Data: 22/04/2023
Testata Giornalistica: IL CENTRO |
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Muore camionista di 48 anni «Schiacciato dal rimorchio» Massimo Carbonetti, originario di Tornareccio, era nel piazzale con il mezzo carico di farina Lo strazio della moglie Simona davanti al Tir: «Sei l'amore della mia vita, ti prego: svegliati»
I sindacati: non si può morire di lavoro. Spina, segretario regionale Cgil: «Le leggi ci sono, ma devono essere applicate più severamente» ORTONA «Sei l'amore della mia vita, svegliati», implora tra le lacrime Simona Lusi, inginocchiata davanti al lenzuolo verde che copre il corpo senza vita di Massimo Carbonetti, 48 anni, originario di Tornareccio. Sono le 13.50 di ieri e nel piazzale dell'ex Molino Alimonti di Ortona, ora di proprietà del gruppo Casillo di Corato (Bari), il silenzio attonito di carabinieri e soccorritori del 118 è rotto solo dal lamento lancinante di questa donna che ha perso il marito nel più tremendo degli incidenti sul lavoro. Perché Massimo, titolare della ditta di trasporti di famiglia, è morto schiacciato tra la cabina e il rimorchio del suo camion carico di farina. «Ti prego, angelo mio, svegliati», ripete Simona mentre un parente cerca di staccarla da quel sepolcro improvvisato sull'asfalto illuminato dal sole. Ora indagano i militari dell'Arma e il servizio prevenzione e sicurezza sul lavoro dell'azienda sanitaria. Al momento si escludono responsabilità di terzi. Ma sarà l'inchiesta della procura della Repubblica di Chieti a fissare le coordinate di una tragedia che ha fatto piombare nel dolore due paesi: Atessa, dove la vittima era nata e viveva in contrada Castelluccio, e Tornareccio, dove era cresciuta.
I SOCCORSI L'allarme scatta intorno a ora di pranzo all'esterno dello storico stabilimento di contrada Cucullo, acquistato per quasi sei milioni di euro dal colosso pugliese - nel settembre 2016 - nell'ambito di una procedura di concordato preventivo del tribunale di Chieti. Nessuno ha assistito all'incidente in prima persona. Ma, per i primi soccorritori, le condizioni di Carbonetti sembrano disperate. La centrale operativa del 118, per velocizzare i soccorsi, invia sul posto un equipaggio della postazione di Ortona e l'elicottero di stanza a Pescara. Non c'è niente da fare: il cuore di Massimo ha già smesso di battere.
LA RICOSTRUZIONE Fin da subito, la dinamica della tragedia appare chiara ai carabinieri della stazione di Ortona e agli ispettori della Asl Lanciano Vasto Chieti. Dopo aver raggiunto il piazzale con il suo autoarticolato marca Renault, il quarantottenne stava agganciando il rimorchio alla motrice con alcuni cavi. Un'operazione di routine per un camionista esperto come lui. Ma stavolta qualcosa dev'essere andato storto: una lieve pendenza, i freni di sicurezza non inseriti nel modo giusto, una fatalità o chissà cos'altro. Fatto sta che, per motivi ritenuti comunque accidentali, l'impatto non ha dato scampo a Massimo.
LO STRAZIO DELLA MOGLIE All'esterno dello stabilimento i rilievi vanno avanti per ore. I carabinieri ascoltano chi ha lanciato l'allarme per primo, mentre il personale dell'azienda sanitaria verifica il rispetto delle norme di sicurezza. Quando mancano pochi minuti alle due del pomeriggio, Simona Lusi arriva sul luogo dell'incidente e affronta il momento più doloroso della sua vita. Crolla davanti al camion, quando le tocca dire che sì, quello è il suo Massimo. Un paio d'ore dopo, anche gli operai raggiungono il piazzale per riprendere le auto al termine della giornata di lavoro. Il corpo del camionista è ancora lì. E il pensiero torna a un'altra tragedia sul lavoro che sconvolse la Molino Alimonti di Ortona nel luglio del 2010, quando un operaio albanese di 34 anni, Ruzhdi Sina, morì mentre stava pulendo un silos, sommerso da un'enorme quantità di crusca. E ancora prima, alla fine degli anni Ottanta, ai sette morti nella sede centrale di Guardiagrele.
L'INCHIESTA L'apertura di un fascicolo è un atto dovuto, da parte della procura, per consentire una serie di approfondimenti. Stamattina, all'obitorio dell'ospedale Santissima Annunziata di Chieti, il medico legale Marco Piattelli - su incarico del pubblico ministero Marika Ponziani - eseguirà l'ispezione cadaverica. Resta il dolore indicibile di una donna che per suo marito voleva la vita più bella e che invece, ieri pomeriggio, lo ha ritrovato disteso in un piazzale immenso, pietosamente coperto da un lenzuolo verde.
I sindacati: non si può morire di lavoro. Spina, segretario regionale Cgil: «Le leggi ci sono, ma devono essere applicate più severamente»
ORTONA Gli incidenti sul lavoro continuano a mietere vittime in Italia: da gennaio a settembre dello scorso anno si contano 677 morti, ovvero quasi tre al giorno. Siamo di fronte a una vera strage che si consuma in silenzio e, troppe volte, nel disinteresse generale. La tragedia accaduta ieri a Ortona, con la morte del 48enne Massimo Carbonetti, schiacciato tra la motrice e il rimorchio del suo camion pieno di farina, riaccende i riflettori sul tema delle morti bianche. Abbiamo approfondito l'argomento con Franco Spina, segretario regionale Cgil Abruzzo e Molise. Tragedie simili potrebbero essere evitate?«Occorre prevenire. E questo è possibile solo investendo tempo e risorse sulla formazione sui rischi, che deve essere costante e deve iniziare fin dalla scuola. Inoltre importanti sono gli investimenti sull'ammodernamento delle attrezzature. Bisogna fare sul serio, attivare ogni azione per rimettere al centro il diritto al lavoro e quello alla salute e alla vita».Quali sono le strategie messe in campo? «Le leggi ci sono, bisogna intanto iniziare ad applicarle veramente. È necessario definire perché quella persona è morta, quel giorno, mentre era a lavoro. Individuare le responsabilità e utilizzare le norme esistenti. Il decreto 81 c'è e, se applicato correttamente, è uno strumento efficace. Anche in Regione Abruzzo, è stato istituito un tavolo tecnico di confronto grazie al quale portiamo avanti la nostra battaglia sull'importanza della formazione, anche dentro le stesse aziende se necessario. Si pensi che, su 10 nuovi contratti di lavoro, 8 sono a tempo determinato, di questi, 4 sono sotto il mese. Il tempo per formare il personale di conseguenza è poco e questo non può andar bene».Possibili scenari?«La politica e le istituzioni devono convergere sul tema del lavoro e sulla tutela dei lavoratori. Noi, come Cgil, critichiamo la modifica al Codice degli appalti pubblici. Infatti, con questa si dà la possibilità di procedere con il cosiddetto subappalto a cascata senza alcun limite. In questo modo si indebolisce il sistema d'impresa attraverso una concorrenza tutta al ribasso che ha come elemento centrale non la qualità dell'opera, ma la riduzione dei costi. Con tutta probabilità, se un'impresa deve effettuare tagli, lo farà sulla sicurezza. La sicurezza, dunque, non può essere vista come un mero "costo" ma deve sempre essere incentivata. Solo così possiamo invertire questa tragica tendenza».
Dall'operaio al marittimo, una lunga scia di dolore. La scorsa settimana, a Teramo, un 25enne è precipitato dal cantiere di una chiesa. A novembre un filippino è stato colpito alla testa dalla gru della nave Micoperi
ORTONA Dietro ogni numero c'è un nome, sempre. Le statistiche sugli incidenti nel lavoro raccontano dati e percentuali. Dietro ci sono storie, famiglie, amici, città, luoghi. Ieri, a Ortona, l'ennesima vittima. Un autotrasportatore che durante l'azione di carico del grano sul proprio camion, è rimasto schiacciato tra la motrice e il rimorchio. È solo l'ultima tragedia che ha strappato alla vita un uomo che stava svolgendo "solo" il suo lavoro. L'ultima, poiché in Abruzzo, come in tutta Italia, le morti bianche sono diventate un numero consistente, che non si arresta. L'incidente mortale di ieri, ha immediatamente riacceso i riflettori riguardo il tema sicurezza sul lavoro e ha subito riportato ai due episodi accaduti di recente sempre nella cittadina adriatica. morto a bordo di una nave L'8 novembre dello scorso anno, infatti, il marittimo filippino Mark Canete Pepito di 41 anni è morto dopo essere stato colpito alla testa dalle fasce dell'imbracatura e dal materiale caduto per poi essere sbalzato in acqua. L'uomo era a bordo del Micourier 2, ormeggiato nel porto di Ortona, una nave solitamente impiegata come supporto alle piattaforme. L'incidente è avvenuto mentre erano in corso le operazioni di trasbordo del carico, per via del cedimento strutturale dell'imbracatura che ha portato alla caduta del materiale che era al suo interno. Il marittimo è stato recuperato dal mare direttamente dai suoi colleghi, ed era ancora in vita all'arrivo del 118. Trasferito quindi, verso il pronto soccorso dell'ospedale di Pescara, in elicottero, dove è morto poco dopo.
CORRIERE FINITO IN UN FOSSO Altro tragico episodio, quello del 12 dicembre 2022. A perdere la vita Franco D'Alessandro, corriere di Amazon di 41 anni originario di Pescara. L'uomo, mentre era al lavoro, si è ritrovato in un fossato impraticabile e il mezzo su cui viaggiava per fare consegne si è fermato. A quel punto il ragazzo è sceso dal veicolo per portare pacchi a domicilio, ha provato a spingere il furgone ma si è sentito male. Così ha preso il telefonino e ha chiamato i soccorsi chiedendo aiuto. Ma il 118 non è arrivato in tempo: subito dopo quell'ultima chiamata D'Alessandro è morto.
PRECIPITATO da 10 metri A Teramo, nel cantiere aperto per la ristrutturazione post-sisma della chiesa di Sant'Agostino, il 13 aprile scorso, è morto Ibrahima Dramè, di origini senegalesi. Il giovane di 25 anni è precipitato da un'altezza di dieci metri mentre stava lavorando insieme con un collega. Quest'ultimo, un 43enne di Atri, è finito su una bancata che lo ha salvato. Per Dramè, invece, non c'è stato nulla da fare: è caduto a terra dopo un volo di dieci metri.
ALTRE VITTIME NEL TERAMANO Nel Teramano, purtroppo, altri episodi da aggiungere al tristissimo elenco. Dino Trignani è morto nell'esplosione mentre lavorava nel piazzale esterno di una ditta di fuochi d'artificio di Caprafico. Il 49enne operaio di Giulianova Antonio Fanesi colpito alla testa da un macchinario mentre lavorava alla Metallurgica Abruzzese di Mosciano. E ancora, Roberto Scipione, operaio 52enne di Bisenti, era salito sul tetto del capannone per installare pannelli fotovoltaici. Era arrivato sulla sommità attraverso un'impalcatura montata lungo una parete esterna dello stabilimento: in pochi istanti è precipitato all'interno sfondando un lucernario. Un bollettino che fa spavento e che si aggrava dopo quello che è accaduto ieri a Ortona. Sconcerto e rammarico. Indignazione e rabbia. E una irrefrenabile voglia di giustizia. Questo rimane.
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