ROMA I critici la definiscono, con un certo sprezzo, l'ennesima «calderolata». Il diretto interessato, invece, ha scelto un altro nome per battezzare la sua ultima creatura: Popolarellum', «visto che dice - l'ha scelto il popolo». Ieri mattina il senatore leghista Roberto Calderoli si è presentato in Cassazione per depositare il quesito sulla legge elettorale: un sapiente lavoro di taglia e cuci sul Rosatellum che punta ad abrogarne la quota proporzionale. Obiettivo, dunque, arrivare a una legge totalmente maggioritaria.
Ma non è l'unica battaglia su cui la Lega intende coinvolgere i suoi elettori. L'ex ministro rilancia infatti anche una vecchia bandiera di tutto il centrodestra: l'elezione diretta del presidente della Repubblica. La strada per arrivarci, fa sapere, sarà quella di una proposta di legge di iniziativa popolare.
Matteo Salvini ha delegato tutta la pratica sulle riforme all'esperto Calderoli, ma non rinuncia comunque a metterci il cappello: «Forse è la volta buona che l'Italia finalmente voterà e darà un senso al suo voto. Noi offriamo agli italiani la possibilità di scegliere, ne sono orgoglioso».
Per il quesito referendario sulla legge elettorale, in realtà, la raccolta delle firme non è stata necessaria, visto che come previsto dalla Costituzione è stata sottoscritta da 8 consigli regionali. Il timing auspicato dal Carroccio prevede che la consultazione venga celebrata in primavera. Tuttavia, prima che ciò accada, è necessario che il quesito superi i criteri di ammissibilità della Consulta.
Sia il Pd che Italia viva mostrano una certa aria di sufficienza. Per il dem Darrio Parrini, è tutto poco più che «una messinscena» perché «il referendum è palesemente inammissibile». «Parliamo di cose serie. Diamo alle calderolate' il rilievo che meritano», afferma.
PORCATE «Che l'uomo del Porcellum, Roberto Calderoli, che definì una porcata' la legge da lui voluta, sia ancora in giro ad occuparsi di legge elettorale come esperto', mi preoccupa non poco», è il commento del capogruppo renziano in Senato, Davide Faraone.
L'esponente del Carroccio, tuttavia, ribatte di non avere alcun dubbio sull'ammissibilità del referendum perché spiega il testo che ne verrebbe fuori è applicabile né più né meno di qualsiasi altra legge elettorale votata dal Parlamento, ed esattamente come tutte le altre necessiterebbe di una delega al governo per la ridefinizione dei collegi.
D'altra parte, a rendere così vivace il dibattito sulla legge elettorale è l'ipotesi che la maggioranza si metta a lavorare a un sistema di voto proporzionale una volta che sarà arrivato l'ultimo via libera al taglio dei parlamentari. Si tratta, per la verità, di un passaggio previsto nell'accordo di governo. E infatti la mossa del referendum, al di là di quello che deciderà la Consulta, vuole essere anche una manovra di disturbo. Roberto Calderoli, però, promette fuoco e fiamme se si dovesse decidere di fare iniziative last minute solo per impedire la celebrazione del referendum e arriva ad invocare il ritorno dei forconi.
Ma di ulteriori riforme da mettere in cantiere si ragiona anche nella maggioranza. In un'intervista, Enrico Letta rilancia l'idea di concedere il diritto di voto ai sedicenni, trovando d'accordo sia il Pd che il M5s. C'è anche il placet del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. «Negli ordinamenti giuridici si mette una convenzione anagrafica. Per me abbassarla ci sta benissimo».
GENERAZIONE GRETA E' una proposta che portiamo avanti da sempre e che sosteniamo con forza, dice il capo politico pentastellato, Luigi Di Maio. «I giovani in Italia vengono definiti, a seconda del momento, choosy, viziati, gretini': per noi vanno soprattutto messi al centro della nostra politica. Se a 16 anni un giovane può lavorare e pagare le tasse, dovrebbe almeno avere il diritto anche di votare e scegliere chi decide della sua vita». «Da sempre favorevole» si dice anche il segretario dem, Nicola Zingaretti. Al pari della Lega che, chiudendo il cerchio, la rivendica come una propria proposta.