ROMA Alla stretta finale ognuno tenta di alzare la sua bandierina intestandosi ciò che è stato inserito nella manovra di bilancio, che questa sera dovrebbe andare in consiglio dei ministri, e ciò che è stato evitato. Un esercizio al quale anche il Pd tenta di applicarsi cercando in tutti i modi di ampliare la dotazione del taglio del cuneo fiscale a favore dei lavoratori.
LA MOLLA Il vertice notturno convocato da Giuseppe Conte a palazzo Chigi, e al quale hanno preso parte i capi delegazione della maggioranza, è partito in salita sulla scorta di veti incrociati che hanno caratterizzato anche la riunione pomeridiana che si è tenuta al ministero dell'Economia e che ha sfornato più proposte che soluzioni. Poichè, dopo un discreto tira e molla, il governo ha deciso di non toccare l'Iva e di sterilizzare i previsti aumenti senza rimodulazioni, la caccia alle risorse si è spostata su Quota100.
Il meccanismo che manda in pensione anzitempo è stato varato dal precedente governo con durata biennale. Ieri a Napoli Luigi Di Maio ha riunito nel suo hotel i ministri M5S illustrando i punti della manovra che ritiene fondamentali. L'intangibilità di Quota100 è uno di questi e ieri sera ai suoi lo ha ripetuto quando gli chiedevano conto delle dichiarazioni di Luigi Marattin secondo il quale poichè «le risorse non sono ancora definite, Italia Viva propone l'abolizione totale di Quota100»: «Non se ne parla di introdurre nuove tasse - la reazione del titolare della Farnesina - e su Quota100 saremo categorici: non si tocca perché non voglio altri esodati e non farò mai ciò che ha fatto la Fornero».
Il leader dei Cinquestelle risponde con una schiacciata alla palla alzata provocatoriamente dai renziani e tutto ciò complica l'obiettivo del Pd che non intende abolire Quota100, ma vorrebbe una rimodulazione in modo da guadagnare risorse da impegnare nel taglio del cuneo fiscale. Dario Franceschini, nel corso della riunione serale, ha difeso l'idea proposta dal ministero guidato da Roberto Gualtieri di rivedere le finestre pensionistiche in cambio di ape sociale, opzione donna e un meccanismo in grado di far planare nel 2021 coloro che non sono rientrati nel meccanismo di durata biennale. Ovviamente sulla stessa linea di Di Maio si è espressa ieri la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo ricordando l'intesa raggiunta con i sindacati. Azzerata anche l'idea di introdurre una tassa sulle sim aziendali, resta il problema di come trovare i soldi per rendere più credibile il gettito stimato dall'evasione fiscale e come realizzare un taglio del cuneo fiscale che possa avere una certa consistenza. Il Pd punta a mettere insieme almeno tre miliardi, ma a sabotare il tentativo non c'è solo IV - che alza il tiro su Quota100 in modo da scatenare il M5S - ma lo stesso Di Maio che ieri ha chiesto che il taglio del cuneo vada alle imprese e non ai lavoratori. Con il taglio del cuneo alle imprese, i grillini pensano infatti di rendere più digeribile il salario minimo a 9 euro che gli industriali hanno più volte bocciato, ma su questo punto i dem non mollano. Anzi, sperano, di portare a casa anche l'avvio dell'assegno unico per le famiglie. Proposta che nei giorni scorsi Graziano Delrio ha rilanciato ma che deve fare i conti con la maggior parte delle risorse impegnate per scongiurare l'aumento dell'Iva.
Mentre Roberto Speranza (Leu) continua a tener duro sul taglio del superticket sanitario, Pd e M5S continuano a duellare anche sulla soglia di evasione che dovrebbe far scattare le manette. La previsione dovrebbe uscire dal collegato fiscale per essere oggetto di un apposito testo, magari collegato alla manovra.
Manovra a 32 miliardi aumentano i fondi per il taglio del cuneo
ROMA Aumentare la dote finanziaria destinata al taglio del cuneo fiscale. È uno dei dossier più caldi affrontati nella girandola di riunioni tecniche e politiche di ieri sera, in vista del Consiglio dei ministri che dovrebbe approvare il Documento programmatico di Bilancio (il testo da inviare alla Ue che contiene l'ossatura della manovra vera e propria). Per il taglio delle tasse sul lavoro si vorrebbe arrivare quanto meno a 3 miliardi, dai 2,5-2,7 fin qui previsti, in modo da mettere a punto un intervento un po' più significativo. Un problema non facile da risolvere, visto che al di là dei nodi politici balla ancora una parte delle coperture complessive. Nonostante questo però, l'importo complessivo della manovra pare destinato a lievitare rispetto ai circa 29 miliardi desumibili dalla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef). Si andrebbe oltre i 30, forse fin verso i 32, in modo da fronteggiare anche le varie richieste che continuano ad arrivare dai partiti. Al ministero dell'Economia il lavoro di ricerca di maggiori entrate (e minori uscite) è proseguito per tutto il pomeriggio di ieri, in vista del vertice e di maggioranza al quale comunque alcune delle soluzioni trovate sono state sottoposte, non senza difficoltà.
Tra le ulteriori risorse che sono emerse c'è un contributo aggiuntivo di circa 400 milioni proveniente dal mondo dei giochi, oltre a un ritocco delle accise sul fumo. E qualche centinaio di milioni è stato trovato anche con una versione un po' più alleggerita del prelievo a carico delle Sim, che è comunque fortemente osteggiato dal Movimento Cinque Stelle. L'imposta riguarda comunque i telefoni cellulari aziendali e non quelli usati dai consumatori privati.
Un altro capitolo estremamente delicato è quello relativo all'evasione fiscale. Non solo per il nodo tutto politico dell'eventuale abbassamento delle soglie di punibilità dei reati fiscali, con conseguente più facile applicazione di pene detentive: anche alcune delle misure inserite nel decreto legge ad hoc, dalla stretta sui rimborsi del 730 (a quanto pare già saltata) alla possibile confisca dei beni sono potenzialmente a rischio, avendo un impatto tutto da verificare.
Il possibile ampliamento dell'importo della manovra potrebbe dare una mano a risolvere un'altra questione aperta, quella delle misure per la famiglia e del possibile assegno unico. L'idea è prevedere un fondo ad hoc (circa 2 miliardi) che oltre finanziare misure come la gratuità degli asili nido rappresenterebbe una sorta di ponte verso il 2021, anno nel quale l'assegno unico potrà essere concretizzato.
Il bonus 80 euro diventa detrazione e sarà esteso ai redditi fino a 35 mila
ROMA Due opzioni per il taglio del cuneo fiscale. Le risorse da destinare a quella che è una delle misure-simbolo della legge di Bilancio sono limitate e la dote basta solo per una delle due misure immaginate. La prima, che al momento sembra essere destinata a prevalere, consiste sostanzialmente in una prosecuzione del bonus 80 euro a beneficio di un particolare segmento di redditi medi, quelli che vanno da 26 mila a 35 mila euro l'anno di imponibile Irpef. Il credito d'imposta voluto dal governo Renzi ed attuato a partire dal 2014 verrebbe trasformato in detrazione ed esteso appunto, seppur con importo progressivamente decrescente, a questa fascia di lavoratori dipendenti. Per coloro che già ne godono, la somma potrebbe risultare leggermente ampliata, mentre si ridurrebbe ad una media di 40 euro mensile al di sopra dell'attuale soglia.
L'ALTERNATIVA L'alternativa è quella già annunciata dal vice-ministro dell'Economia Antonio Misiani, che prevede invece di destinare le risorse disponibili agli incapienti, i lavoratori dipendenti a basso reddito che sono rimasti esclusi dal beneficio degli 80 euro. Si tratta di coloro che avendo una retribuzione imponibile inferiore a 8.200 euro l'anno circa, attualmente non versano imposta e dunque non possono trarre vantaggio dalla detrazione. Per loro l'idea è stabilire un beneficio proporzionale al reddito, che per forza di cose verrebbe erogato come credito d'imposta, a cura del datore di lavoro oppure in dichiarazione dei redditi. Si tratta naturalmente di due scelte che avrebbero un significato diverso, andando a premiare platee tra loro ben distinte. Nel primo caso il segnale sarebbe indirizzato al ceto medio e rappresenterebbe un primo intervento in vista di una futura e impegnativa riforma dell'Irpef. Con la seconda opzione l'intervento avrebbe una valenza sociale più accentuata, a favore di una categoria che almeno parzialmente coincide con quella dei giovani con contratti atipici, finora sostanzialmente non raggiunti da misure di sostegno. Se come pare probabile questo capitolo verrà per il momento lasciato in sospeso, la stessa platea potrebbe essere beneficiata da una revisione delle attuali soglie per il reddito di cittadinanza.
GLI ONERI Con entrambe le soluzioni, i benefici andrebbero comunque ai lavoratori, sotto forma di una retribuzione netta più alta e meno distante da quella lorda. Resta da vedere se e in che modo potranno essere favorite anche le imprese, per la parte di costo del lavoro che grava su di loro. Si era parlato della riduzione di alcuni oneri contributivi, anche come forma di compensazione per la futura entrata in vigore del salario minimo caro al Movimento Cinque Stelle.