Data: 29/01/2020
Testata Giornalistica: IL CENTRO |
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Il Ciapi sparisce tra le proteste in aula La maggioranza approva (tra urla e striscioni) la legge che mette in liquidazione la Fondazione e fa vendere la sede. Paolucci e Tua
PESCARA Il caso Ciapi esplode in consiglio regionale con striscioni e urla. La legge che cancella la Fondazione del maggior ente pubblico di formazione professionale, con sede a Chieti Scalo, viene accolta dalle proteste dei dipendenti senza stipendi. In campo scende l'opposizione. Esordisce Domenico Pettinari, M5S, che esclama al microfono: «Questi sono figli di nessuno», indicando il gruppo di persone che alza gli striscioni. «È un'operazione vergognosa», aggiunge mentre dal fondo dell'aula si alza una voce rivolta al governatore Marco Marsilio: «Venga a citofonarci». RIPENSATECI. La protesta segna il consiglio che, ieri mattina, non si è tenuto all'Aquila ma in Comune a Pescara. Sul caso Ciapi incalza anche Sandro Mariani dai banchi dell'opposizione: «Dov'è Mauro Febbo? (che in quel momento era a Roma per la vertenza LFoundry, ndr). Ha urlato per 5 anni poi si è rimangiato tutto», accusa Mariani mentre Giovanni Legnini, che subito dopo prende la parola, dice: «Ripensateci!». Per il capo dell'opposizione di centrosinistra è un errore mettere in liquidazione la Fondazione Ciapi vendendo anche l'immobile che risulta essere ristrutturato nel 2000 con soldi pubblici. Tocca all'assessore Piero Fioretti difendere la legge prima che sia votata. E lo fa distinguendo la Fondazione dall'associazione Ciapi e definendo obbligata la scelta della maggioranza. Ma la protesta sale: «Vergogna, vergogna». LE CARTE. Spuntano carte che, secondo l'opposizione, mettono in luce una sorta di pasticcio. Silvio Paolucci (Pd) le illustra: l'articolo 1 della legge cancella-Fondazione prevede la vendita dei beni immobili di proprietà della stessa. Ma dalla Finanziaria regionale risulta che quell'immobile è stato già trasferito, a titolo gratuito, dalla Fondazione all'associazione Ciapi. In parole semplici la Fondazione venderebbe la sede del Ciapi di cui non è più proprietaria. L'articolo però viene approvato con 14 sì della maggioranza e 11 no di centrosinistra e M5S. E il voto viene accolto da un «Bravi, bravi» urlato ironicamente dai dipendenti. Prima del voto finale accade qualcosa di singolare. LA CONTA. L'opposizione si alza in blocco lasciando tra i banchi solo Legnini impegnato nel suo intervento. La defezione delle minoranze, in quel momento, fa cadere il numero di 15 consiglieri necessari per il via libera alla legge. In aula infatti mancano per la maggioranza Marianna Scoccia, che decide di rimanere fuori, e il consigliere leghista Toni Di Gianvittorio che viene rintracciato e riportato in consiglio dalla porta laterale. La legge viene così approvata con il direttore del Ciapi, Paolo Cacciagrano, che sbotta: «Vi siete venduti la fontana di Trevi» NON CI STA. Che cosa prevede la norma? Innanzitutto l'estinzione della Fondazione Ciapi, e non dell'associazione che è già stata posta in liquidazione. La giunta nominerà un commissario esterno che dovrà liquidare l'ente e vendere l'immobile. Ma Febbo non ci sta a subire le accuse di Mariani e, in serata, dirama una nota in cui tra l'altro afferma che ad avviare il declino del Ciapi è stata la precedente giunta Paolucci-D'Alfonso. E aggiunge: «Il Pd ha una gran bella faccia tosta». Ma facciamo un passo indietro. SHOAH E SUMMA. Il consiglio regionale comincia con un triplo ricordo della Shoah, prima del presidente Lorenzo Sospiri, poi del governatore Marsilio e infine di Legnini. Antonio Blasioli (Pd) chiede e ottiene un minuto di silenzio per la morte dell'artista pescarese Franco Summa. CORTE DEI CONTI. Nell'aula, con i posti vuoti di Roberto Santangelo, Sara Marcozzi e Sabrina Bocchino, in Australia con il Cram, parla poi Sospiri che informa di un'inchiesta della Corte dei Conti sui bilanci della Fira, la finanziaria regionale, notizia, che comunque era nota. Poi c'è il botta e risposta tra Paolucci è l'assessore Umberto D'Annuntiis sulla Tua e l'incarico affidato alla Mirus, attraverso una gara, che prevede una spesa di 66mila euro l'anno per 3 anni. PAOLUCCI E TUA. Mirus non dovrà occuparsi solo della comunicazione ma anche dell'organizzazione di eventi e della pubblicazione dei bilanci. Per Paolucci è una spesa inopportuna. D'Annuntiis ribatte: «Prima si spendevano 120mila euro l'anno». Ma Paolucci controreplica invocando l'istituzione della commissione d'inchiesta su Tua, come peraltro ha chiesto lo stesso presidente leghista Gianfranco Giuliante. NIENTE GARANTE. Tra interrogazioni e interpellanze si sono poi alternati Pettinari (sui fondi non utilizzati per mettere in sicurezza Fosso Grande dopo l'esondazione del 10 luglio scorso); Barbara Stella (su cardiochirurgia di Chieti finita sott'inchiesta); Francesco Taglieri (sul futuro dell'ospedale di Lanciano); e Dino Pepe (un doppio appello per la casa di riposo di Sant'Omero e l'Atr di Colonnella). Ma l'elezione del garante per l'infanzia non c'è stata. È slittata al prossimo consiglio perché Marcozzi vuole essere presente. |
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