ROMA Pochissimi euro di aumento mensile per tutti e un ricalcolo che - per oltre due milioni di assegni - avrà il sapore della beffa, portando un beneficio ulteriore misurabile addirittura in centesimi. Sul fronte della perequazione delle pensioni (ovvero la rivalutazione che annualmente dovrebbe adeguarle al costo della vita) il 2020 non porta notizie particolarmente interessanti per i circa 16 milioni di pensionati italiani. In larga parte dipende dalla stessa inflazione, che soprattutto negli ultimi mesi ha rallentato, assestandosi in via provvisoria ad un risicato +0,4 per cento di media 2019. Dunque visto che i prezzi in generale sono aumentati poco, pure la rivalutazione a partire da quest'anno sarà modesta. Anche se sullo sfondo resta un tema: la spesa dei pensionati si concentra spesso su alimentari, medicine, costi di gestione della casa e non rispecchia necessariamente l'andamento generale dell'indice dei prezzi al consumo (che è comunque il vecchio Foi per le famiglie di operai e impiegati e non il Nic calcolato per l'intera collettività).
LE REGOLE Ma lo 0,4 per cento fissato dal governo sulla base dei dati Istat non sarà riconosciuto integralmente a tutti: anche per quest'anno si applica infatti lo schema di rivalutazione decrescente in base agli importi che è in vigore, con qualche aggiustamento, da alcuni anni. Proprio su questo punto c'è stata con la legge di Bilancio una piccola novità: l'esecutivo volendo dare un segnale alla categoria dei pensionati ha deciso di riconoscere il 100 per cento di rivalutazione anche ai beneficiari di un trattamento compreso tra tre e quattro volte il minimo Inps. Cioè ai valori attuali tra i 1.539 e i 1.542 euro lordi mensili. In realtà però questi assegni godevano già di una percentuale di adeguamento del 97 per cento, per cui il passaggio a quello pieno non porta significative novità. E tuttavia andrà attuato. Il fatto è che l'Inps si era già mossa da tempo per il ricalcolo di tutte le pensioni nel 2020: non potendo attendere l'approvazione della legge di Bilancio, con la circolare 147 dello scorso 11 dicembre ha definito i nuovi importi applicando il 97% per chi si trova tra le tre e le quattro volte il minimo. E quelli saranno gli aumenti da questo mese. Poi nei prossimi mesi andrà fatto il ricalcolo per tenere conto del 3 per cento dello 0,4 per cento, ovvero un quasi invisibile 0,012 per cento. La differenza vale tra i 18 e i 25 centesimi al mese in termini lodi, ovvero 12-16 netti: sempre centesimi che però vanno moltiplicati per oltre due milioni di trattamenti Inps e per quelli delle altre gestioni. Per lo Stato è così prevista una maggiore spesa annuale di circa 6 milioni il prossimo anno.
NUOVO REGIME Al di là di questi mini-ritocchi, l'incremento mensile è come si diceva contenuto per tutti: parte intorno ai 2 euro lordi per gli assegni più bassi, per poi crescere anche se non in modo continuo. In termini netti, visto gli aumenti sono comunque tassati, una pensione di 1.200 euro avrà una maggiorazione mensile di circa 4 euro, una di 1.500 intorno ai 5: al crescere dell'importo poi il beneficio si riduce un po' sia perché l'adeguamento all'inflazione opera solo in parte sia perché si fa sentire la maggiore progressività dell'Irpef. L'estensione della rivalutazione totale agli assegni tra tre e quattro volte il minimo è stata decisa anche per il 2022, anno nel quale si tornerà ad un regime di perequazione più generoso. La percentuale di rivalutazione sarà del 100 per cento fino a questa soglia e poi del 90 tra quattro e cinque volte il minimo e del 75 per cento ancora al di sopra. Ma soprattutto, a differenza di quest'anno e del 2021, il taglio non sarà sull'intero importo ma solo sulla quota di pensione che eccede i limiti.