ROMA Nessuna novità positiva per chi è già in pensione e una serie di opzioni, in realtà ancora aperte, per chi il lavoro lo deve ancora lasciare. Il tema principale è quello dell'uscita dal meccanismo di Quota 100 dopo il 2021, per il quale si prospetta un meccanismo di pensionamento flessibile.
LA DISCUSSIONEIl cantiere della previdenza - si sa - in Italia non chiude mai; ma quando sarà terminata la sessione di bilancio la discussione dovrebbe ripartire in forma ufficiale. Intanto proprio la messa a punto degli ultimi dettagli della manovra per il prossimo anno consegna la certezza che il meccanismo di rivalutazione degli assegni non subirà ulteriori modifiche, a parte il mini-ritocco (dal 97% al 100% dell'adeguamento all'inflazione) per i trattamenti compresi all'incirca tra i 1.500 e i 2.000 euro lordi al mese. Il governo, impegnato a cancellare o quanto meno ridurre i vari tributi risultati indigesti, ha preso atto che non si sono altre risorse da destinare al potenziamento della perequazione: dunque per i pensionati scatterà il meccanismo per fasce di reddito già attuato quest'anno, che si applicherà verosimilmente ad un tasso di inflazione inferiore al punto percentuale. Non cambierà nulla nemmeno per Quota 100, al centro di molte discussioni che però non hanno portato a revisioni delle regole: il governo si è limitato a contabilizzare i soldi che non spenderà grazie al minor utilizzo di questo canale. Continueranno a maturare il diritto all'uscita anticipata coloro che possono accoppiare 62 anni di età con 38 di contributi: l'attesa per l'uscita effettiva resta fissata a tre mesi per i lavoratori privati e a sei per quelli pubblici. Da cosa ripartirà a gennaio il confronto con le parti sociali? L'esecutivo, in particolare con la ministra Nunzia Catalfo, è impegnato ad avviare le due commissioni su lavori gravosi e separazione tra assistenza e previdenza. Nel primo caso si tratta di individuare in modo più sistematico le professioni che comportano uno stress fisico e mentale tale da giustificare eventuali pensionamenti anticipati, al di là delle categorie già oggi ammesse al cosiddetto Ape sociale e di quelle il cui lavoro risulta usurante in base a norme precedenti. Mentre una definizione precisa delle prestazioni non coperte da effettiva contribuzione - su cui una parte del sindacato fa grande affidamento - potrebbe portare ad una diversa e più trasparente rappresentazione contabile della spesa senza però liberare di per sé risorse aggiuntive, che dipendono sempre dalle disponibilità del bilancio pubblico. C'è poi un altro tema di attualità: l'adeguatezza dei trattamenti pensionistici delle giovani generazioni. Problema che in un certo senso non è strettamente previdenziale ma ha a che fare piuttosto con i difetti di un mercato del lavoro che non garantisce carriere stabili e continue. La pensione di garanzia di cui si discute da tempo consisterebbe essenzialmente in una qualche forma di integrazione al minimo, non prevista nel sistema contributivo: un meccanismo potenzialmente oneroso per i conti pubblici anche se in un arco di tempo lungo. Infine, ma in realtà si tratta del tema più scottante, c'è da decidere come uscire da Quota 100 dopo il 2021.
NORMA SPERIMENTALELa norma è stata introdotta in via sperimentale per tre anni ma a legislazione vigente terminerebbe in modo brusco, costringendo chi non ha centrato il doppio requisito magari per poco ad attendere anni prima della pensione di vecchiaia (a 67 anni) o di quella anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 e 10 mesi per le donne). Per evitare questo scalone servirebbe qualche forma di flessibilità in uscita. Alcune idee erano emerse già in passato: Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi Itinerari previdenziali, aveva proposto a suo tempo una Quota 100 con penalizzazione economica proporzionata al numero di anni di anticipo. Marco Leonardi, già consigliere economico del premier Gentiloni, ricorda oggi che nel 2015 era stata ipotizzata una flessibilità in uscita con opzione al contributivo, sul modello di opzione donna ma generalizzata con 64 anni di età e 36 di contributi. Pure in questo caso l'accesso anticipato alla pensione avrebbe un costo economico per l'interessato. Il presidente dell'Inps Pasquale Tridico ha invece espresso recentemente un'idea un po' diversa, basata su coefficienti di gravosità: in pratica la flessibilità dovrebbe essere su misura, in base a quanto è pesante la mansione svolta. Una soluzione del genere si collega evidentemente agli eventuali risultati della commissione che deve iniziare a operare, ma comporta oneri finanziari difficili da definire in partenza. Anche Leonardi ritiene che sarebbe necessario «affiancare alla flessibilità in uscita una Ape sociale, ovvero un'indennità ponte di 3-4 anni fino alla pensione per i lavoratori gravosi (da estendere possibilmente a tutto il lavoro manuale), i disoccupati espulsi dal lavoro in tarda età, i disabili e gli assistenti di parenti non autosufficienti». Mentre il precedente esecutivo giallo-verde aveva ipotizzato come punto di caduta di Quota 100 l'uscita con 41 di contributi a prescindere dall'età, che di per sé non è uno schema flessibile. Insomma l'arco delle soluzioni possibili è ampio; se ne parlerà oggi a un convegno organizzato dall'Inapp a Roma. Ma l'andamento effettivo della discussione nei prossimi mesi dipenderà oltre che dai soliti vincoli di bilancio anche dalla tenuta politica della maggioranza.