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Data: 04/11/2020
Testata Giornalistica: ABRUZZOWEB
    ABRUZZOWEB

In Abruzzo record richieste cassa integrazione Ranieri, «Segno debolezza, rischio tracollo». Crisi covid: dati allarmanti nel rapporto inps: in regione hanno usufruito di ammortizzatore ora prorogato a marzo al 58% delle imprese;

Il segretario della Cgil abruzzese, «tessuto piccolissime aziende più fragile»


L’AQUILA – Se in Italia sono state il 54,4% delle imprese a fare richiesta di cassa integrazione ordinaria e in deroga  a beneficio del 40,5% dei lavoratori, per far fronte alla crisi attivata dall’epidemia del Covid-19 e del lockdown da febbraio a maggio, in Abruzzo questa percentuale esplode al 58%, per il 50% esatto dei lavoratori. Dato dunque ben superiore alla media e terzo più alto nel Paese.

La fotografia è stata scattata dall’ultimo rapporto nazionale dell’Inps, presentato la scorsa settimana, e per quanto riguarda l’Abruzzo, conferma, interpellato da Abruzzoweb, Carmine Ranieri, segretario regionale della Cgil, “non è affatto una buona notizia, è la conferma che la nostra regione sta affrontando la peggiore crisi dal dopoguerra con un tessuto economico e produttivo fragile, fatto di micro e piccole imprese, per di più specializzate in settori che hanno subito pesanti cali di fatturato”.

Tradotto: anche se l’ammortizzatore pagato dallo Stato ha avuto una  una proroga fino a marzo, dopo un braccio di ferro con i sindacati, il problema è rimandato: si rischia una primavera 2021 non calda, ma incandescente, con raffiche di chiusure e licenziamenti, ora che al lockdown di febbraio-maggio, si è aggiunto il flagello della seconda ondata di pandemia.

Nel periodo da marzo a giugno, attesta l’Inps,  quasi 800 mila imprese hanno fatto ricorso a trattamenti di integrazione salariale. I dipendenti coinvolti sono stati oltre 5 milioni e mezzo. In estate poi con l’allentamento delle restrizioni del lock down il numero è sceso, e si prevede però che tornerà a schizzate in alto con la seconda ondata della pandemia e la nuova stretta alle attività produttive e alla mobilità dei cittadini, nella forma ed entità che sarà decisa nel dpcm atteso nelle prossime ore.

Nella classifica stilata dall’Inps, in prima posizione troviamo la Campania con il 61,1% delle imprese che ha fruito della cassa integrazione, in seconda posizione la Calabria 59% e poi appunto l’Abruzzo. Le regioni dove si è fatto meno ricorso alla cassa integrazione sono invece il Trentino Alto Adige, con il 32,9%, l’ Emilia Romagna con 48,4% e il Veneto, con 49,1% delle imprese.

    

 

La lettura di Ranieri è confermata dalle dimensioni delle imprese abruzzesi che hanno affrontato la crisi covid, escluse quelle del comparto agricolo, e iscritte all’Inps: sono 28.427, e danno lavoro a 204 mila dipendenti, con una media di 7,2 addetti ad impresa.

Da 1 a 3 dipendenti sono 18.454 aziende, pari al 65%, da 4 a 6 dipendenti 4.500, il 15,9%, da 7 a 15 dipendenti, 3.571 pari al 12,6%, da 16 a 50 dipendenti 1.420, pari al 5%. E infine da 51 a 200 addetti sono 388 aziende, l’1,4%, oltre 200 addetti, appena 74, pari allo 0,3%.

“Questi numeri descrivono una debolezza che si manifesta proprio nei momenti di crisi – afferma Ranieri -, le piccole e piccolissime aziende hanno minore solidità,  hanno maggiori difficoltà di accesso al credito, non hanno riserve da cui attingere. La pandemia ha poi colpito in modo  particolarmente duro in settori per noi strategici come l’automotive e il tessile. Aggiungiamo pure che ci sono importanti e drammatiche vertenze in corso, che investono importanti aziende che hanno un indotto notevole che gli ruota intorno, come  la Yokohama, la Betafence, la Pilkington, la Denso, l’ Atr e la Veco,  solo per citarne alcune”.

“La cassa integrazione ha messo una pezza almeno fino a marzo, ma abbiamo pochi mesi per predisporre strumenti davvero efficaci e mirati per evitare la catastrofe, per vitare migliaia di licenziamenti e la desertificazione industriale della regione”, conclude Ranieri.


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