ROMA Si litiga sulle poltrone, soprattutto una, ma non sulle cose da fare. Almeno così sembra dalla riunione che Conte ha avuto ieri con i capigruppo di M5S, Patuanelli e D'Uva, e del Pd Delrio e Marcucci. Il premier incaricato si è preso 24 ore per la stesura che dovrebbe arrivare sui tavoli dei partiti, compreso Leu, entro domani mattina.
LE MULTEL'intesa c'è sul taglio dei parlamentari. La riforma verrà emendato alla Camera in modo da permettere un nuovo passaggio parlamentare e una riequilibratura dei tempi di approvazione con la riforma della legge elettorale e dei regolamenti parlamentari.
Anche sul tema sicurezza e immigrazioni sono stati fatti passi avanti seguendo le indicazioni date da Mattarella al momento della firma. Per ora sembra esserci l'accorso su una possibile gradazione delle multe alle navi di soccorso che entrano senza permesso nelle acque territoriali.
Sul fronte economico si è trovato l'accordo - sui principi, perché sui numeri e sulle misure si entrerà nel merito in un secondo momento - sul taglio del cuneo fiscale e sul fronte infrastrutturale. Sulla riduzione del costo del lavoro sarebbero passati i paletti del Pd: tutti i risparmi derivanti da reddito e Quota cento saranno destinati a rimpinguare le buste-paga dei lavoratori e non ad alleggerire il peso delle aziende. I Cinquestelle chiedevano di dividere la cifra da assegnare equamente a entrambe le parti, ma da quello che trapela dalle bozze si comprende che i fondi (intorno a 5 miliardi l'anno) serviranno a tagliare la parte dell'Irpef del cuneo, tenendo fuori le risorse già stanziate per gli 80 euro di renziana memoria.
Finirebbe invece in soffitta la proposta presentata da Luigi Di Maio, quando ancora era ministro del Lavoro, di cancellare il contributo che le imprese pagano per finanziare la Naspi, l'ammortizzatore per chi perde il lavoro, e l'indennità di disoccupazione agricola. Un pacchetto che vale 4,5 miliardi. Non è stato ancora affrontato - quantomeno non nel merito - il dossier salario minimo.
È stata poi tracciata la direzione sul capitolo infrastrutture. Pd e Cinquestelle hanno concordato su uno sblocca-cantieri più aggressivo di quello approvato dal precedente governo, anche per velocizzare l'allocazione dei 120 miliardi che già ci sono nel bilancio dello Stato per grandi e piccole opere. Accanto - e sempre su spinta del Nazareno - dovrebbe vedere la luce un Green new deal, cioè una piattaforma per lo sviluppo sostenibile che comprende interventi contro il dissesto idrogeologico, la rigenerazione energetica con appositi bonus e incentivi per l'economia circolare. Affrontato solo in parte il nodo concessioni: sì alle revisioni in senso generale, ma le divisioni restano forti sulle revoca ala concessione di Autostrade. Posizioni opposte anche lo stop alle trivelle.
Sempre ieri si sarebbe fatto un rapido accenno al rafforzamento della lotta all'evasione, che fa ipotizzare la fine della stagione delle paci fiscali, mentre i grillini e i Dem danno per scontato l'accordo sul pieno disinnesco sulle clausole Iva (23,1 miliardi di euro da recuperare anche con le ipotesi lasciate in campo da Tria), l'assegno unico per le famiglie e maggiori risorse per sanità e scuola attraverso la spending review. Queste le direttrici, mancano però ancora i numeri.
LA TRATTATIVA
ROMA Per il Mef c'è sempre l'ipotesi di un tecnico che dia garanzie al Quirinale: Rossi e Scannapieco sono i nomi che circolano con insistenza. Ma la sorpresa del Partito democratico, su cui sta lavorando Nicola Zingaretti, sarà rappresentata da un forte rinnovamento della squadra, nel senso che al governo andranno soprattutto (ma ci saranno varie eccezioni) coloro che non hanno mai fatto il ministro. La sfida del Movimento 5 Stelle punta invece a non lasciare entrare nell'esecutivo né indagati né condannati.
Andiamo per ordine. Sui ministri Zingaretti pensa a una strategia simile a quella già utilizzata alla Regione Lazio (alla prima legislatura volle un totale rinnovamento dei consiglieri dem). Su alcune caselle dei ministeri spuntano nomi con queste caratteristiche: vale per Ettore Rosato alla Difesa e per Anna Ascani alla Cultura (nella quota renziana), per Gian Paolo Manzellla (attuale assessore con Zingaretti in corsa per gli Affari europei), per Enzo Amendola agli Esteri, per Teresa Bellanova al Lavoro. Zingaretti inoltre vuole rispettare l'equilibrio di genere, per questo rimbalzano anche altri nomi di donne come Paola De Micheli, Lia Quartapelle e Simona Malpezzi. Poiché il Pd insiste molto sui temi economici, resta nelle liste che girano anche Ernesto Maria Ruffini, già direttore dell'Agenzia delle Entrate. Per il Ministero dell'Economia due nomi forti in lizza: Salvatore Rossi (già direttore generale di Bankitalia) e Dario Scannapieco (vicepresidente Bei), ma è sempre valida la terza opzione di Daniele Franco (ex ragioniere dello Stato).
CRITERI Tra i tanti ostacoli posti lungo il cammino dal Movimento 5 Stelle nella formazione del nuovo governo c'è la richiesta che i ministri e sottosegretari non siano indagati e non abbiano avuto condanne (e c'è chi nota che questo criterio non fu chiesto alla Lega per Siri che aveva patteggiato una condanna per bancarotta fraudolenta). Lo scoglio più grande, ovviamente, è la richiesta di Luigi Di Maio della poltrona di vicepremier, sulla quale non sembra disponibile ad arretrare di un millimetro. Una soluzione di compromesso, con lo schema dei due vice (uno dei 5 Stelle e uno dei dem), sarebbe concedere a quel punto al Partito democratico il ruolo chiave di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, per il quale Conte preferirebbe il grillino Vincenzo Spadafora. Dovesse essere un Dem, allora potrebbe toccare a Dario Franceschini. Nel Movimento 5 Stelle l'impasse su Di Maio e il dualismo nei fatti con Giuseppe Conte sta rendendo più caotica anche la stesura della lista dei ministri.
NEW ENTRY Tra chi oggi non è al governo, appare scontato che farà parte del governo Nicola Morra, docente universitario, presidente della Commissione antimafia e sostenitore dell'alleanza tra Movimento 5 Stelle e Partito democratico. Non è chiaro però in quale dicastero: si è parlato di Pubblica istruzione, ma per quel ministero circolano già diversi nomi, tra cui un altro 5 Stelle, il sottosegretario Salvatore Giuliano, e il pd Stefano Cingolani. In corsa anche i due presidenti dei gruppi, Stefano Patuanelli (per i quali si parla sempre di Infrastrutture, nel Ministero in cui si dà in uscita Danilo Toninelli) e Francesco D'Uva (ormai personaggio popolare nei meme sui social per la sua somiglianza al Professore de La Casa di Carta e destinato agli Affari regionali o ai Rapporti con il Parlamento).
Il legame con Di Maio, dovrebbe salvare Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro. Verso la conferma anche Barbara Lezzi, al Sud, in bilico Giulia Grillo, alla Salute. Un dato: i nomi che circolano per il Movimento 5 Stelle, compresi ovviamente Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, se si esclude Stefano Patuanelli e Riccardo Fraccaro, sono tutti espressione del centro-sud.