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Data: 09/09/2019
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO

Iva, corsa a evitare gli aumenti selettivi I tagli alle deduzioni

ROMA Sminare l'Iva, evitare che le aliquote salgano dal 22% al 25% e dal 10% al 13% è la ragione fondante del governo Conte-bis. Ma l'operazione, come si sta rendendo conto in questi giorni il neo ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, è tutt'altro che semplice. Anche perché la manovra già scritta che gli ha lasciato il suo predecessore, Giovanni Tria, assomiglia più ad una mina inesplosa che ad una ciambella a cui aggrapparsi. Quel testo contiene una sterilizzazione totale per il 2020 e anche per il 2021 degli aumenti delle aliquote sul valore aggiunto. Ma ad un prezzo altissimo. C'è un taglio lineare di 6 miliardi di euro sulle detrazioni fiscali. Una mannaia per chi sostiene spese mediche, ha un mutuo o si prepara ad una ristrutturazione edilizia. C'è un congelamento del fondo sanitario, che equivale ad un taglio per la sanità. Altro che i quattro miliardi in più chiesti dal neo ministro Roberto Speranza. C'è la presa d'atto che il contratto per gli statali non potrà avere risorse per il rinnovo. Una decisione che potrebbe far alzare oltre il livello di guardia le tensioni con i sindacati. Insomma, Gualtieri prima ancora di sterilizzare gli aumenti dell'Iva, a meno di non volersi imbarcare su una manovra politicamente esplosiva, deve trovare anche i soldi per disinnescare i tagli previsti dalla bozza di Tria. LA STRATEGIA Tanto che al Tesoro qualcuno inizia di nuovo a suggerire che, forse, piuttosto che andare ad incidere sulla carne viva delle detrazioni e deduzioni fiscali, sarebbe meglio puntare su degli aumenti selettivi delle aliquote. Magari facendo passare alcune voci oggi tassate al 10% verso lo scaglione superiore del 22%. L'esempio più citato è quello delle bibite gassate, che pagano un'Iva del 10% se comprate al supermercato e del 22% se consumate al bar. Qualcun altro parla della possibilità che ci sia invece, l'aumento di un punto della sola aliquota ridotta, quella del 10%. Una mossa che porterebbe tre miliardi di euro nelle casse dello Stato. Ma è un'ipotesi che il governo per ora non prende in considerazione. Anche perché per il momento il ministro Gualtieri non sa ancora esattamente di quante risorse potrà disporre. Dipenderà da quanta flessibilità sarà disposta a concedere la Commissione europea. Il governo punterebbe a chiedere tutto lo spazio disponibile con le attuali regole. Significa che il deficit del prossimo anno potrebbe salire fino al 2,3%, liberando 12 miliardi di euro. Risorse che permetterebbero di evitare gli aumenti dell'Iva senza dover calare la scure sulle detrazioni e deduzioni d'imposta. Resterebbero però, comunque, pochissimi fondi per fare altro. Il taglio del costo del lavoro o la riduzione dell'Irpef dovrebbero cioè, essere rimandate a tempi migliori (costano rispettivamente 15 e 10 miliardi di euro). Magari per il momento promettendo, come fatto anche in passato, solo la creazione di qualche fondo per il taglio futuro delle tasse. Se invece si volesse intervenire immediatamente e in maniera consistente con misure per la crescita, allora sarebbe necessario non sterilizzare del tutto le clausole Iva. A meno che Bruxelles non conceda qualcosa in più di quanto trapelato fino a questo momento. Un cambio di rotta, rispetto al passato, potrebbe essere per esempio una sorta di moratoria sul deficit. Ossia permettere a Roma di tenere per il prossimo triennio un deficit costante, magari proprio attorno al 2% abbandonando momentaneamente il percorso di rientro previsto dal fiscal compact. In questo modo si troverebbero spazi di riduzione fiscale ulteriori rispetto alla sterilizzazione delle clausole Iva. Una mossa che, in qualche modo, sarebbe coerente anche con il messaggio lanciato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e che darebbe un orizzonte programmatico al Conte-bis per tutta la legislatura.


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