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Data: 07/02/2020
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO

Il boato e tutti i vetri in frantumi «Sembravano le montagne russe». Lodi, il treno lanciato a 290 all’ora esce dai binari Morti i due macchinisti, 31 feriti ma nessuno grave. Mario e Giuseppe, la loro vita in prima linea per la sicurezza

Lavori e scambio difettoso la pista dell’errore umano. La notte dell’incidente un intervento di manutenzione sul dispositivo incriminato. La procura: non era nella giusta posizione altrimenti il treno sarebbe andato dritto


LODI Velocità: 298 chilometri all'ora. Federico Vadalà, 23 anni, sta andando a Roma per un provino di Temptation Island, guarda il display e scatta una foto che spedisce alla mamma. Cinque minuti dopo, alle 5.34 di mattina, il Frecciarossa 1000 AV 9565 diretto a Salerno deraglia. E' il primo della giornata a partire, ha lasciato da 24 minuti la stazione Centrale di Milano. Ma arrivato a Ospitaletto Lodigiano «uno scambio doveva essere posto in una certa posizione e invece così non era», spiega il capo della procura di Lodi Domenico Chiaro. E il locomotore, «anziché andare dritto per dritto», sterza sulla sinistra, si stacca dal resto del treno, centra due carrelli della manutenzione e sbatte contro un deposito attrezzi delle Ferrovie.
BINARI DEFORMATI Per i due macchinisti, Giuseppe Cicciù, 51 anni, di Reggio Calabria, e Mario Di Cuonzo, 59 anni, di Capua ma residente a Pioltello tristemente famosa per un altro disastro ferroviario, è impossibile sopravvivere allo schianto. Vengono sbalzati fuori dal Frecciarossa, un corpo viene trovato poco distante dalla motrice, l'altro a una cinquantina di metri. I binari deformati e le incisioni impresse dalle ruote sulle traversine tracciano il percorso che il Frecciarossa non avrebbe mai seguito se non fosse stato deviato dallo scambio. Appena è uscito dal tracciato è scattato il sistema di sicurezza che ha sganciato il convoglio, evitando il disastro: il resto del treno è rimasto sulla sede ferroviaria anche se completamente fuori dai binari, il secondo vagone è sdraiato su un fianco. La locomotiva è andata per conto suo e le prime carrozze erano quasi vuote, solo per questo non è stata una strage: due morti e 31 feriti, nessuno in gravi condizioni.
«Poteva essere una carneficina», afferma il prefetto di Lodi Marcello Cardona. E invece, quando nel giro di un quarto d'ora arrivano i vigili del fuoco, i viaggiatori sono già usciti dai vagoni sulle loro gambe. Chi spaccando il vetro con il martelletto come Federico, che per attutitire l'impatto ha abbracciato il sedile di fronte «come in aereo», chi precipitandosi fuori dalla carrozza alla disperata ricerca del collega disperso. E' Micaela, 24 anni, di Domodossola, che parla con un filo di voce. Era nella carrozza numero tre, da due anni va su e giù su questa tratta lavorando al servizio bar. Quando il treno è deragliato tra le campagne del lodigiano era con una collega. «Abbiamo sentito un grosso botto, le luci si sono spente e sono scoppiati i finestrini. Mi sono messa al riparo sotto al banco del bar, la mia collega si è rifugiata nel nostro bagno. Eravamo terrorizzate, soprattutto per il ragazzo che lavora con noi ed era nella carrozza uno. Temevamo di non rivederlo più». Se l'è cavata anche lui con «tanta paura e contusioni su tutto il corpo», è andata peggio a Xavier Sanchez, addetto alle pulizie, con caviglia e femore rotto.
«SIAMO STATI FORTUNATI» Scendere da quel treno, racconta Chiara, trent'anni, psicologa milanese in trasferta ad Arezzo, è come sentirsi dei miracolati: «Non si capiva cosa stesse succedendo. Mi sono aggrappata ai braccioli, sarà durato quaranta secondi, ma a me sono sembrati dieci minuti. Quando ho toccato terra mi sono guardata attorno e ho capito quanto siamo stati fortunati: la locomotiva era girata dalla parte opposta rispetto al senso di marcia». Alex, 28 anni, ha pensato fosse finita: «Se ti ribalti con un treno a 300 chilometri all'ora non pensi che rimani lì a parlare». La paura unisce, un ragazzo fin lì estraneo è seduto di fronte a lui e si ritrovano a stringersi la mano. Fino a che il treno si è fermato: «Siamo salvi». Dei ventotto passeggeri, dipendenti esclusi, la maggior parte stava dormicchiando e l'incoscienza ha raddoppiato lo shock: prima il boato che scuote e sbalza dalle poltrone, i vetri che esplodono, poi le luci che si spengono e le valigie che cadono dalle cappelliere «Sono stati venti secondi di montagne russe - è la terribile esperienza di Alessandro Rosato, medico romano - Io mi trovavo in bagno e mi sono sorretto in tutti i modi. Quando sono uscito, la prima persona che ho visto era un addetto del personale con una maschera di sangue». Solo una volta scesi «ci siamo accorti che la testa del treno si era staccata ed era dall'altra parte della casetta. Siamo dei sopravvissuti».

Lavori e scambio difettoso la pista dell’errore umano. La notte dell’incidente un intervento di manutenzione sul dispositivo incriminato

LODI Disastro colposo, omicidio e lesioni colpose. Per ora a carico di ignoti. «Stiamo verificando l'ipotesi dell'errore umano, che potrebbe essere legato ai lavori di manutenzione. Se vengono fatti, è perché qualcosa si è rotto». A metà pomeriggio il capo della procura di Lodi Domenico Chiaro tira le fila della prima giornata di indagini sul deragliamento del Frecciarossa. L'incidente, spiega, non è dovuto a un guasto improvviso all'imprudenza del macchinista. Se quello scambio fosse stato posizionato in modo corretto, afferma il magistrato, il treno avrebbe continuato a filare dritto fino a Salerno.
I LAVORIE invece fino a un'ora prima dell'incidente i tecnici di Rfi erano al lavoro proprio su quei pochi metri di binario dove il locomotore del Frecciarossa ha sterzato a sinistra e si è schiantato: avrebbero sostituito o riparato un deviatoio, ovvero un pezzo dello scambio. Gli operai impegnati nell'intervento di «manutenzione ordinaria ciclica» sono interni a Ferrovie, nessun appalto in questo caso. Il regolamento della società impone di registrare tipo di operazione effettuata e orari, perciò i manutentori sono già stati identificati e ascoltati dagli agenti della Polfer: «Abbiamo svolto correttamente il nostro lavoro», si sono giustificati. Eppure quello scambio - sequestrato dalla procura e fotografato dagli investigatori del Nucleo operativo incidenti ferroviari, coordinato dal vice questore della polizia Marco Napoli - non ha funzionato. Non era nella modalità corretta, afferma il procuratore capo. E' piazzato al km 166,771, a circa 300 metri dal luogo dell'impatto della motrice, e secondo gli inquirenti era in una posizione «errata». Era aperto e invece avrebbe dovuto essere chiuso.
Nella notte tra mercoledì e giovedì gli interventi degli esperti di Rfi si sono concentrati su uno scambio «oleodinamico», cioè il sistema che permette ai convogli di passare da un binario all'altro. «Stiamo indagando sulle attività di manutenzione svolte e sul tipo di nesso tra queste e il verificarsi del disastro», precisa il procuratore Chiaro. Sensori compresi. Tra le ipotesi su cui si concentrano gli investigatori, infatti, c'è anche un errore nel collegamento dei sensori che arrivano allo scambio: se così fosse, al macchinista non sarebbe arrivato alcun segnale di allarme. «Lo scambio era probabilmente aperto, anche se il segnale indicava al macchinista il via libera a procedere», ricostruisce un tecnico. «Il treno andava a quasi a 300 chilometri orari su un tratto rettilineo e lo scambio aperto è stato un trampolino di lancio per la motrice, che a quella velocità è deragliata saltando fuori dai binari a sinistra. La corsa del treno è stata frenata grazie allo sfregamento lungo la massicciata e anche al fatto che il primo vagone si è piegato di lato, permettendo al resto del treno di restare in piedi». In questa situazione il macchinista non avrebbe potuto «evitare quanto accaduto: non poteva fare niente, il sistema di sicurezza non si basa sulla visibilità del macchinista, ma sul sistema generale della rete».
IL FONOGRAMMAQuando vengono effettuati lavori di manutenzione, obbligo della squadra di intervento è comunicare il completamento delle operazioni. Cosa che la squadra ha fatto, con un fonogramma delle 4.45: Deviatoio n. 05 disalimentato e confermato in posizione normale come da fonogramma 78/81 fino a nuovo avviso». Stando a questa informativa, i lavori erano terminati e lo scambio posizionato in modalità regolare. Dati che sono stati trasferiti alle apparecchiature di bordo del treno 9595, motivo per cui il Frecciarossa non avrebbe mai potuto sapere che invece lo scambio era deviato. Ora tutto il materiale, a cominciare dalle scatole nere e i binari coinvolti, sono sotto sequestro. «L'interruzione per la manutenzione era finito prima dell'alba, poco prima del passaggio del primo treno della mattina, appunto - rileva Adriano Coscia, segretario generale Orsa Ferrovie - Al di là di cosa sia andato storto, emerge ancora una volta chiaramente che a fronte di dotazioni all'avanguardia, il problema del trasporto ferroviario è nella manutenzione. In quel tratto era attivo il sistema Ertms (European rail traffic management system), uno dei più avanzati in Europa, che avrebbe corretto un eventuale errore umano».

 

Mario e Giuseppe, la loro vita in prima linea per la sicurezza

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