È una valanga l'inchiesta sui falsi report sui viadotti autostradali che ha portato a tre arresti domiciliari e sei misure interdittive, tra tecnici e dirigenti di Aspi e Spea. La procura di Genova ha indagato per favoreggiamento un avvocato di Milano, Fabio Freddi, dello studio Andreano, e Valentina Maresca, membro dell'ufficio legale di Spea. Per gli investigatori i due avrebbero suggerito e acquistato i jammer, i disturbatori di frequenza, da dare agli indagati dell'inchiesta sul crollo del ponte Morandi per evitare di essere intercettati. Aspi e Spea hanno annunciato di aver sospeso le persone indagate, mentre Edizione (la holding della famiglia Benetton che detiene il 30 per cento di Atlantia) si è detta pronta a prendere ulteriori provvedimenti. La procura ha anche trasmesso una parte di atti ai colleghi di Avellino, dopo che in una conversazione Paolo Berti, ex numero tre di Aspi, «confessa» all'ex capo delle manutenzioni nazionali Michele Donferri Mitelli di avere mentito al processo per la strage del bus in cui persero la vita 40 persone. Lo studio milanese dell'avvocato Freddi è stato perquisito dagli uomini del primo gruppo della guardia di finanza di Genova, insieme al procuratore aggiunto Francesco Pinto. Oltre all'ufficio è stata perquisita anche la Muteki srl, ditta specializzata nel campo investigativo- informatico. Nella sede di Cesano Maderno, gli inquirenti hanno trovato fatture per circa 60 mila euro per forniture di apparecchiature elettroniche. Quelle forniture sarebbero, per chi indaga, i jammer. Freddi viene «aiutato» da Maresca. È lei a chiamare la Muteki quando non trovano più uno dei dispositivi. «Non lo troviamo più - dice al telefono - non c'è un modo per rintracciarlo? ». La falsificazione dei report non è una cosa recente, legata alle indagini sulla tragedia di Genova. Per gli investigatori è un modus operandi che risale ad almeno il 2017. Tra i tecnici e dirigenti di Spea c'è il sospetto di essere i «parafulmini» di Autostrade. E per tutelarsi qualcuno registra gli incontri, le riunioni con i vertici di Aspi e li conserva. Grazie a quei file custoditi nel pc di uno degli indagati, gli investigatori scoprono che le carte venivano truccate sempre per un obiettivo: ridurre i costi, una logica di comportamento che, come sottolinea il gip, «prevale sulla finalità di garantire la sicurezza dell'infrastruttura». Però Aspi conferma che i viadotti sono sicuri e pubblica i documenti sulla sicurezza sul sito. In una riunione registrata del maggio 2017 si discute del ripristino del viadotto Giustina, sulla A14, nelle Marche, dove morirono due persone a marzo di quello stesso anno schiacciate dal crollo di un ponte. A fare la voce grossa è Donferri. «Devo ridurre i costi - dice Donferri - Adesso te inventi quello che c... te pare e te lo metto per obbligo». Lucio Torricelli Ferretti, di Aspi, (ai domiciliari da ieri insieme a Gianni Marrone di Aspi e a Massimiliano Giacobbi di Spea) prova a fare capire che non basta e Donferri risponde che «non ha alcuna rilevanza se sia vero o no».
«Ora la revoca per il Pd non è più un tabù»
Avanti sulla revoca della concessione di Autostrade per l'Italia. Luigi Di Maio non molla e plaude al fatto che «pure per il Pd questa parola non sia più un tabù». L'idea che circola tra i tecnici che studiano il dossier per la Presidenza del Consiglio sarebbe di trovare il modo di fare una revoca parziale della sola A10, che pesa per soli 50 km sugli oltre 3 mila km di rete Aspi: la concessione tra Autostrade e lo Stato è unica e revocarla in maniera unilaterale comporterebbe penali per oltre 20 miliardi. Il tema torna caldo dopo le misure cautelari nell'inchiesta sui report ammorbiditi. Uno sviluppo che porta a un cambio di passo da parte dell'azionista Benetton, pronto a prendere iniziative a salvaguardia della propria reputazione. Mentre Autostrade, per «massima trasparenza», pubblica online le schede sulla sicurezza del viadotto Pecetti e del ponticello Paolillo.