L'AQUILA La bagarre scoppia alle 15.30, quasi in punto. Nell'aula delle commissioni, al secondo dell'Emiciclo, ci sono Sara Marcozzi (Cinque Stelle), Silvio Paolucci (Pd), Sandro Mariani (Abruzzo in comune) e Marianna Scoccia (Udc). La Marcozzi, che è vice presidente della prima commissione (Bilancio, Affari Generali e Istituzionali), approfitta dell'assenza del presidente, il leghista Vincenzo D'Incecco, e fa il blitz: «Non c'è il numero legale, rinvio al primo ottobre, grazie a tutti». Cioè esattamente al giorno successivo all'ultimo utile per approvare la richiesta di referendum abrogativo della legge elettorale nazionale, questione della vita per la Lega di Salvini. Apriti cielo. D'Incecco, che nel frattempo entra nella sala e assiste all'annuncio, trasecola: «Lo hanno visto tutti che ero qui fuori». «Correttezza vuole che il presidente sia qui un minuto prima dell'inizio della commissione» replica secca la Marcozzi. Apriti cielo. Gira anche un video, analizzato a mo' di Var. Al secondo piano scoppia un pandemonio.
TENSIONE E INSULTI Il centrodestra grida al golpe, centrosinistra e Cinque Stelle gongolano e mostrano il regolamento. Che recita: «Il numero legale è presunto purché siano presenti almeno tre membri della commissione». Poi, alla verifica, si capisce che non c'è la maggioranza dei voti assegnati. E dunque, rinvio. Il resto è tutto un susseguirsi di strilla, urli, insulti, tensione che si taglia con il coltello. Il centrodestra vuole riaprirla alle 16.15, poi alle 17.30. Alla fine si parte dopo le 17.45, ma non ufficialmente. Si continua a disquisire sulla legittimità del blitz dell'opposizione. Nel frattempo arrivano anche i carabinieri, che fanno spallucce: «Possiamo fare ben poco». Il presidente del Consiglio, Lorenzo Sospiri, s'infuria: «Siamo alle barzellette». Dalla sponda opposta si evoca addirittura la possibilità che, anche qualora l'istanza dovesse alla fine passare, ci sarebbe il forte rischio di illegittimità, visto l'iter quantomeno tortuoso.
L'ABRUZZO STRATEGICO Saltando l'Abruzzo, sarebbe in pericolo l'intera operazione, visti i tempi stretti: serve il via libera di cinque consigli regionali entro il 30 settembre. Durissimo l'attacco dell'opposizione, che medita anche la possibilità di ricorrere alla giustizia amministrativa: «Il centrodestra - attacca il capogruppo Pd Silvio Paolucci - non riesce a governare la commissione e rischia di far naufragare il referendum elettorale leghista. Una coalizione inesistente, prona ai diktat di Salvini e Bellachioma. Se dovesse passare l'intenzione di calpestare il regolamento, ricorreremo in tutte le sedi impugnando il provvedimento di proposta del referendum sostenendo il grave vizio di legittimità da cui verrebbe travolto. Nel frattempo constatiamo che per questa destra le urgenze e le questioni dell'Abruzzo e degli abruzzesi vengono dopo, molto dopo le convenienze politiche di Salvini e Bellachioma. Una giunta lenta e assente non soltanto per l'Abruzzo, ma anche per gli interessi di partito e per Salvini».
Il centrodestra fa muro. E forte di un parere chiesto al presidente del Consiglio regionale, Lorenzo Sospiri, va al corpo al corpo: la commissione intorno alle 21 comincia. Con lo spettro, concreto, delle carte bollate. La Marcozzi analizza così una giornata surreale: «È molto semplice spiegare. In qualità di vice presidente della commissione, constatando l'assenza in aula del presidente, ho aperto la seduta. Vista la mancanza del numero legale, ho rimandato la commissione al primo ottobre. Queste sono prerogative che dà il regolamento in determinati frangenti e seguirlo alla lettera è un dovere di un buon rappresentate delle istituzioni. Ci sono dei precedenti nella passata legislatura che confermano la bontà dell'azione svolta. La sola differenza rispetto al passato è che non c'era stata alcuna forzatura nel tentativo di riaprire una commissione che, come confermano gli atti, era già stata chiusa. Gli esponenti della maggioranza di centrodestra possono solo recriminare contro sé stessi». In realtà uno dei tantissimi nodi della vicenda è quello legato all'assenza del funzionario dell'ente al momento del blitz. La Marcozzi chiude gongolante: «Mi auguro che, da adesso in poi, Marsilio e la sua giunta inizino a mettere in cima alla loro agenda solamente il futuro dell'Abruzzo».