ROMA Alle 19.25 il blog dei 5 Stelle pubblica il risultato della consultazione online sulla piattaforma Rousseau: hanno votato in 79.534 (su 117.194 iscritti) e il 79,3 per cento ha detto sì al nuovo governo rosso-giallo guidato da Giuseppe Conte. L'ultimo ostacolo per il superamento della crisi appare superato, nella notte proseguono le trattative, ma ora la strada appare in discesa, perché Luigi Di Maio ha rinunciato alla pregiudiziale del posto di vicepremier e si avvia al ministero degli Esteri. Questa mattina Giuseppe Conte andrà al Quirinale a sciogliere la riserva con la lista dei ministri, mentre il giuramento del nuovo governo avverrà tra questo pomeriggio e domani.
Commenta Luigi Di Maio, che alle 19.30 convoca la stampa: «Ora si tagliano i parlamentari - spiega - siamo d'accordo a votare la misura nel primo calendario utile, questo significa che diventa legge. Nella stessa legge c'è un periodo transitorio di 6 mesi che è stato ideato nella riforma perché si devono mettere a posto alcune cose, per esempio il regolamento del Senato».
TRATTATIVAIl leader M5S poi lancia un monito all'ex amico Matteo Salvini: «L'esperienza di questo agosto deve essere un monito per tutti coloro che credono di poter utilizzare il consenso degli italiani per giochi di partito. Alla fine gli italiani ti puniscono sempre. E la storia pure». Mentre parla Di Maio, il leader del Pd, Nicola Zingaretti, scrive su Facebook: «Con la chiusura del lavoro programmatico si è fatto un altro passo avanti per un governo di svolta. Ridurre le tasse sul lavoro, sviluppo economico, green economy, rilancio di scuola, università e ricerca, modifica radicale dei decreti sicurezza. Ora andiamo a cambiare l'Italia». Tutto risolto? Non proprio, la notte è lunga e Giuseppe Conte si chiude dentro una stanza insieme alle delegazioni del Pd e del Movimento 5 Stelle fino a tardi per limare la squadra e sciogliere gli ultimi nodi. Partiamo dai numeri: nel governo giallo-verde c'erano 10 ministri M5S, 7 leghisti; nel nuovo esecutivo il rapporto tra pentastellati e dem sarà di 8 a 8.
Cosa non torna? Per esempio chi deve essere il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, che Conte vuole scegliere in prima persona senza subire pressioni. Lui propende per Roberto Chieppa, ma resta sempre sul tavolo l'ipotesi del 5 Stelle Vincenzo Spadafora. E poi c'è il ministero dello Sviluppo economico conteso tra 5 Stelle e Pd, c'è la Sanità, ci sono tutti gli equilibri da trovare. Per Conte è una lunga notte, anche se sia tra i Dem sia tra i pentastellati traspare ottimismo. Anche perché quel 79 per cento e passa di sì sulla piattaforma Rousseau per il M5S rappresentano una spinta potente ad andare avanti. A metà pomeriggio Graziano Delrio aveva spiegato: «Il lavoro sul programma è praticamente finito. Abbiamo lavorato su argomenti specifici: le città, l'agricoltura, le piccole e medie imprese. Insomma si sta facendo un lavoro serio». E Matteo Renzi, il primo a fermare il treno in corsa delle elezioni anticipate auspicando l'alleanza con i 5 Stelle, osserva: «A me costa un sacco fare l'accordo, mi fa rosicare, non dico che bello!, sarà lo stesso per il M5s. E non dimentico offese e insulti. Ma se serve all'Italia si fa».
CENTRODESTRAE Salvini? Alle 19.45, anche lui in contemporanea con la conferenza stampa di Di Maio, il leader della Lega si affida alla solita diretta su Facebook, un po' la sua coperta di Linus, e spiega: «Volevo il voto, sono stato ingenuo, ma avevo sottovalutato fame di potere. Nasce un governo degli orrori, un governo solo contro Salvini, è un governo dei perdenti e dei poltronari. Da oggi sarò più positivamente incazzato di prima, ci prepariamo a riprenderlo per mano questo Paese, non andate lontano, non siete d'accordo su niente». Laconico il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi: «Voto Rousseau scontato, nasce esecutivo ultrasinistra».
Orlando resta fuori, sarà vicesegretario unico Ma tra le correnti è battaglia sui ministri
ROMA «Ora andiamo a cambiare l'Italia», esulta a sera Zingaretti, di fronte ai risultati del voto grillino. Ma tra i dem c'è ancora scetticismo. E tra le correnti è tutta una gara a chi strapperà il ministero più pesante, come testimonia il duello proseguito tutta la notte tra Franceschini e Guerini per la Difesa. Ora che la nascita del governo è a un passo i dem guardano proprio a palazzo Chigi. L'interrogativo è uno solo: il premier sarà capace di gestire i nodi politici e programmatici? Non c'è un atteggiamento di sfiducia ma l'impressione che al momento i big del Pd hanno ricavato dell'avvocato del popolo è quella di una oggettiva debolezza. «Va misurato», la tesi. E' vero che ha conquistato i gruppi pentastellati e che è diventato un punto di riferimento dell'Europa ma il timore è che non riesca a tenere la barra dritta e che possa patire l'ombra del capo politico M5s. In ogni caso il refrain al Nazareno è che dovrà cambiare abito. Non più indossare quello del mediatore che è stato apprezzato più che altro per aver sedato i litigi reiterati tra Di Maio e Salvini. E neanche potrà vestire i panni di chi finora si è limitato più che altro a tagliare i nastri e a mettere la faccia solo sulle cose positive senza sporcarsi le mani fino in fondo.
«Ora questo il ragionamento dovrà governare, gestire la politica degli sbarchi, occuparsi delle grane in prima persona, abbandonare quell'immagine di chi pensa solo ad ergersi come pacificatore». Un Berlusconi del Sud più serio e con maggiore cultura», osserva un esponente dem. La prima prova del fuoco sarà sulla legge di bilancio ma i numeri soprattutto al Senato sono ballerini. La maggioranza sono i calcoli dem è sui 165-166, solo un paio di voti in più rispetto alla fase giallo-verde. E c'è il nodo delle presidenze delle Commissioni a guida leghista che potrebbero giocare un ruolo di primo piano proprio riguardo all'iter della Finanziaria. Ecco perché il piano del Pd sarà quello di pescare proprio a palazzo Madama per la nomina dei sottosegretari. Per soddisfare gli appetiti e garantire una navigazione tranquilla.
NODO COMUNICAZIONEPoi all'orizzonte nel Pd si affaccia un altro problema. Va bene evitare che ci siano vicepremier ma non si può lasciare tutta la struttura della comunicazione in mano a palazzo Chigi, anche perché non sarà un esponente dem a ricoprire la carica del sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Intanto dal Pd già si sottolinea quale sarà il ragionamento di Renzi: «Dirà spiega un big della maggioranza di essere stato lui ad indicare la maggior parte dei ministri...». L'altra incognita su questo governo resta proprio l'ex premier: la convinzione della maggioranza dem è che a maggio Renzi farà i suoi gruppi, che vorrà essere lui l'interlocutore di Conte. Ma una operazione del genere non viene temuta dai vertici. In questa fase Zingaretti, Orlando, Franceschini e Gentiloni hanno agito di comune accordo. E non è destinata a cambiare la geografia Pd neanche dopo la rinuncia di Orlando ad entrare nel governo. Il dominus resterà Zingaretti, coadiuvato da Orlando, vicesegretario unico se come pare la De Micheli diverrà ministro, con Franceschini capo delegazione dem nel governo.