ROMA Il primo dossier, uno dei più caldi, che la nuova ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli, vice segretaria del Pd, dovrà affrontare riguarda la Gronda di Genova. Bloccata da mesi sul tavolo dal suo predecessore Danilo Toninelli, nonostante l'ok ai finanziamenti, l'opera vale 4,1 miliardi ed è considerata fondamentale per dare ossigeno al traffico della città ligure. Tant'è che proprio il Pd, insieme al governatore della Regione Toti, alla Lega e a tutte le organizzazioni sindacali e datoriali, spinge da anni per la realizzazione. Una posizione netta quella del partito di Zingaretti, ribadita più volte, e che quindi prelude ad una rapido via libera. Visto, tra l'altro, che oltre il 93& degli espropri sono stati avviati e che manca solo il timbro politico per far scattare i lavori. Uscita dall'orbita 5Stelle il dicastero dovrà trasformarsi, almeno nelle intenzioni dei Dem, in acceleratore dei progetti infrastrutturali. Contemperando, ovviamente, l'attenzione ai costi e, dove si può, la velocizzazione dei tempi. Da noi in Italia ci vogliono in media circa 15 anni per realizzare un'opera pubblica, un vero record mondiale.
La sfida della De Micheli partirà anche da qui, dalla lotta alla burocrazia e ai cavilli normativi. Un esempio? Lo Sblocca cantieri, legge varata definitivamente a giugno, è ancora privo di oltre 20 decreti attuativi per entrare pienamente in vigore. Da avviare c'è poi il nuovo codice degli appalti, rivisitato da Toninelli, ma ancora al centro di aspre discussioni. Il nodo più grande da sciogliere riguarda le concessioni autostradali. Il Pd da tempo sostiene la linea soft della rinegoziazione rispetto a quella dura, intransigente, dei grillini, che proprio con Toninelli, hanno invece chiesto e chiedono ancora la revoca ad Autostrade per l'Italia dopo il crollo del ponte di Genova. La De Micheli ha già fatto capire che verrà seguita la prima strada, condividendo con Palazzo Chigi, a cui dovrebbe spettare l'ultima parola, una soluzione ragionevole, di sistema. In altre parole, verrà avviato un tavolo per tracciare un negoziato che porti ad una revisione concordata. Oltre ad avviare i piani per affrontare e mettere in sicurezza il territorio dai rischi idrogeologici, la neo ministra proverà a far ripartire piccoli e grandi cantieri: dalla metropolitana di Napoli all'alta velocità Brescia-Verona, dalla Pedemontana lombarda alla Tav. Proprio sulla Torino-Lione dovrà chiudere in fretta il dossier, puntando ad ottenere maggiori finanziamenti da parte della Ue, come garantito da Bruxelles in cambio della conclusione dell'opera. Non meno arduo sarà il lavoro sul fronte Alitalia che sarà condiviso con l'altro ministro, il cinquestelle Stefano Patuanelli, approdato allo Sviluppo economico nel Conte-bis. Anche se il Pd non ha mai visto di buon occhio il matrimonio Fs-Alitalia, e l'ingresso del Mef nell'azionariato, non si opporrà ad una operazione ormai quasi in porto. Come con la Tav si cercherà di arrivare in fretta al traguardo per evitare ripercussioni occupazionali 8In Alialia lavorano 11 mila dipendenti) che, in caso di ridiscussione del progetto, sarebbero esplosive. Al Mise Patuanelli troverà non solo il caso Ilva da gestire, ma ben 158 tavoli di crisi aperti. Con circa 49 mila lavoratori coinvolti al Nord, 44 mila al Sud e 37 mila al Centro. Altri 78 mila lavoratori invece sono coinvolti in tavoli che hanno ricadute su regioni in diverse macroaree del paese. Dalle più recenti vertenze Auchan e Mercatone Uno, alla crisi del settore degli elettrodomestici, a quello dei call center, passando per la crisi nell'edilizia e a quella nell'automotive. Patuanelli sarà certamente aiutato dal decreto che sblocca i fondi per alcune di queste vertenze, ma ha di fronte un quadro davvero preoccupante.