Data: 06/09/2023
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO |
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«Se dico "treno" spostatevi» Il video choc dell'operaio prima della strage sui binari Brandizzo, recuperato un filmato girato da una delle vittime la sera della tragedia. I colleghi: «Era normale fare così» Il no dei parenti ai funerali di Stato
I dipendenti della Si.Gi.Fer: «Quando qualche convoglio era in ritardo ci portavamo avanti con le operazioni» TORINO «Allora ragazzi, se vi dico "treno", spostatevi». Sono le parole choc del tecnico referente di Rfi, Antonio Massa, in un video girato la sera dello scorso 30 agosto da una delle vittime, Kevin Laganà, poco prima dell'incidente che ha ucciso lui insieme ad altri quattro suoi colleghi. Sullo sfondo i binari vicini alla stazione di Brandizzo. Il filmato è stato ora sequestrato dagli inquirenti e peggiora ulteriormente la posizione di Antonio Massa, già indagato per la strage. È sua la voce che dà le indicazioni su cosa fare nel momento in cui fosse arrivato un convoglio, visto che la circolazione non era interrotta. Il video è stato girato solo un'ora prima dello schianto. «Ragazzi, cominciamo. se vi dico treno andate da quella parte. Va bene?» dice il tecnico alla sua squadra. Lo stesso Kevin Laganà poco dopo ribadisce in che condizioni stanno lavorando. «Manca ancora l'autorizzazione». Ed ecco la conferma di quellla prassi di iniziare a lavorare sui binari senza aspettare il nulla osta per l'interruzione della linea. All'indicazione ricevuta Kevin risponde sarcastico: «Ho capito, scappiamo mi butto contro la cancellata». Ma c'erano appena quattro secondi per spostarsi prima dell'arrivo del convoglio la cui velocità sfiorava i 160 chilometri orari. Laganà non ha fatto in tempo a scansarlo: è stato travolto insieme ai suoi compagni di lavoro alle 23 e 47.
FILMATO SOCIAL - Il video è stato ritrovato salvato nella pagina Instagram del ragazzo, che però è morto prima di pubblicarlo. Il filmato è stato già depositato in procura dagli avvocati Marco Bona ed Enrico Calabrese che assistono la famiglia del ragazzo. Le immagini di quei sei minuti e mezzo che racchiudono dialoghi e lavori sui binari rafforzano la tesi del dolo eventuale che è stata contestata ai due indagati, Massa e il caposquadra della ditta appaltatrice del lavoro, Andrea Girardin Gibin. Ovvero quella di far rischiare la vita agli operai: per fretta e per motivi economici, era una prassi, una possibilità messa in conto.
Nel video si vedono alcuni operai al lavoro intenti a rimuovere il pietrisco sotto i binari. Da quel che si ricava dalla visione del filmato erano stati informati che su quella linea era previsto il passaggio di convogli. Si sente qualcuno affermare «Noi possiamo vedere il segnale, voi prendete le misure, io guardo il segnale e appena dico via...» , poi un fischio e quindi «uscite da quella parte perché i treni passano qua, dovrebbero passare gli ultimi treni». Kevin chiede «questo è già interrotto?» (riferendosi evidentemente al binario) e la voce gli risponde «questo è interrotto». «Quindi possiamo metterci sopra lo spezzone e bonificarcelo?», domanda ancora il ragazzo. La replica è «no, passa l'autoscala, una volta che passa l'autoscala va bene». A quel punto, l'esortazione choc che sembra essere appunto riconducibile a Massa: «Ragazzi se vi dico "treno" andate da quella parte, eh». Laganà accoglie queste parole sorridendo e, quando un'altra persona dice «Se arriva il treno da che parte passate?» risponde «di qua» indicando la staccionata dietro di lui. Gli operai lavorano in un clima sereno, scambiandosi battute di spirito. Kevin chiude il video con queste parole: «Ciao ragazzi, ci vediamo alla prossima, metterò un Tik Tok fra un paio di giorni».
IL PRECEDENTE - Quella di lavorare senza autorizzazione sui binari, insomma, sembra essere una prassi più che consolidata, con un precedente che ha già fatto delle vittime. Di recente sono stati infatti accertati diversi casi di squadre di operai che intervenivano sul posto per la manutenzione della linea ferroviaria mentre un collega faceva da "scorta", ossia guardava a destra e sinistra per controllare se fossero in arrivo treni, con un fischietto per allertare i colleghi. Il dettaglio emerge, proprio nei giorni in cui si indaga sulla tragedia ferroviaria di Brandizzo, dalle trascrizioni della deposizione di un ex operaio specializzato del Nucleo manutentivo di Treviglio (Bergamo) di Rfi nel processo milanese sul disastro ferroviario di Pioltello, avvenuto il 25 gennaio 2018, quando il regionale Cremona-Milano Porta Garibaldi uscì dai binari a causa di un giunto in cattive condizioni. Tre persone morirono e un centinaio rimasero ferite. Nella sua testimonianza di fine maggio scorso, come si legge nelle trascrizioni dell'udienza, l'operaio, ora in pensione, ha parlato ai pm milanesi Maura Ripamonti e Leonardo Lesti di alcune «attività di rincalzatura» sui giunti delle rotaie della linea finita al centro del processo milanese. «Io facevo la scorta - ha chiarito - quando arrivavano i treni dicevo alla squadra di uscire dal binario. Fischiavo e loro dovevano uscire fuori». L'amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana (Rfi), Gianpiero Strisciuglio, sentito in audizione alle Commissioni riunite Trasporti e Lavoro della Camera sulla sicurezza e l'incidente di Brandizzo, ha però ribadito il rispetto delle regole. «L'avvio delle lavorazioni con l'occupazione dei binari è tassativamente subordinato all'ottenimento dell'autorizzazione scritta all'interruzione della circolazione dei treni». Rfi ha istituito una commissione di indagine. «Sarà presieduta da autorevoli esponenti del mondo accademico - ha concluso Strisciuglio - e i suoi esiti saranno messi prontamente a disposizione delle autorità competenti».
I colleghi: «Era normale fare così» Il no dei parenti ai funerali di Stato
TORINO «Si andava prima sui binari per sbrigarsi. Spesso i tempi per i lavori erano troppo stretti e c'erano delle scadenze da rispettare». In procura a Ivrea i magistrati titolari dell'inchiesta sul disastro ferroviario di Brandizzo, costato la vita a cinque operai della Si.gi.fer (Kevin Laganà, Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Saverio Lombardo, Giuseppe Aversa), stanno continuando gli interrogatori. I colleghi delle vittime vengono sentiti come "persone informate sui fatti": non possono mentire (sarebbero indagati per falsa testimonianza), non possono avvalersi della facoltà di non rispondere. Ed è proprio dalle loro dichiarazioni che emerge un quadro allarmante. Lavorare sui binari con i treni in arrivo era la prassi. Un'abitudine che potrebbe ben presto allargare il numero di indagati. Gli inquirenti stanno vagliando anche la posizione di altre figure legate a Rfi. Non un fatto isolato, insomma. «Avevamo sempre poco tempo, abbiamo sempre dovuto correre. Ma il tempo non lo potevamo stabilire noi, dipende da Rfi e non possiamo fare altro che adeguarci alle finestre per le interruzioni dei treni», hanno raccontato alcuni della Si.gi.fer. Anche Antonio Veneziano, ex dipendente dell'azienda e collega del più giovane degli operai morti (Kevin Laganà) ha ribadito ai magistrati questo modus operandi: «È già capitato molte volte di iniziare i lavori in anticipo. In molte occasioni in cui ho lavorato lì (alla Si.gi.fer, ndr), quando sapevamo che un treno era in ritardo ci portavamo avanti con il lavoro».
IL VIA LIBERA MAI ARRIVATO - Lunedì scorso è stata anche sentita la dirigente movimento di Chivasso che non ha mai concesso a Massa l'autorizzazione a iniziare il cantiere. «Per tre volte, in tre distinte telefonate gli ho detto di aspettare. Mi chiedeva quando poteva iniziare, ma non ho mai dato l'ok: dovevano passare due treni e uno in ritardo. L'ho fatto presente».
La donna, 25 anni, originaria della Valsusa, è in servizio alla centrale operativa da circa due anni. Ha terminato un corso ad Alessandria ed è stata assegnata a Chivasso. Era al telefono quando il convoglio anomalo che trasportava carrozze vuote ha investito in pieno gli operai: «Ho sentito un botto, come una bomba o un petardo». La linea è caduta, lei ha richiamato subito. Dall'altra parte del telefono Massa «urlava che erano tutti morti».
«GRAVI VIOLAZIONI» - Una prassi a dir poco pericolosa su cui ora la procura di Ivrea intende far luce. «Ci sono state gravi violazioni - ha ribadito la procuratrice capo Gabriella Viglione -. La tragedia poteva essere evitata. Ma avrebbe potuto avere conseguenze ancora più disastrose: gli operai stavano sostituendo i binari, pochi minuti dopo il treno avrebbe deragliato».
In procura a Ivrea c'era anche Antonino Laganà, fratello di Kevin, nonché suo collega alla Si.gi.fer di Borgo Vercelli. La sua audizione è stata rinviata a oggi. Dal Palazzo di giustizia è uscito mano nella mano con il papà, indossando una t-shirt su cui era stampato il volto del fratello.
LE ESEQUIE - I familiari delle vittime intanto hanno detto no ai funerali di Stato. «I nostri morti preferiamo seppellirceli da soli». Al momento una data per le esequie non c'è. La procura ha invitato le famiglie a fornire elementi che possano portare al riconoscimento dei corpi. Solo in seguito potrà essere concesso il nulla osta per i funerali. «Di tempistiche - ha spiegato l'avvocato Enrico Calabrese, legale dei parenti di Kevin Laganà - non ce ne sono. Ma è comprensibile: l'impatto con il treno ha avuto degli effetti che tutti possono immaginare. Anche l'estrazione del Dna è molto complicata».
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