PESCARA Rfi condannata al risarcimento danni nei confronti di alcuni cittadini che abitano in una palazzina di via Antonelli, adiacente al tracciato ferroviario della linea ferroviaria Bologna-Lecce, nella tratta Pescara Porta Nuova-Francavilla al Mare. Il ricorso, attivato dagli avvocati Emidio Bugliosi e Pietro Alessandrini, era legato ai danni alla salute per i residenti in quella palazzina, causati dai continui passaggi di treni (diurni e notturni), e quindi anche al danno per le loro normali esigenze di vita.Una sentenza, firmata dal giudice Rossana Villani, che ha condannato Rfi a pagare 4.500 euro (oltre gli interessi) a ognuno dei ricorrenti, oltre a disporre che Rete Ferroviaria riconduca «le immissioni di rumore provenienti dalla sede ferroviaria prospiciente le unità immobiliari di proprietà degli attori entro la soglia di tollerabilità attraverso l'adozione delle soluzioni tecniche individuate nella consulenza tecnica, ovvero, in subordine a installare barriere antirumore o ricorrere ad altri accorgimenti che parimenti consentano il rientro della rumorosità nei limiti prescritti».Una sentenza che potrebbe fare da apri pista a coloro che abitano in palazzine a ridosso delle linee ferroviarie e che sono quotidianamente alle prese con i disagi causati dal rumore.Rigettate tutte le eccezioni di Rfi, il giudice ricostruisce la vicenda anche e soprattutto attraverso la normativa che, con il passare degli anni, ha riguardato l'ampliamento della tutela ambientale. «L'applicazione dell'articolo 844 del codice civile», scrive il giudice in sentenza, «deve necessariamente tenere in debito conto il criterio guida della protezione del diritto alla salute, sulla base, non già del mero rispetto di un limite tabellare assoluto, bensì della concreta incidenza-tollerabilità delle immissioni nello specifico e mutevole contesto della loro manifestazione». Questo perché, opponendosi al ricorso, Rfi aveva esplicitato ogni passaggio tecnico fatto per garantire il rispetto della normativa e del Piano, che avrebbe dovuto essere completato al massimo entro il 2018. Determinante, ai fini della decisione, il risultato della consulenza tecnica firmata dall'ingegnere Luca Maria Lucente che fra le altre cose ha evidenziato «il superamento della soglia di tollerabilità previsto dalla normativa speciale in materia di inquinamento acustico derivante da traffico ferroviario nel periodo notturno, nonché con riferimento al criterio differenziale, in condizione di finestre aperte e chiuse, sia di giorno che di notte». E proprio riguardo alla vivibilità il giudice scrive che «ai fini dell'accertamento acustico risultano rilevanti i rumori tali da interferire con la legittima fruizione degli ambienti di casa, ivi inclusa la possibilità di aprire le finestre per fisiologico ricircolo dell'aria ed ossigenazione degli ambienti, sia dalla interpretazione fornita dalla Suprema Corte sulla priorità accordata al diritto alla salute ex art. 32 della Costituzione in tema di immissioni acustiche». E ancora «è stato ritenuto che la scelta obbligata di tenere chiuse le finestre della propria abitazione nelle ore serali e notturne e di servirsi necessariamente dell'impianto di rinfrescamento integra proprio il pregiudizio alla vivibilità della propria abitazione, privando la famiglia della facoltà di godere pienamente e in modo libero della propria abitazione».Anche i testi escussi durante la causa hanno confermato le forti criticità della situazione, con l'impossibilità di dormire la notte per il passaggio dei treni merci ogni 15 minuti: rumori che coprono anche la voce di chi parla al telefono e impediscono di ascoltare la musica o la televisione. «Anche in relazione agli studi scientifici in materia», si legge in sentenza, «i rumori dell'entità di quelli accertati, impediscono di dormire e/o disturbano il sonno, generando sia nel breve periodo che a lungo termine una situazione di stanchezza cronica e stress che pregiudica il lavoro, le attività quotidiane, le relazioni sociali ed anche lo svago». In sentenza vengono richiamati anche i diritti protetti dalla Convezione Europea dei diritti umani, più volte applicati dalla Corte di Strasburgo «a tutela della vivibilità dell'abitazione e alla qualità della vita all'interno di essa».