L'OPERAZIONEROMA I soldi del Recovery fund per pagare il flop del cashback. L'ultima versione del piano di resilienza italiano prevede una spesa di 4,75 miliardi per la promozione dei pagamenti digitali, praticamente la metà di quanto verrà destinato alla sanità per la parte relativa all'assistenza di prossimità e alla telemedicina. Soldi che, nell'ambito del Recovery, verranno presi in prestito dalla Ue e che dovranno perciò essere restituiti. L'obiettivo è di portare la media delle operazioni cashless procapite ai livelli europei, ma se il buongiorno si vede dal mattino allora il successo appare tutt'altro che scontato: il cashback sperimentale di Natale nelle prime due settimane di vita ha attirato l'attenzione di cinque milioni di italiani che al 23 dicembre avevano maturato un cashback effettivo di soli 18 euro a testa in media. Risultato, la parte del Recovery plan dedicata alla promozione dei pagamenti digitali e al cashback di Stato, finora non ha funzionato. Solo una misura una tantum che, anche a giudizio degli esercenti, per il momento non ha dato nessuna spinta all'economia.
LA DIFESA Per Palazzo Chigi invece il piano Italia cashless costituisce una riforma strutturale in linea con le raccomandazioni dell'Unione europea. Secondo stime indipendenti, il piano può portare a un gettito addizionale per lo Stato pari a 4,5 miliardi di euro al 2025, grazie all'aumento dei pagamenti elettronici e all'emersione del sommerso. A giudicare però dal prologo la strada appare in salita. Per il cashback il governo ha programmato di spendere 1,75 miliardi nel 2021 e 3 miliardi nel 2022. E all'extracashback di Natale sono destinati 228 milioni. I 4,75 miliardi in uscita nel prossimo biennio non intaccheranno la parte di risorse a fondo perduto in arrivo da Bruxelles (oltre 65 miliardi) ma quella relativa ai prestiti (128 miliardi circa). In altre parole, il governo si appresta a indebitarsi con l'Europa per finanziare i futuri rimborsi del 10 per cento sui pagamenti senza contante. La voce di spesa rientra tra quelle dedicate al capitolo digitalizzazione, innovazione e sicurezza della Pa, che assorbe poco più di 10 miliardi di risorse, di cui appunto quasi 5 destinati al cashback, ovvero la metà.
Il cashback e la promozione dei pagamenti digitali dovrebbero quindi contribuire alla lotta all'evasione a alla modernizzazione della Pa. Il dossier è gestito da PagoPa, la partecipata dello Stato che si occupa di pagamenti verso le amministrazioni pubbliche e che cura anche l'app pubblica Io, principale porta d'accesso ai rimborsi. Per fare un confronto, il piano Italia cashless assorbirà 4 miliardi in più rispetto a quanto verrà destinato all'innovazione organizzativa della giustizia, che nel Recovery plan deve accontentarsi di 750 milioni di euro.
L'operazione cashback ha già fatto alzare il sopracciglio alla Bce e più nel dettaglio quello dell'ex membro del comitato esecutivo Yves Mersch (considerato un superfalco) che nell'ultimo giorno del suo mandato, il 14 dicembre scorso, ha espresso le proprie perplessità in una lettera indirizzata al ministro dell'Economia Roberto Gualtieri. Le critiche sono state prontamente rispedite al mittente da Roma, ma rimane il fatto che i numeri registrati finora dall'iniziativa non soddisfano. Sicuramente hanno pesato le difficoltà dell'app Io, che nella fase di decollo non hanno reso agevole l'iscrizione al programma, al punto che circa la metà di quelli che hanno scaricato l'app pubblica non hanno aderito ancora al cashback. Poi le chiusure anti-contagio di questi giorni hanno contribuito a tenere bassa la quota di rimborsi maturati dai partecipanti, rendendo il programma meno attraente.