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Data: 03/09/2023
Testata Giornalistica: CORRIERE DELLA SERA

«Non avete il via libera» I tre alert prima della strage Le telefonate tra una dirigente di Rfi e l’uomo «scorta» sui binari. Errore o prassi?

IVREA Tre avvertimenti: «Deve passare un treno, in ritardo»; «Non potete farlo prima di mezzanotte»; «Aspetta che chiedo». La voce, registrata dal server di Rfi, è quella della dirigente movimento della stazione di Chivasso che, nella notte tra mercoledì e giovedì, sta parlando al telefono con il collega Antonio Massa, 46 anni, «scorta ditta» della squadra incaricata dei lavori sui binari alla stazione di Brandizzo. Eppure, prima dell’incidente che costerà la vita a cinque operai, tra i due ci sono un paio di chiamate (e altre due dopo), ma il «nulla osta» per potersi mettere all’opera — è l’ipotesi investigativa — non arriverà. Perché la circolazione non è stata mai interrotta. I file audio, con le immagini della telecamera sul binario 1, fanno parte del materiale sequestrato dalla Procura di Ivrea, che sta cercando di ricostruire cosa è accaduto tra le 23 (arrivo della squadra) e l’ora dello schianto, e quali siano le cause della tragedia.

Non ci sono (ovviamente) sentenze dopo tre giorni di accertamenti, ma evidenze sì, almeno secondo gli elementi raccolti dagli inquirenti, coordinati dai pubblici ministeri Giulia Nicodemi e Valentina Bossi. Evidenze e indizi che, finora, hanno portato a due indagati, accusati di disastro ferroviario e omicidio plurimo con dolo eventuale: oltre a Massa, Andrea Girardin Gibin, 52 anni, il caposquadra dell’azienda Si.Gi.Fer. Con le loro condotte, avrebbero accettato che l’evento dannoso si verificasse. Contestazione seria, ma al momento doverosa, per l’ufficio diretto dal procuratore capo Gabriella Viglione: in quei minuti sono emerse gravi violazioni delle procedure di sicurezza.

Di certo, quella notte ci sono stati diversi errori, a partire dalla presenza degli operai sui binari: l’intervento era ovviamente programmato, ma non autorizzato. Come dimostrerebbero, appunto, gli audio tra i due dipendenti di Rfi. Anzi, a un certo punto, da Chivasso vengono proposte un paio di finestre di tempo per l’intervento di sostituzione dei binari, come quella tra mezzanotte e l’1.30: perché poi «doveva passare un altro treno». Quello fatale, invece, era previsto prima delle 23.30, ma era in «ritardo», appunto, di 20-25 minuti. Un ritardo che, stando alle registrazioni, sarebbe stato comunicato a Massa. Solo poco prima, sarebbe invece transitato un regionale che — ma sarebbe la sua versione — avrebbe forse confuso l’uomo di Rfi sul campo. Anche se, poi, resta inspiegabile perché lo stesso «scorta ditta» abbia permesso agli operai di andare sui binari, senza aver ricevuto l’ok. E di iniziare a lavorare, come se nulla fosse, e su questo non paiono esserci dubbi: è tutto filmato, dalla telecamera. Di pari passo — si chiedono i magistrati — non si capisce perché pure il caposquadra segua l’indicazione, nonostante la mancanza di un «nulla osta» scritto, come invece prevede la procedura.

L’interrogativo. Si cerca di capire se le falle nella sicurezza siano un caso isolato o un’abitudine diffusa

E qui, potrebbe spalancarsi un ulteriore (e preoccupante) scenario, ora prematuro: «Bisogna capire se procedere con i lavori senza avere il permesso sia una sciagurata scelta delle persone coinvolte o, al contrario, se in questo comportamento possano esserci abitudini, consuetudini, richieste», è la riflessione che filtra. Va da sé che, se così fosse, anche la posizione delle società potrebbe essere oggetto di un approfondimento investigativo. Nel frattempo, indagano praticamente tutti: Polfer, carabinieri, guardia di finanza, Servizio sulla sicurezza degli ambienti di lavoro dell’Asl. Sforzo notevole per una Procura maltrattata (dallo Stato): competente su mezzo milione di abitanti (la seconda del Piemonte), oltre duemila fascicoli per pm, 8 uomini di polizia giudiziaria e un perenne sotto organico.

03 settembre 2023 corriere della sera


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