ROMA Roberto Gualtieri, il neo ministro dell'Economia, non ha perso tempo. Non appena i vice ministri e i sottosegretari sono usciti dal giuramento di Palazzo Chigi, li ha convocati al ministero per una prima riunione sulla prossima manovra finanziaria. Un incontro nel quale ha riportato l'esito degli incontri con i colleghi europei al vertice di Helsinki di venerdì e sabato scorsi. Il cantiere della manovra «non restrittiva», che cioè confermerà per il 2020 lo stesso deficit del 2019 (intorno al 2%) ha preso ufficialmente il via. Oltre ai 10 miliardi di flessibilità che l'Europa sarebbe disposta a concedere, il prossimo anno il Tesoro potrà fare affidamento su altri 5 miliardi circa di risparmi delle due misure bandiera del primo governo Conte, il Reddito di Cittadinanza e il prepensionamento Quota 100. Il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, ieri ha trasmetto alla Ragioneria i dati con i risparmi per il 2019 (2,5 miliardi di euro) e quelli per il 2020. Altre risorse arriveranno dal calo della spesa per gli interessi se lo spread si manterrà ai livelli attuali. Ma al netto di queste voci, il governo dovrà trovare altri 15 miliardi di euro da tagli di spesa, revisione delle agevolazioni fiscali e lotta all'evasione. Nel frattempo al Tesoro i neo vice ministri e sottosegretari, hanno iniziato ad esaminare i dossier sulle misure concrete lasciati in eredità dal precedente governo. Ieri il vice ministro Antonio Misiani ha rilanciato il progetto di una tassa unica per Imu e Tasi. Un prelievo, ha spiegato il vice ministro, che ha raggiunto «livelli di complicazione paradossale». Per Confedilizia il problema però, non è solo la complicazione, ma anche il peso. Le tasse sulla casa, insomma, vanno ridotte.
IL PUNTO DI PARTENZA Le ipotesi sul tavolo sono diverse. Il punto di partenza è il disegno di legge Gusmeroli, già discusso alla Camera dei deputati e che prevede l'accorpamento di Imu e Tasi in una sola tassa con una contestuale riduzione del prelievo tramite un sistema di deduzioni. L'alternativa sarebbe quella di limitare la manovrabilità delle aliquote da parte dei Comuni. Oggi il sistema è decisamente complesso. L'Imu sugli altri immobili (le prime case sono esenti) ha un'aliquota base dello 7,6 per mille. I Comuni possono aumentarla fino al 10,6 per mille. La Tasi ha un'aliquota massima del 2,5 per mille. Ma la somma tra Imu e Tasi non puù comunque superare il 10,6 per mille. È consentito uno sforamento temporaneo fino all'11,4 per mille. Un ginepraio. Sul quale, come ha spiegato Misiani, l'intenzione è quella di «semplificare, razionalizzare e sfoltire». Sempre durante il precedente governo, la Lega aveva proposto la cancellazione secca della Tasi. Un'operazione che sarebbe costata 1,1 miliardi di euro su un totale di 20 miliardi. Il vice ministro, che ieri ha parlato davanti ad una platea di piccoli imprenditori della Cna, ha aperto anche ad un'anticipazione della deducibilità totale dell'Imu sui capannoni industriali che con le regole attuali, entrerebbe in vigore solo nel 2023. Le risorse potrebbero arrivare da uno stop all'aumento della soglia a 100 mila euro della flat tax per le partite Iva. Intanto oggi i sindacati incontreranno il premier Giuseppe Conte per fare il punto proprio sulla manovra. Cgil, Cisl e Uil torneranno con la piattaforma già presentata all'esecutivo precedente ma aggiornata con il taglio del cuneo.