano in squadra fianco a fianco ai colleghi. Si sono verificate molti scioperi con episodi ai limiti dell’isteria e il tasso d’assenteismo è stato alto. Ora si volta pagina in un clima collaborativo e più razionale: si lavora dove il rischio è controllato.