ROMA Tesoro al lavoro per mettere a punto la manovra. Si parte da una base di 20-22 miliardi. Con un occhio alla riforma del fisco, visto che la legge delega dovrebbe esser varata a breve, forse in settimana. Ma la scadenza di metà ottobre per il varo della legge di bilancio, subito dopo l'aggiornamento del Def di fine settembre, si avvicina a grandi passi. E ha già fatto salire la tensione su molti interventi: dal possibile alleggerimento immediato del cuneo fiscale (2-3,5 miliardi), cioè la riduzione del costo del lavoro, alla riconfigurazione soft del Reddito di cittadinanza - oggi costa 7-8 miliardi l'anno - al dopo Quota 100, con il Fondo per uscire 4 anni prima, ovvero a 62 anni, dedicato alle imprese in crisi o in transizione energetica. Anche qui il costo varia dai 2,5 ai 3 miliardi a seconda della formalizzazione finale della misura. E poi ci sono i nuovi ammortizzatori sociali, il cui costo a regime dovrebbe essere di 3 miliardi l'anno per lo Stato. L'istruttoria tecnica è appena cominciata, ma i partiti stanno già avanzando le richieste, mettendo i paletti.
IL PERCORSO L'obiettivo di palazzo Chigi è sempre quello di spendere con attenzione, evitando di appesantire ancora il debito. Un aiuto arriverà dal ritmo sostenuto con cui è ripartita l'economia. Al momento i tecnici del governo ipotizzano per fine anno un rialzo del Pil del 5,7-5,8% ma non si esclude di arrivare al 6%, come stima anche Confindustria. Non sarà facile però mantenere questa andatura da boom economico. Come accennato, il fabbisogno iniziale stimato è di 20-22 miliardi: dal finanziamento della nuova Cig universale alle connesse politiche attive per il lavoro, dalla riforma delle pensioni alle misure mirate per la crescita, parallele ma non certo sostitutive di quelle del Recovery plan. E poi le risorse per la sanità e le cosiddette spese indifferibili. Sul tavolo c'è anche la proroga al 2023 del superbonus del 110%, con altre semplificazioni in vista per far decollare la misura. La sintesi verrà fatta a Palazzo Chigi, cercando di contemperare le spinte dei partiti.
LA DELEGA Entro settembre dovrà essere presentata la delega sulla riforma fiscale originariamente attesa a luglio. Una riforma che sarà definita con il varo dei decreti attuativi. Anche qui le ipotesi sono tante. Una convergenza ci sarebbe sulla cancellazione dell'Irap. E un'intesa sarebbe possibile anche sull'ipotesi di taglio immediato al cuneo fiscale-contributivo. La decisione sarà presa entro fine mese quando dovrà essere fatta definitiva chiarezza anche sul capitolo-cartelle. Dal primo settembre l'Agenzia delle Entrate-Riscossione ha dato il via in modo graduale alle notifiche delle cartelle congelate da marzo 2020 per l'emergenza Covid. Ma il centrodestra è andato subito all'attacco con Giorgia Meloni e con Matteo Salvini, che chiede un nuovo rinvio. Anche Fi ha sollecitato una riflessione. E su queste posizioni converge il M5S che insiste per una nuova sospensione delle notifiche delle cartelle per poi rilanciare la rottamazione. Il Pd non la pensa allo stesso modo e sostiene che prima o poi le cartelle dovevano ripartire.
GLI AIUTI Come noto Salvini e Matteo Renzi hanno messo il reddito di cittadinanza, che costa 7-8 miliardi l'anno, sul banco degli imputati in vista della manovra. La Lega punta a un forte ridimensionamento, condiviso anche da Fi. Iv ha addirittura evocato un referendum per bloccarlo. Ma i Cinque Stelle difendono a spada tratta il sussidio, appoggiati da Leu e Pd, che però lo definisce «migliorabile». E questa sembra essere anche la linea di Palazzo Chigi, intenzionato a tenere in vita lo strumento ma potenziando i controlli e rendendo più veloce l'accesso al lavoro dei beneficiari.
La riforma degli ammortizzatori targata Orlando non convince, soprattutto per i costi - circa 8 miliardi - il Mef e neppure alcune forze della maggioranza. Per Iv gli oneri andrebbero contenuti evitando la Cig gratis per le piccolissime imprese, e anche Lega e Fi non mostrano particolare entusiasmo nei confronti del progetto. La stessa sottosegretaria al Mef Guerra ha fatto capire che una buona riforma si può fare anche con 5-6 miliardi.
ROMA Il progetto è sul tavolo del ministro dell'Economia, Daniele Franco. Un fondo per accompagnare i lavoratori che si troveranno a fine anno a dover affrontare lo scalone previdenziale dovuto alla fine di Quota 100. Il progetto prevede l'uscita a 62-63 anni con 38-39 di contributi. Il punto di caduta finale è ancora allo studio. Al piano è stato elaborato dai tecnici della Lega, guidati dall'ex sottosegretario all'economia Claudio Durigon, ma al Tesoro la definiscono una ipotesi «credibile». Il principale nodo restano, come per tutte le misure che dovranno essere inserite nella manovra di bilanci o (si veda altro articolo a pagina 2), quello delle risorse economiche. Il costo della misura a regime sarebbe tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro. L'anticipo pensionistico attraverso il fondo resterebbe in vigore per tre anni, dal 2022 al 2024.
Il costo iniziale sarebbe comunque abbastanza contenuto: 400 milioni per il primo anno. Poi crescerebbe gradualmente il secondo e il terzo anno di applicazione. Da dove dovrebbero arrivare i soldi? Per adesso le uniche risorse certe della prossima manovra di bilancio sono i circa 3 miliardi di euro accantonati per la riforma fiscale. Riforma che, tuttavia, sarà rimandata ad una legge delega i cui decreti attuativi avranno un andamento lento negli anni. Insomma, qualcuno all'interno del governo avrebbe già proposto di usare i soldi accantonati per la riforma per evitare il ritorno alla Fornero e lo scalone previdenziale. Ma non è un passaggio semplice. Leu, per voce del sottosegretario Cecilia Guerra, ha chiesto di usare quei soldi per anticipare il taglio delle tasse. Italia Viva, tramite il presidente della Commissione finanze Luigi Marattin, chiede che le risorse siano destinate all'eliminazione dell'Irap.