A Palazzo di città ancora lo ricordano quando arrivava a piedi o in bicicletta alle riunioni consiliari con la mascherina sul volto. E anche i più rispettosi del laticlavio senatoriale e soprattutto del suo profilo professionale di scienziato e illustre ematologo si abbandonavano nei corridoi del Comune a qualche sorriso o a una battuta ironica. Perché quella battaglia martellante sui danni dell'inquinamento atmosferico, le invettive sul traffico e i comportamenti sconsiderati dei singoli e dell'amministrazione nella salvaguardia dell'ambiente sembravano il sintomo dell'estro di un luminare della scienza medica, tanto bravo nella professione quanto stravagante nelle scelte di vita. Ora che la mascherina sul volto è diventata il lasciapassare per uscire di casa, Glauco Torlontano appare un precursore, suo malgrado, di giorni che non ha fatto in tempo a vivere.
L'aria, che inquinata da polveri sottili, è stata a lungo per Torlontano il nemico da cui difendersi, è oggi habitat di un virus da combattere, schermando i respiri e trattenendo i sorrisi nello spazio di una mascherina. Insomma, un pioniere della salute collettiva. «Se fosse qui, avrebbe da ridire sulle carenze del sistema ospedaliero, su una sanità fatta con parametri da ragioniere, sullo sbandamento collettivo alimentato da virologi affezionati più alle platee televisive che non ai microscopi osserva Silvestro Profico, a lungo anima della Sinistra in consiglio comunale e suo amico -. Sono convinto che oggi, come del resto ha sempre fatto nella sua vita, non avrebbe paura di assumere le vesti di provocatore, perché tale è stato, rispetto al mainstream politico di quegli anni. Di figure come la sua se ne sente la mancanza perché forse riuscirebbe a fare chiarezza in tanta confusione di tesi, antitesi e mancate sintesi sul virus e i suoi effetti».
Per Edvige Ricci, compagna di tante battaglie a favore della tutela ambientale, «Torlontano non si fermerebbe al sintomo, ma cercherebbe la causa di quello che sta accadendo». Nelle riunioni di quartiere, come nei convegni scientifici, amava ripetere che il primo elemento vitale è l'aria. I neonati, ancor prima del latte materno, si nutrono di aria e non a caso, quando si muore, si suole dire che si è esalato l'ultimo respiro. «Tutto inizia e finisce con l'aria commenta la Ricci - e Torlontano non ha mai smesso di spiegarlo, anche quando veniva attaccato, magari dietro le spalle, perché non si aveva il coraggio di criticarlo apertamente, vista la stima di cui godeva e considerando quanto aveva fatto per la città e l'ospedale». L'apertura del nuovo edificio del Santo Spirito, all'epoca bloccato da veti pretestuosi, non ultimo la mancanza di segnaletica, fu favorita anche dal lungo corteo che organizzò dalla vecchia palazzina di via Paolini fino all'assessorato regionale, in via Conte di Ruvo. «Riuscimmo ad avere ragione ricorda Profico e a vincere tutte le resistenze. Ma la città sembra averlo dimenticato».
L'intitolazione di uno slargo antistante l'ingresso visitatori dell'ospedale civile non sembra il giusto tributo: «L'amministrazione comunale potrebbe fare di più per valorizzare il suo contributo di medico e cittadino continua Edvige Ricci -. Ma del resto quello che viviamo non è il frutto di un'epoca disattenta nei confronti dell'ambiente e della salute, come lui stesso amava ripetere?». Se lo chiedono anche quelli che lo conobbero e oggi, come lui più di dieci anni fa, indossano la mascherina nel tentativo di proteggersi. Dal virus, ma anche dai troppi morti causati dalla mal'aria, come ci ha ricordato di recente la rivista scientifica The lancet planetary health.