PESCARA Escono definitivamente di scena dal procedimento sul disastro dell'Hotel Rigopiano gli ex presidenti della Regione Abruzzo Luciano D'Alfonso, Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi così come gli ex assessori alla Protezione civile: Tommaso Ginoble, Daniela Stati, Mahmoud Srour, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca. Lo ha deciso il il gip del Tribunale di Pescara, Nicola Colantonio che ha respinto le opposizioni alle richieste di archiviazione della procura che erano state presentate da alcuni legali dei familiari delle vittime. Non dall'avvocato Reboa e dai colleghi del suo team: «Condividevamo e condividiamo sul punto le posizioni della Procura e non siamo stupiti dell'ordinanza del Gip».
Escono dall'inchiesta anche l'ex sottosegretario alla Giustizia, Federica Chiavaroli; la funzionaria della Protezione civile Tiziana Capuzzi; l'ex vice presidente della Regione Enrico Paolini; l'ex direttore generale della Regione Cristina Gerardis e ancora i funzionari e dirigenti Giovanni Savini, Silvio Liberatore, Antonio Iovino; Vittorio Di Biase e il responsabile del 118, Vincenzino Lupi. Archiviazione, solo per alcune ipotesi di reato, anche per l'ex prefetto Francesco Provolo, per Andrea Marrone, per Bruno Di Tommaso, legale responsabile della Gran Sasso Resort & Spa e per Carlo Giovani, dirigente della Protezione civile. Archiviata anche la posizione di Daniela Acquaviva, la funzionaria della Prefettura nota per avere risposto telefonicamente al ristoratore Quintino Marcella, con la frase «la madre degli imbecilli è sempre incinta»; resta però imputata nel procedimento bis per depistaggio.
IL RUOLO DEI TECNICI Per il giudice, «non si ritiene che gli elementi investigativi indicati negli atti di opposizione (in quanto irrilevanti) possano incidere sulle risultanze investigative, precise ed esaustive, raccolte dal pm». Gli ex presidenti di Regione e gli ex assessori alla Protezione civile erano accusati di non aver agito secondo legge sull'applicazione della Carta delle Valanghe. Ma nelle 80 pagine di motivazione, il gip Colantonio fa presente che dovevano essere «i soggetti responsabili degli organi tecnico-amministrativi dell'ente» ad evidenziare, nel corso degli anni antecedenti al crollo del resort, «ai soggetti svolgenti funzioni esclusivamente politiche in maniera chiara e specifica, la necessità di procedere, nel più breve tempo possibile, alla formazione di una Carta di localizzazione probabile delle valanghe (CLNV) estesa anche all'area del comprensorio di Farindola/Rigopiano», cosa che non è stata fatta.
Il giudice osserva poi che «i politici (presidente di Regione e assessore delegato alla Protezione civile) che si sono succeduti nel governo della Regione non possono ritenersi responsabili per non aver emanato in tempo utile i provvedimenti per la formazione di una CLPV che comprendesse anche l'area di Farindola/Rigopiano: quindi deve prendersi atto che, sulla scorta delle priorità indicate dal Coreneva, l'autorità politica aveva proceduto correttamente a valutare, in via preminente, le aree comprese nei bacini sciistici, con provvedimenti di impulso per la formazione della CLPV relativa alle aree territoriali indicate e per l'assegnazione di risorse patrimoniali adeguate». Quanto ai ritardi nell'attivazione del Core e alla posizione di D'Alfonso, Colantonio scrive che «dichiarando formalmente lo stato di emergenza il 12 gennaio, D'Alfonso aveva implicitamente già autorizzato il dirigente del servizio ad attivare il Core».
Il Comitato delle vittime: «Un dispiacere ma la nostra battaglia giudiziaria continua»
PESCARA «Apprendiamo con sommo dispiacere delle decisioni del Gip Colantonio. Pur rispettando e accettando con rispetto tale dispositivo, ci sentiamo in dovere di continuare la nostra battaglia a sostegno dei famigliari che ci hanno creduto e che si sono opposti alle richieste di archiviazione». Cosi il Comitato vittime Rigopiano dopo la decisione del gip di Pescara di disporre l'archiviazione per 22 indagati. «Per noi non è una sconfitta perchè leggendo bene le motivazioni- sottolinea il Comitato - ci sono ottimi spunti giurisprudenziali per ritenere che le nostre idee sui fatti erano fondate».
L'ordinanza del Gip «costituisce un maglio giurisprudenziale a carico degli attuali imputati». Perché «difficilmente il gup Gianluca Sarandrea dell'altro filone d'inchiesta, quando dovrà decidere dei rinvii a giudizio, potrà ignorare che il proprio collega ha affermato che la morte di 29 persone non è attribuibile a cause naturali». A sottolinearlo è l'avvocato Massimo Reboa, legale di alcuni familiari delle vittime. L'avvocato riporta alcuni passaggi dell'ordinanza. «Significativo è che il Gip Colantonio ha scritto: Subito, è buona regola attestare che, come accertato dai consulenti del pm, le scosse sismiche, che hanno colpito la zona, non hanno avuto effetti eziologici diretti nel verificarsi della formazione e nel distacco della valanga. Non solo- riferisce ancora l'avvocato- ma Colantonio, ha aggiunto, commentando l'operato dei Pm, che essi sulla scorta di rilievi precisi, completi e tecnicamente ineccepibili, procedevano all'analisi di tutti gli aspetti di fatto e giuridici necessari per addivenire alla esatta ricostruzione della vicenda, nonché per delineare la posizione processuale di tutti i soggetti che possono avere partecipato alla causazione degli eventi infausti. Ciò in termini logico-giuridici è un giudizio di condanna per gli attuali imputati- conclude l'avvocato Reboa- quantomeno per i principali di essi, atteso che il magistrato ha rafforzato il proprio pensiero scrivendo che sono coerenti e tecnicamente ineccepibili le valutazioni giuridiche formulate dal Pm».
Da parte degli ex Governatori nessun commento. Sia Luciano D'Alfonso che il suo predecessore Gianni Chiodi, non hanno voluto rilasciare alcuna dichiarazione. «Parlano le carte ed io documenti che hanno prodotto» ha detto Chiodi lapidariamente. Intanto, resta ilgiallo sulla mancata costituzione del ministero della Giustizia come parte civile nel processo sul disastro di Rigopiano. Perchè otto giorni fa il dicastero di via Arenula aveva espressamente chiesto all'avvocato distrettuale dello Stato dell'Aquila di «garantire la costituzione di parte civile di questo ministero per la prossima udienza». «La costituzione di parte civile riveste particolare interesse per il Sig. Ministro - aveva scritto in un documento ufficiale Marco Nassi, responsabile della Direzione generale degli affari giuridici e legali del Ministero -, circostanza resa manifesta dalla richiesta di autorizzazione alla costituzione di parte civile che questa Direzione generale ha inoltrato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri». Richiesta andata a buon fine, visto che il 14 novembre scorso, ricordava Nassi, la presidenza del Consiglio aveva dato il suo via libera. Il conferimento dell'incarico era accompagnato dalla richiesta di un «cortese riscontro» sia sulla data di rinvio dell'udienza preliminare e sullo stato del procedimento», sia sulle «determinazioni» che l'Avvocatura distrettuale avrebbe assunto.