ROMA La novità dell'ultima ora del programma di governo giallorosso, lievitato a 29 punti, è l'inserimento nel testo del capitolo pensioni. Questa volta il governo non guarda a chi sta per lasciare il lavoro o a chi la pensione già la riceve, ma a chi è ancora lontanissimo da quel traguardo: i giovani. Per molti di loro, soprattutto per chi ha carriere discontinue, il rischio è di dover lavorare fino a 70 anni e oltre maturando assegni di poche centinaia di euro al mese. È una delle storture del sistema contributivo, che non prevede (come accade oggi) l'integrazione al minimo per chi non raggiunge una certa pensione. Il programma promette insomma, un assegno di garanzia, un importo minimo vitale assicurato a chi è completamente nel sistema contributivo. Un piano al quale aveva lavorato già il governo Gentiloni ma che si era arenato per la fine della legislatura. Sempre sul fronte previdenziale, se il destino di Quota 100, ossia il pensionamento anticipato con 62 anni di età e 38 di contributi voluto dalla Lega, è in bilico (potrebbe essere chiuso già nel 2020 invece che nel 2021), nel programma è stata inserita una nuova proroga di «Opzione donna». Si tratta di uno scivolo che permette alle lavoratrici di poter anticipare il ritiro dal lavoro anche a 58 anni, ma accettando un ricalcolo contributivo (molto penalizzante) della pensione. Nel testo finale dell'accordo tra Movimento Cinque Stelle e Dem, è entrato anche l'assegno unico per le famiglie. Di che si tratta? Già il governo uscente aveva messo a punto un provvedimento che prevedeva di trasformare tutte le prestazioni sociali agevolate delle famiglie (dagli assegni familiari fino alle detrazioni fiscali), in una erogazione mensile di 400 euro per i figli fino a 3 anni, di 240 euro fino a 18 anni e di 80 euro fino ai 26 anni. Resta naturalmente aperto il problema delle coperture.
LA CONFERMA Il piano economico delineato dal programma in vista della manovra da presentare entro il 15 ottobre, resta sostanzialmente immutato. Viene confermato che l'Iva non aumenterà da gennaio. E questo, si legge nel testo, si farà «senza mettere a rischio l'equilibrio di finanza pubblica». Certo, si discuterà con la Commissione di nuovi spazi di flessibilità, ma non ci sarà nessuna tentazione di portare il livello del deficit a ridosso della fatidica soglia del 3%. Nel programma poi, è stato inserito un punto per ribadire l'adesione dell'Italia al «pilastro dell'alleanza euroatlantica», e la promozione di un equilibrio globale basato su un «multilateralismo efficace». Un colpo al cerchio, per dire che la collocazione dell'Italia resta quella atlantica, e uno alla botte, contro il nazionalismo trumpiano.