Data: 28/08/2023
Testata Giornalistica: CORRIERE DELLA SERA |
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La manovra sul tavolo Tensioni tra i vicepremier Oggi il primo Consiglio dei ministri post ferie. Le distanze tra Salvini e Tajani. Giorgetti: chiacchiere come nel calcio d’agosto Andranno fatte rinunce
Al primo Consiglio dei ministri dopo la pausa di agosto, convocato per oggi, le forze politiche arriveranno pronte a dar battaglia. Sarà l’occasione per una prima discussione sulla manovra rispetto alla quale le priorità sono diverse a fronte di risorse limitate. E anche quella per un confronto dal vivo, dopo molte polemiche a distanza, su tante questioni su cui il governo ha annunciato o messo in cantiere decisioni, non sempre con una visione condivisa da tutti i maggiori azionisti. A giudicare dallo scambio a distanza tra Antonio Tajani e Matteo Salvini, ieri, durante la kermesse «La Piazza» organizzata da Affaritaliani.it a Ceglie Messapica, le distanze sono ampiamente misurabili su più argomenti. Ultimo provvedimento vigorosamente discusso, prima della pausa di Ferragosto, è stato quello della tassa sugli extraprofitti delle banche, approvata in Cdm: la premier e la Lega, nelle settimane successive, hanno confermato determinazione nonostante le aspre critiche di Forza Italia. Il vicepremier e segretario azzurro Tajani ieri ha ribadito: «Con Meloni ci siamo chiariti, per me la polemica (le dichiarazioni contrapposte della premier che rivendicava la decisione e del leader di FI, tenuto all’oscuro fino all’approvazione, che chiedeva la revisione del testo, ndr) è chiusa. Ma non rinunciamo alle nostre proposte per tutelare il risparmio degli italiani. Quella norma si poteva scrivere meglio e proporremo di modificarla. Dire che non si è d’accordo non significa mettere in discussione il governo. Anzi. Noi siamo il centrodestra, non alziamo le tasse: oggi tassiamo gli extraprofitti delle banche e domani facciamo la patrimoniale?». Fondamentale, per Tajani, su questo tema come sulla manovra, sarà la riunione di maggioranza fissata per il 6 settembre, piuttosto che «la discussione generale» del Cdm di oggi. Intanto però i motori si scaldano. Oggi il varo del dpcm Tim per rilevare fino al 20% della Necto, società della rete fissa I due vicepremier hanno polemizzato (a distanza, perché Salvini era collegato) dal palco di Ceglie. Almeno tre i temi di contrapposizione netta. La privatizzazione dei porti: «Quando ho parlato di affidarsi ai privati, mi riferivo ad alcuni servizi. Resto convinto che si debba lavorare in quella direzione, ascolterò la proposta del ministro delle Infrastrutture, ma il Cdm è un collegio», avverte Tajani. Gli risponde a stretto giro Salvini: «All’amico Antonio dico attenzione ai cinesi che ci vedono come terra di conquista». Sulle alleanze in Europa, com’è noto, le posizioni divergono diametralmente: «Mai alleati di Le Pen e AfD, non si può governare con chi dice cose dal sapore nazista», avverte Tajani. «Il centrodestra deve essere unito anche in Europa: dire i francesi no, gli austriaci no, spalanca le porte a un altro inciucio popolare-socialista», contesta Salvini. Ospite della Piazza di Ceglie, in serata anche il ministro agli Affari europei, Raffaele Fitto, che difende il governo sul Pnrr: «I sindaci dovrebbero ringraziare per il lavoro complesso che stiamo facendo. Perché chi ora critica non ha parlato in fase di approvazione?». Il Cdm di oggi quindi si svolgerà in questo clima. Al centro inevitabilmente i conti. Tajani fissa le priorità del suo partito sulla legge di Bilancio: «Rendere pensioni e stipendi più ricchi, stabilizzare il cuneo fiscale, detassare tredicesime e premi di produzione. E poi dobbiamo continuare a innalzare le pensioni minime». Sul tavolo anche il decreto del presidente del Consiglio per rendere operativo il memorandum d’intesa del 10 agosto tra il ministero dell’Economia e il fondo americano Kkr per presentare un’offerta vincolante al consiglio di amministrazione di Tim per rilevare fino al 20% della Necto, società della rete fissa. ROMA «Andranno fatte delle rinunce». Giancarlo Giorgetti in questi giorni parla il meno possibile. In primo luogo perché sta aspettando che la sua maggioranza si riunisca e prenda delle scelte. In secondo luogo perché è preoccupato: la ricognizione dei conti pubblici che stanno facendo i suoi uffici fotografa una situazione, sotto certi aspetti, «grave», e alcuni dati che arrivano dai debiti legati agli impegni finanziari dello Stato rispetto al Superbonus sono «un disastro», numeri «drammatici». Evidentemente il Mef sarà obbligato nei prossimi mesi a rivedere le stime delle uscite per la prima delle agevolazioni fiscali degli anni passati. Il silenzio del ministro dell’Economia, che ha lanciato un allarme pochi giorni fa durante il meeting di Rimini, ammettendo che la manovra che andrà approvata entro la fine dell’anno sarà «complicata», viene rotto in queste ore solo con alcuni stretti collaboratori. Nelle stanze del ministero stanno facendo i conti per essere preparati, fra qualche settimana. Ma sono al momento conti senza l’oste: infatti per Giorgetti andranno fatte precise scelte «sia tecniche, che politiche» e per quanto riguarda le seconde lui attende che Giorgia Meloni fissi i paletti insieme ai due vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini. Per quanto riguarda lui, pur non essendo un ministro tecnico, sembra incarnarne i tratti: oggi in Cdm non è prevista una sua relazione, la misura sugli extraprofitti delle banche lo ha visto coinvolto ma solo fino a un certo punto, i punti salienti della manovra li attende da altri. Lui darà un contributo nel ruolo che gli compete, ma riconosce che il primato della politica attribuisce alla premier e ai due vice scelte che non ritiene affatto facili, visti i fogli e le tabelle che ha sulla propria scrivania. Delle ipotesi di questi giorni, fatte sui media, si dice perplesso, se non divertito. Sfoglia i giornali e i rumors che filtrano sui quotidiani li giudica alla stregua delle dinamiche del «calcio agostano, nulla di fondato, chiacchiere». E non potrebbe essere altrimenti, anche perché la premier è appena tornata in ufficio dalle vacanze e la prima riunione di maggioranza si svolgerà la prossima settimana. Il timing delle cose però non è un dato aleatorio: la Nadef andrà presentata fra il 25 e il 27 settembre, una bozza della manovra di Bilancio a suo giudizio dovrà essere pronta entro 45 giorni, per la metà di ottobre, e in mezzo ci saranno due riunioni dell’Eurogruppo, dove lui sta trattando con i suoi colleghi europei la riforma del patto di Stabilità e crescita e un G20, cui parteciperà il capo del governo. Una tabella di marcia fitta anche per Meloni, che non consentirà né errori né divisioni. Per Giorgetti l’ideale sarebbe che «entro dieci giorni» la premier e i due vice facciano delle scelte precise, perché «il tempo è poco». E «io farò la mia parte». Ovviamente si dovrà tenere conto di almeno tre fattori ancora ballerini: il gettito dell’Iva, quello dell’Irpef e i contributi che la stagione turistica avrà dato alla crescita del Pil. Ma in ogni caso ci si dovrà muovere «entro i parametri europei», anche se negli ultimi due anni sono stati in qualche modo congelati, e occorrerà andare «in linea con l’Unione», il che significa manovra condivisa nei tratti principali con la Commissione. Si potranno anche fare alcuni strappi, ma a questo punto per Giorgetti si entrerebbe in un mare di nessuno, nella cornice di una scommessa che andrà soppesata molto bene. Perché se l’Italia si consentisse un passo più lungo della gamba, come suggeriscono alcune delle proposte che arrivano dalla stessa maggioranza, allora poi bisognerebbe monitorare attentamente le conseguenze macroeconomiche. Il che significa dati finanziari e reazione dei mercati, impatto su debito, crescita e negoziati in corso sul nuovo Patto. Insomma, come aveva detto a Rimini, sarà di sicuro una manovra «complicata». Accise sui carburanti, gli ostacoli al taglio I prezzi elevati dei carburanti, oltre a pesare sulle tasche dei cittadini, stanno generando una forte crescita del gettito fiscale data dalle accise e dall’Iva su questi prodotti. L’anno scorso, di fronte al caro carburanti, il governo Draghi tagliò le accise di quasi metà, riduzione che venne confermata e poi ridotta dal governo Meloni. L’operazione costò 7,7 miliardi di euro. Molti chiedono che lo sconto venga ora riproposto, ma il governo per il momento non pare disposto ad intervenire. Per un problema di risorse, ma anche di equità. Il taglio delle tasse sui carburanti, infatti, favorisce in maggior misura le famiglie ricche, che consumano di più, ed ha un impatto limitato sui redditi medio-bassi. Il governo vorrebbe sfruttare l’extragettito delle accise di quest’anno, tra i 2 e i 3 miliardi, per confermare il taglio del cuneo fiscale che avvantaggia solo i redditi più bassi, fino a 35 mila euro. Quota 41 per tutti, traguardo difficile L’obiettivo del governo è scongiurare il ritorno alla legge Fornero, con il pensionamento a 67 anni, e dunque prorogare almeno le misure che sono state in vigore nel 2023. Bisognerebbe inoltre confermare l’incremento a 600 euro delle pensioni minime, e quasi certamente fare qualcosa di più per avanzare nel programma di legislatura della maggioranza. La prima opzione, di cui l’esecutivo ha anche discusso con le parti sociali prima della pausa estiva, è la conferma di Quota 103, che consente la pensione anticipata di 5 anni, con 41 di contributi e 62 di età. Dovrebbe essere prorogata, forse con qualche modifica, l’Opzione Donna, che permette di ottenere la pensione con 35 anni di contributi. Stesso discorso per l’Ape sociale, l’anticipo a carico dell’Inps per determinate categorie di lavoratori. Quota 41 per tutti, in termini di età contributiva, sembra ancora fuori portata.
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