ROMA No alle messe, sì ai funerali ma solo per parenti stretti. No al calcetto, sì alla corsa. Sì al cappuccino, ma solo se te lo bevi per strada. Sì ai parchi aperti, ma non ai musei.
Che non sia stato facile mettere nero su bianco il vademecum della Fase2, si capisce dai cinquanta minuti di conferenza stampa che Giuseppe Conte avvia con un ampio preambolo che spazia dal Recovery found («risultato storico»), ai tempi record dell'Inps, all'annuncio di un nuovo decreto «sblocca Paese. Arrivando all'autoironia che sa di produrre quando annuncia che «resta» l'autocertificazione, ma avrà un modulo tutto nuovo.
IL TEMPO L'elenco delle cose che si potranno fare e quelle che saranno ammesse solo tra un paio di settimane, se non a giugno (parrucchieri e massaggiatori), Conte lo intercala con una serie infinite di raccomandazioni: rispettate le distanze», niente feste in famiglia, mascherine nei luoghi pubblici e se possibile anche a casa, visita ai nonni, ma solo se attrezzati e per poco tempo. Dopo giorni di riflessioni e confronti, talvolta molto accesi tra i ministri, e tra questi ultimi e i componenti il Comitato tecnico scientifico, ieri sera la svolta preceduta da un vivace vertice con i capidelegazione di maggioranza e poi con i rappresentanti delle regioni.
Due riunioni, soprattutto la prima, che devono aver convinto il presidente del Consiglio che allungare il varo della Fase2 avrebbe ulteriormente complicato quel faticoso equilibrio tra le raccomandazioni del Comitato tecnico scientifico, il piano messo a punto dalla task force di Vittorio Colao, le pressanti richieste delle amministrazioni locali e una crescente impazienza delle forze politiche, in testa Iv. E così ieri mattina Conte, dopo aver sostenuto in un'intervista che si sarebbe dovuto attendere la giornata di oggi per avere il nuovo Dpcm, ha deciso di chiudere la faccenda senza tornare a consultare medici e virologi e, soprattutto esporsi alle critiche delle opposizioni, Lega in testa, già pronte a sostenere le ragioni di coloro che dovranno continuare a restare chiusi, o quasi. Far «ripartire in sicurezza il Paese», perchè «ora il mondo ci guarda», mentre per la Fase3 «dobbiamo aspettare una terapia risolutiva o il vaccino». Quindi, poichè dovremmo convivere ancora per un po' con il virus, avanti con «senso di responsabilità», come predica il ministro della Salute Roberto Speranza, perché se i contagi dovessero riprendere in alcune zone del Paese si potrà sempre tornare indietro. Alla fine insoddisfatti per «l'eccessiva cautela» contenuta nel nuovo decreto sono solo i renziani e soprattutto la ministra Teresa Bellanova che nella riunione ha puntato i piedi per ottenere tempi di riaperture più stretti - e già da oggi, per artigiani e piccole imprese - trovando «illogico» anche il divieto per le messe. Mentre resta bel vago quando si potrà cominciare ad usare l'app Immuni, tocca al commissario Domenico Arcuri fossare con ordinanza il costo delle mascherine: 50 centesimi, iva esenti.
«Se ami l'Italia, mantieni le distanze», è il motto - che starebbe bene anche sui cruscotti - che Conte lancia per la Fase2. Ma prima di elencare chi potrà aprire e quando, Conte chiede un po' di comprensione dicendo: «Non affidiamoci alla rabbia e al risentimento, non cerchiamo colpevoli ma pensiamo a fare il meglio per consentire la ripresa». Ovvero non ve la prendete con me o con il governo, ma impegniamoci tutti a far ripartire il Paese perchè «sulla ripresa non ci tireremo indietro» e «ci sarà una stagione intensa di riforme». Il primo step verso la normalità, ha il sapore un po' della scommessa e della speranza sulle capacità degli italiani di non mettersi dal 4 maggio in fila davanti ai bar per acquistare un cornetto, o di precipitarsi nelle metro o nelle secondo case. Una Fase2 appesa quindi ad un filo, che potrebbe franare se diventerà un liberi tutti o potrebbe far diventare il primo Paese europeo che ha chiuso nel primo a riaprire.
ROMA Giuseppe Conte l'aveva detto: «La fase 2 non sarà un liberi tutti». E non lo sarà affatto. Qualche allentamento scatterà nei settori produttivi che, con le dovute regole di sicurezza, torneranno in attività dal 4 maggio riportando al lavoro 2,7 milioni di persone (su 8 milioni attualmente fermi): manifatture, cantieri edili e reti di vendita collegate.
Per poter riaprire, le imprese dovranno avere una sorta di patente di sicurezza: termoscanner all'ingresso, sanificazione dei locali, mascherine e guanti per i lavoratori. La riapertura delle aziende è anche legata alla capacità della Regione in cui si trovano le imprese di garantire un'adeguata capacità dei servizi sanitari territoriali e di controllo dei dati dell'epidemia. In più su queste riaperture peserà anche l'attuazione dei protocolli di sicurezza per i trasporti.
Un allentamento, ma solo lieve, del lockdown riguarderà gli spostamenti. Servirà ancora l'autocertificazione, ma agli attuali tre motivi validi (lavoro, salute, stato di necessità) dal 4 maggio si aggiungerà la possibilità di incontrare i familiari più stretti (con la mascherina). E' introdotto il divieto di uscire per chi ha 37.5 gradi di temperatura e resta il divieto di raggiungere le seconde case anche nella propria Regione. Le messe, nonostante la pressione della Cei, resteranno vietate, mentre sarà consentito celebrare i funerali.
Novità per lo sport. Dal 4 maggio riapriranno i parchi pubblici e sarà permesso fare attività sportiva anche lontano da casa rispettando in ogni caso la distanza minima di due metri tra un atleta e un altro. Resteranno chiuse le aree giochi per bambini «laddove non sarà possibile consentire un accesso contingentato».
Dal 18 maggio sarà consentita la ripresa degli allenamenti di squadra. E lo stesso giorno riapriranno musei, biblioteche e archivi. Bar, ristoranti, parrucchieri, centri estetici dovranno attendere il primo giugno, ma già da lunedì prossimo sì alla ristorazione d'asporto.