Scoperto un tesoretto di oltre mezzo milione di euro, per oltre la metà in contanti, appartenente a Mauro Febbo, capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, indagato per corruzione nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Pescara che ruota attorno alla figura dell'imprenditore Vincenzo Marinelli. Gli inquirenti, nel corso delle perquisizioni disposte dal sostituto procuratore Andrea Di Giovanni, hanno rinvenuto la maggior parte dei soldi nella cassetta di sicurezza di un noto istituto di credito di Pescara. Cassetta in uso allo stesso Febbo, ma intestata alla figlia, di cui l'esponente del centrodestra risulta essere procuratore legale. All'interno c'erano buste bianche ed arancioni contenenti mazzette di danaro per quasi 290mila euro. Inoltre gli investigatori hanno trovato cinque assegni, in parte intestati a Febbo e in parte alla sua società, per 271.500 euro. Altri contanti, in tutto circa 8.500 euro, sono stati rinvenuti a Chieti nell'abitazione e nell'ufficio del politico indagato. La Procura ipotizza che il tesoretto comprenda anche i soldi della presunta tangente che sarebbe stata versata a Febbo, al fine di velocizzare l'approvazione del Project financing per il nuovo polo oncologico dell'ospedale di Chieti. Naturalmente l'esistenza di un accordo corruttivo è ancora tutta dimostrare ed è bene precisare che l'importo dell'ipotetica tangente ammonterebbe soltanto a qualche migliaia di euro e non certo alla totalità dei soldi trovati dagli inquirenti. Soldi che non sono stati sottoposti a sequestro, ma che gli investigatori hanno accuratamente provveduto a fotografare.
NO COMMENT Dai verbali della perquisizione emerge inoltre che Febbo, durante il rinvenimento delle mazzette, «non ha inteso dichiarare nulla». Rischia dunque di complicarsi la posizione dell'ex assessore regionale, che fin dall'inizio ha respinto con forza le accuse e che ha chiesto di essere interrogato. La Procura gli contesta un episodio risalente al maggio del 2019. In particolare, nel decreto di sequestro che ha accompagnato la perquisizione effettuata da squadra mobile e guardia di finanza il 3 maggio scorso, si fa riferimento ad un'informativa degli investigatori dalla quale «si evince che l'indagato, quale assessore e consigliere regionale di maggioranza della Regione Abruzzo, riceveva somme in contanti ed altre erogazioni, in cambio dell'impegno a far bandire la gara per l'esecuzione del Project financing per la realizzazione del nuovo polo oncologico dell'ospedale di Chieti». A questo punto bisognerà comprendere se la Procura ha in mano elementi in grado di collegare il presunto pagamento della tangente al tesoretto di Febbo. L'altra figura chiave dell'inchiesta è quella di Vincenzo Marinelli, che aveva interessi economici in ballo nell'ambito del project financing e che secondo gli inquirenti, dopo avere esercitato forti pressioni su vari esponenti politici, avrebbe versato la tangente a Febbo.
Inoltre, nel registro degli indagati, sono finiti altri politici: Silvio Paolucci, ex assessore regionale alla Sanità in quota Pd, insieme ai leghisti Fabrizio Di Stefano e Sabrina Bocchino. D'altronde l'iter per l'approvazione del project financing ebbe inizio ai tempi della giunta D'Alfonso e proseguì con l'avvento della giunta Marsilio: l'ipotesi della Procura è che nel corso del tempo, prima che il progetto finisse su un binario morto, siano stati stretti accordi illeciti, trasversali agli schiarimenti e alle forze politiche, nel tentativo di portare in porto l'affare.