L'AQUILA La Corte costituzionale ha bocciato la legge regionale su "L'Aquila capoluogo" approvata nell'agosto del 2018 a larga maggioranza (oltre al centrosinistra votarono a favore anche Forza Italia e 5 stelle). Contestualmente il Consiglio aveva detto sì anche alla norma sulla "Nuova Pescara". L'obiettivo politico della legge sull'Aquila era quello di "riequilibrare" l'economia regionale fra la costa (considerata più ricca) e le zone interne (in forte crisi). L'Aquila, in ricostruzione dopo il sisma 2009, avrebbe dovuto rappresentare il fulcro di un'azione di rilancio che nelle intenzioni avrebbe dovuto coinvolgere anche gli altri comuni dell'Aquilano. Lo stanziamento previsto era di poco più di 800.000 euro l'anno da "prelevare" dagli introiti del bollo auto. IL CASO. La pronuncia della Consulta (la Regione non si è costituita nel procedimento) nasce da un ricorso presentato dal presidente del consiglio dei ministri secondo il quale la legge regionale su "L'Aquila capoluogo" è incostituzionale soprattutto perché manca la copertura finanziaria. La Consulta motivando la decisione parla addirittura di "legge proclama", "carente di soluzioni attendibili", e se pur nel linguaggio burocratico, fa capire che si era trattato di una presa in giro dei cittadini. Insomma la solita legge "vuota di contenuti" utile solo a scopi politici a breve gittata. Il presidente del Consiglio contestava anche il fatto che «la legge regionale abruzzese prevede la redazione di un programma di investimenti strategici che interessano la funzione di coordinamento e sicurezza del territorio, la cooperazione turistica, l'ambiente, il patrimonio artistico, le attività culturali e sportive, la Perdonanza. La legge eccede dalle competenze regionali, e sarebbe violativa di previsioni costituzionali, e invaderebbe illegittimamente le competenze dello Stato». In più (e su questo la Consulta ha fortemente concordato) faceva notare che "alle indicazioni dei mezzi di copertura non corrisponderebbe effettivamente alcuna risorsa in quanto il bilancio di previsione della Regione non presenta alcuno stanziamento" in tal senso. LE MOTIVAZIONI. La Corte, motivando la decisione, scrive in particolare: "Una legge così complessa e caratterizzata da interdipendenze finanziarie tra lo Stato, la Regione e gli enti territoriali, tutte subordinate alla volontarietà dell'adesione al momento inesistente, avrebbe dovuto essere corredata, quantomeno, da un quadro degli interventi integrati finanziabili, dall'indicazione delle risorse effettivamente disponibili a legislazione vigente, da studi di fattibilità di natura tecnica e finanziaria e dall'articolazione delle singole coperture finanziarie, tenendo conto del costo ipotizzato degli interventi finanziabili e delle risorse già disponibili. Al contrario, la legge in esame non presenta alcun valido riferimento circa la sostenibilità economica di tali ambiziose iniziative. In definitiva, l'individuazione degli interventi e la relativa copertura finanziaria, è stata effettuata dal legislatore regionale in modo generico e risulta priva di quella chiarezza finanziaria minima richiesta dalla costante giurisprudenza di questa Corte in riferimento all'articolo 81 della Costituzione. Le esposte considerazioni sottolineano il patente contrasto delle modalità di copertura della legge con l'articolo 81 nella sua vigente formulazione, il cui accentuato rigore rispetto al passato trova una delle principali ragioni proprio nell'esigenza di evitare leggi-proclama sul futuro, del tutto carenti di soluzioni attendibili e quindi inidonee al controllo democratico ex ante ed ex post degli elettori". Infine, una curiosità. La Consulta, bocciando la legge, cancella anche un passaggio sulla Perdonanza (articolo 13) dove si leggeva: "Si riconosce alla Perdonanza Celestiniana il valore di patrimonio dell'intera collettività abruzzese". Fra circa un mese si spera sarà l'Unesco a dare alla Perdonanza il "timbro", ben più importante, di patrimonio immateriale dell'umanità.