ROMA Lo stop ai licenziamenti sarà prorogato al 31 gennaio 2021, in linea con lo stato d'emergenza. Il governo - anche a fronte della recrudescenza dei contagi e delle nuove restrizioni alle attività economiche - si è detto disponibile ad accogliere la richiesta dei sindacati. Solo che nel frattempo - proprio a causa dell'impennata dei contagi e delle nuove ordinanze in arrivo sia da parte dello stesso governo che dei vari governatori di regione - i sindacati hanno sottolineato il peggioramento della situazione economica con tante aziende che stavano muovendo i primi passi verso la ripartenza e che ora rischiano di vedere andare tutto all'aria. Cosicchè anche la proroga fino al 31 gennaio non basta più: lo stop ai licenziamenti deve rimanere fin quando il Covid imperverserà mietendo vittime e mandando in crisi le imprese.
«La tensione è alta, la preoccupazione tra i lavoratori è enorme. È necessario fare andare di pari passo il provvedimento di cig con il blocco dei licenziamenti» ha detto la leader Cisl, Annamaria Furlan. E per i sindacati in questo momento il governo dovrebbe già dire con chiarezza che la cig Covid sarà concessa a partire da gennaio per almeno altre 18 settimane. «Abbiamo bisogno di creare lavoro, coesione e dare un'idea di ripartenza del Paese. Bisogna coprire da metà novembre fino al 21 di marzo» ha sottolineato il numero uno Cgil, Maurizio Landini. «La crisi sociale è dietro l'angolo - ha aggiunto il segretario generale Uil, Pierpaolo Bombardieri - e noi siamo molto preoccupati: chiediamo alla politica e al governo di non chiudere gli occhi». Dall'inizio dell'emergenza sono stati persi «700.000 posti di lavoro. Sarebbe insopportabile e ingiustificato allargare ancora di più le maglie» ha insistito Furlan, ricordando che il decreto Agosto già prevede dei casi in cui il licenziamento è consentito.
Al di là di dove sarà fissata l'asticella (a tarda sera l'incontro è stato sospeso per un paio di ore) il governo ha comunque chiesto l'avvio di un confronto tra le parti sociali per arrivare alla fine dello stop già con una via di uscita, «un graduale ritorno alla normalità», Covid permettendo ovviamente.
L'USCITA GRADUALE «Qualunque sia la data X di fine del blocco, è chiaro che ci si deve arrivare preparati, proprio per evitare un momento di drammatizzazione» hanno detto i ministri Roberto Gualtieri e Nunzia Catalfo, che hanno accennato a «un pacchetto di misure di politiche attive» in aiuto dei lavoratori che dovessero perdere il posto di lavoro. I ministri hanno invitato sindacati e Confindustria ad avviare un tavolo in tempi brevi per cercare «soluzioni che rendano gestibile la transizione» verso la fine dello stop. «Il governo vi sarà di supporto se serve» ha assicurato Gualtieri.
Il blocco ai licenziamenti sarà prorogato in continuità rispetto al decreto Agosto. Con le stesse eccezioni, relative alle aziende fallite, cessate o che hanno fatto accordi con i sindacati. Lo stop vale anche per chi da metà novembre (e sono tante aziende) ha già finito le 18 settimane di Covid. A questo proposito il decreto «colmerà il buco» fino a fine anno, ha assicurato la ministra Catalfo.
Di fatto quindi, per quanto riguarda la partita licenziamenti, la palla passa alle parti sociali. Sono loro che dovranno inventarsi come uscire gradualmente dal blocco. Il governo per adesso si è limitato a suggerire «un pacchetto di misure per potenziare gli strumenti di politiche attive», senza entrare nei dettagli. E senza smentire l'ipotesi di un contributo aggiuntivo da far pagare ai datori di lavoro che licenziano, proprio per finanziare le politiche attive. Di certo l'idea non è piaciuta per niente a Confindustria. E nemmeno all'opposizione. «In un momento di grave crisi, interrompere un rapporto di lavoro non è uno sfizio ma una drammatica esigenza dettata dalle contrazioni dei volumi e da un mercato stravolto dalla tragedia del Covid. Ci auguriamo che arrivi subito una netta smentita a questa follia della tassa su chi licenzia» ha dichiarato il deputato di Forza Italia Luca Squeri.