Manovra, le risorse mancanti dai tagli alle detrazioni fiscali. Il costo del ticket cambierà in base al reddito dichiarato
ROMA Vincenzo Boccia dice che gli industriali non hanno grandi aspettative dalla manovra del governo. C'è, secondo il presidente della Confindustria, un problema di risorse. I sindacati la pensano allo stesso modo e parlano, per bocca di Annamaria Furlan, di una manovra «debole» sulla crescita. Il giorno dopo l'approvazione della Nota di aggiornamento del Def, il documento che precede di qualche settimana la legge di bilancio vera e propria, i punti deboli dell'accordo di maggioranza faticosamente raggiunto nella turbolenta notte di domenica scorsa sono evidenti. Tutti i soldi concessi dall'Europa (14 miliardi) e stanziati dal governo (15 miliardi), bastano a disinnescare l'aumento dell'Iva, senza grandi concessioni al resto. C'è un mini-taglio del cuneo fiscale che vale 40 euro al mese per chi guadagna fino a 26 mila euro. C'è la conferma degli incentivi alle imprese con il piano Industria 4.0. Poi, almeno per ora, poco altro. IL REBUS DA RISOLVERE Al momento, per esempio, non ci sono nemmeno i soldi del rinnovo del contratto degli statali. I quindici miliardi spesi dal governo per il prossimo anno, spingeranno il Pil solo dello 0,2%, 3,6 miliardi in più, rispetto alle previsioni. E senza l'aumento selettivo delle aliquote Iva proposto dal ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, la manovra è a corto di coperture. Il governo ha scritto nel Def che 7,2 miliardi arriveranno dalla lotta all'evasione fiscale. Una cifra elevatissima. Sarebbe un record assoluto al quale in pochi mostrano di credere, nonostante i vari progetti allo studio, come quello di combattere le frodi carosello dell'Iva sui carburanti che, secondo il vice ministro Castelli, porterebbe fino a 3 miliardi. Così al Tesoro hanno iniziato a ritirare fuori dai cassetti dossier e simulazioni per trovare coperture alternative. Ieri sera, parlando a Porta a Porta, il vice ministro dell'Economia, Antonio Misiani, ha smentito che il governo possa cedere alla tentazione di fare cassa tassando la casa. Non ci sarà, ha spiegato, nessuna revisione dell'Imu e della Tasi. Così come, ha sostenuto, nemmeno una revisione delle rendite catastali, che pure è messa nero su bianco nella bozza di Def approvata in consiglio dei ministri. La confusione è ancora molta. Anche perché, ogni giorno che passa, la caccia alle risorse per la manovra assomiglia sempre di più a un rebus. Un paio di miliardi almeno dovrebbero arrivare dalla revisione delle agevolazioni fiscali. Tema delicato almeno quanto l'Iva. L'idea del governo sarebbe quella di agganciare le detrazioni al reddito. Oltre una certa soglia di guadagno si perderebbe il diritto ad ottenere il rimborso dal Fisco. E qui i problemi sono due: quale tipo di rimborsi e quali soglie di reddito. Sicuramente dalla tagliola saranno escluse le detrazioni sugli interessi dei mutui per la prima casa. Ci ricadranno invece le spese sanitarie e per farmaci. La discussione è accesa anche sui bonus per le ristrutturazioni edilizie e per le riqualificazioni energetiche. In questo caso cifre rilevanti si riuscirebbero ad ottenere soltanto intaccando anche i rimborsi in essere, quelle relativi ai lavori conclusi negli anni scorsi, ma si tratterebbe di una misura, una tassa retroattiva, molto probabilmente incostituzionale. Dunque, tolti mutui e ristrutturazioni, secondo le prime simulazioni, ponendo un tetto a 100 mila euro di reddito per ottenere il diritto a detrarre le spese, l'incasso dello Stato sarebbe di soli 200 milioni. Se il tetto al reddito fosse abbassato a 55 mila euro, si arriverebbe a 700 milioni. Vanno poi sommati i tagli alle «Sad», i sussidi ambientalmente dannosi. Valgono 19 miliardi l'anno secondo il ministro dell'Ambiente Sergio Costa, che voleva tagliarli complessivamente del 10%. Anche in questo caso facile sulla carta, complicatissimo nella realtà. Bisognerebbe aumentare l'accisa sul diesel (con i conseguenti rincari alla pompa per 17 milioni di automobilisti), e tagliare i sussidi al gasolio per l'agricoltura. In Francia i gilet gialli sono scesi in piazza per molto meno.
Il costo del ticket cambierà in base al reddito dichiarato
ROMA Ticket sanitari, si cambia. Governo al lavoro per collegare i pagamenti dovuti dagli italiani alla consistenza del loro reddito. Lo ha annunciato il ministro della Salute, Roberto Speranza, specificando che la riforma, da inserire in legge di Bilancio attraverso un disegno di legge, sarà ispirata ad un criterio di progressività. «Oggi non conta se sei miliardario o in difficoltà economica», ha detto Speranza, ricordando che «al di là delle soglie di esenzione, si paga sempre la stessa cosa. Io credo che su questo ha aggiunto si possa intervenire con un principio molto semplice: chi ha di più deve pagare di più e chi ha di meno deve pagare di meno. Quello che ci guiderà - ha sottolineato il ministro è e resta l'articolo 32 della Costituzione, che dice che la salute è un diritto fondamentale dell'individuo e un interesse della collettività». Saranno quindi le condizioni economiche reddituali di ciascun individuo a determinare il costo dei ticket, con l'obiettivo di rendere il sistema più omogeneo ed equo. In pratica, si legge su una bozza del ddl in gestazione, il costo ticket sanitari sarà stabilito in base al costo delle prestazioni e del «reddito familiare equivalente», vale a dire del reddito prodotto dal «nucleo familiare fiscale rapportato alla numerosità del nucleo familiare». E questo anche stabilendo un importo come limite massimo annuale di spesa per i ticket, al raggiungimento del quale cesserà l'obbligo dell'assistito di versare il contributo e partecipare al finanziamento del sistema sanitario. Occorre sottolineare che in Italia c'è una vera e propria giungla dei ticket: infatti, riguardano sia le prestazioni su cui vengono applicati (farmaci, prestazioni specialistiche e visite di pronto soccorso) sia gli importi che i cittadini devono corrispondere. La compartecipazione alla spesa sanitaria da parte dei cittadini nel 2018 sfiora i 3 miliardi di euro: le Regioni hanno cioè incassato per i ticket 2 miliardi e 968 milioni (49,1 euro pro-capite), di cui un miliardo e 608 milioni (26,6 euro pro-capite) relativi ai farmaci e un miliardo e 359 milioni (22,5 euro pro-capite) per le prestazioni ambulatoriali, incluse quelle di Pronto soccorso. IL PIANO Nei piani del governo figura anche il superamento del superticket, che lo stesso ministro Speranza definisce «un balzello di 10 euro che non consente a troppi cittadini di accedere al Ssn. Abbiamo scritto per la prima volta nel Def che è sbagliato e che va superato», ha ricordato il ministro. Il superticket, la maggiorazione di 10 euro sul ticket per le prestazioni diagnostiche e di specialistica ambulatoriale è stata introdotta dal governo Berlusconi del 2011 e ogni Regione ha avuto la libertà di gestirlo in maniera autonoma. Attualmente solo 9 Regioni lo hanno applicano integralmente, altre in forma ridotta (3 euro al posto di 10). L'abolizione del superticket comporterebbe un buco di bilancio di 800 milioni che, spiegano fonti alle prese con il dossier, sarebbero coperti per 180 milioni da risorse già stanziate nella scorsa manovra e per il resto dalle maggiori entrate provenienti dall'abolizione della deduzione forfettaria dei canoni di locazione. Quanto al Fondo sanitario nazionale per il 2020, il ministro Speranza ha garantito che ci saranno 2 miliardi in più rispetto al 2019. Mentre, tra gli obiettivi, c'è quello di irrobustire gli organici della Sanità. «Ci siederemo subito con le Regioni per provare a sottoscrivere nel più breve tempo possibile il nuovo Patto per la salute, in cui affronteremo la questione del personale ma anche le liste di attesa e l'assistenza sul territorio», ha promesso Speranza, riconoscendo che «c'è bisogno di più medici, più infermieri e personale sanitario in tutte le strutture del nostro territorio».
Download 02 ottobre 2019 - il messaggero.pdf
|