Frecciarossa, primi indagati sono operai della riparazione. Stefano Malorgio (Filt Cgil) «Questi incidenti bisogna farli scendere a zero e abbiamo chiesto un confronto serrato sulle motivazioni»
I sindacati rifiutano l'ipotesi di un errore umano come unica causa dell'incidente. Rfi, la macchina degli utili che andrebbero destinati agli investimenti sulla rete
OSPEDALETTO LODIGIANO Ci sono i primi indagati per il disastro ferroviario del Frecciarossa 1000: sono i 5 operai che all'alba di giovedì sono intervenuti sulla linea dell'alta velocità. È il primo tassello dell'inchiesta che punta a ricostruire la catena delle responsabilità, analizzare le comunicazioni intercorse tra la squadra di manutentori intervenuti allo scambio posizionato al chilometro 166 e la centrale operativa di Bologna, mettere in fila tutti i passaggi che hanno trasformato un intervento sulla rete in un disastro ferroviario. ANOMALIA DEL SISTEMA A due giorni dal deragliamento del Frecciarossa 1000, la componente tecnica del lavoro degli investigatori è praticamente conclusa: è stato lo scambio che ha deviato il treno a sinistra a proiettare la motrice contro un carrello, a farla schiantare contro un piccolo edificio delle Ferrovie e a ribaltarsi sulla massicciata. Chi non ha rimesso quello scambio al posto giusto, chi doveva accorgersi dell'errore e non l'ha fatto è ciò su cui sta indagando la procura di Lodi, che ha aperto un fascicolo per disastro ferroviario colposo, omicidio e lesioni colpose. Attorno a ciò che resta del primo vagone ribaltato sulla massicciata e delle ottanta tonnellate del locomotore accartocciato si sono mossi per tutto il giorno gli uomini della scientifica e del Nucleo operativo incidenti ferroviari della Polfer. Hanno effettuato le misurazioni sulle ruote dei convogli, percorso avanti e indietro la massicciata, analizzato il punto zero, cioè lo scambio incriminato. Qui, alle quattro di mattina di giovedì, era al lavoro una squadra di cinque operai di Rfi, la società di Ferrovie che si occupa della manutenzione dei binari. «Intervento su un'anomalia segnalata dal sistema», dicono gli inquirenti. «Normale operazione di controllo», afferma la società. E qui c'è già la prima discrepanza: era un lavoro urgente per un problema di funzionamento della rete o una regolare manutenzione? Fatto sta che, per il passaggio del primo treno alle 5.35, cioè il Frecciarossa 1000, il lavoro non era ancora terminato. «Come da prassi e avviene sempre in questi casi, per non bloccare la circolazione il deviatoio viene posizionato via dritto. In pratica, quello scambio non esiste più: il binario diventa una linea retta e viene anche scollegato dai sistemi di controllo», spiega un investigatore. In caso di errore non è monitorato dalla rete e quindi nessuno se ne accorge. È ciò che è accaduto al chilometro 166: lo scambio era in modalità svio a sinistra, ma poiché per effettuare i lavori era sganciato dal sistema di controllo nessuno se ne è accorto. I cinque operai di Rti sostengono di averlo posizionato correttamente e lo confermano alla centrale di Bologna con un fonogramma delle 4.45 in cui annunciato: «Deviatoio in posizione normale». Che è il segnale di via libera al passaggio dei treni. Ma quando arriva il Frecciarossa lo scambio è innestato verso sinistra: che si sia trattato di una catena di errori, iniziata sul posto e proseguita nelle sale in cui si controlla il traffico ferroviario da remoto, è l'ipotesi su cui lavorano gli investigatori. LO SCIOPERO Ieri intanto è stata altissima, secondo i sindacati, l'adesione allo stop di due ore dei ferrovieri dipendenti di tutte le aziende di settore deciso dopo la morte dei due macchinisti alla guida del Frecciarossa 9595. Uno sciopero non contro, ma per. Per commemorare i colleghi morti, per la sicurezza, per evitare che si ripetano tragedie come quella avvenuta a Ospedaletto Lodigiano. Alle famiglie delle due vittime, Giuseppe Cicciù e Mario Di Cuonzo, sono state devolute le due ore di retribuzione di tutti coloro che hanno aderito allo sciopero e gli amministratori delegati di Fs italiane, Gianfranco Battisti, Trenitalia, Orazio Iacono, e Rfi, Maurizio Gentile, hanno avuto in primo incontro a Roma con i sindacati dei trasporti e altri ce ne saranno nelle prossime settimane. «C'è l'impegno a lavorare per aumentare ancora di più gli standard sulla sicurezza», spiega il segretario generale della Fit Cisl, Salvatore Pellecchia. «Questi incidenti bisogna farli scendere a zero» e «abbiamo chiesto un confronto serrato sulle motivazioni», aggiunge il segretario generale della Filt Cgil Stefano Malorgio, dato che i sindacati rifiutano l'ipotesi di un errore umano come unica causa dell'incidente. «Vogliamo che la sicurezza prevalga sul profitto», afferma il segretario nazionale della Uiltrasporti, Paolo Fantappé. Più duro un comunicato di Cgil-Cisl-Uil di Milano che annuncia la mobilitazione dei lavoratori se non ci saranno immediati interventi sulla sicurezza: «Basta parole, Non abbiamo più tempo, non si può più aspettare».
Rfi, la macchina degli utili che andrebbero destinati agli investimenti sulla rete
IL FOCUS ROMA Rfi è una realtà molto profittevole. La società che gestisce la rete ferroviaria italiana è un po' il bancomat delle Fs, che da una parte paga i pedaggi e dall'altra incassa i dividendi, visto che la controlla. Solo nel 2018 ha messo a segno un risultato positivo per 274 milioni, l'anno primo i profitti avevano toccato quota 261 milioni, mentre nel 2016 si erano attestati a 181 milioni. Conti alimentati dai pedaggi pagati da tutti i treni che sfrecciano sui suoi binari. Sia le Freccie che i convogli di Ntv-Italo versano nelle casse di Rfi, che garantisce la manutenzione e i controlli di sicurezza. «Da quando è partita la concorrenza - spiega l'economista Andrea Giuricin - la società ha realizzato circa 1,4 miliardi di utili». Una cifra di tutto rispetto. In molti si chiedono se, viste alcune criticità che si sono manifestate, non sarebbe stato più opportuno destinare una parte degli utili in nuovi investimenti nella manutenzione e nella formazione del personale che fa i controlli sui binari. Del resto è stata la stessa Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria a sollecitare un impegno maggiore su questo fronte, che è poi il core business della società. Per la verità da tempo anche altri operatori ferroviari, Italo e quelli che si occupano di merci, pensano che Rfi, operando come società terza, dovrebbe chiudere i bilanci in pareggio, destinando tutti i profitti agli investimenti. Sul fronte opposto ovviamente Fs che, insieme al Tesoro, la pensa in maniera diversa. Non è un caso comunque che Rfi, ben prima del tragico incidente di Lodi, e su impulso propio del nuovo ad di Fs Gianfranco Battisti, abbia deciso di implementare al massimo lo sforzo per verifiche, controlli e nuovi cantieri. Il piano da qui ai prossimi 5 anni mette in campo 10 miliardi, triplicando le risorse per ridurre i rischi e ammodernare il network. Un segnale che dimostra, secondo i sindacati, come si cerchi di recuperare il tempo perduto. Nel mirino c'è sopratutto il vertice di Rfi, ovvero l'ad Maurizio Gentile, che del resto è in scadenza. «Il triennio appena trascorso - sottolinea Andrea Pelle del sindacato Orsa Trasporti - oltre ai fatti di cronaca noti a tutti, è stato costellato da segnali inequivocabili del progressivo degrado del sistema di sorveglianza e di manutenzione degli apparati infrastrutturali ferroviari». Certo - si spiega, e sono d'accordo anche Cgil, Cisl e Uil - è sbagliato affermare che i treni sono meno sicuri, la rete ferroviaria nazionale era e resta tra le più garantite in Europa. Il rischio zero ovviamente non esiste. Ma l'Orsa chiede di cambiare passo e di farlo subito. Bisogna - spiega ancora Pelle - rivede l'intero ciclo della manutenzione di Rfi, mettendo mano alla organizzazione del lavoro visto che che non si riesce più a contenere l'incremento dei treni che circolano sulle linee commerciali. Ci attendiamo che il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti agisca in fretta e favorisca la riorganizzazione del servizio di manutenzione dell'infrastruttura della rete ferroviaria, cambiando i vertici. «C'è l'impegno dell'azienda - affermano infine Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Fast Ferrovie, UGL AF e Orsa - a riconvocarci per avviare il confronto richiesto sugli investimenti in tecnologia e sicurezza».
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