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Data: 28/11/2022
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO
    IL MESSAGGERO

Ferrovie e rigassificatori i Tar mettono a rischio i finanziamenti del Pnrr. In Puglia stop ai lavori per l'alta velocità Se si supera la scadenza addio fondi Ue. In Puglia stop ai lavori per l’alta velocità Se si supera la scadenza addio fondi Ue

Fra trasporti e energia, su decine di opere incombe la minaccia dei ricorsi


ROMA Il campanello d'allarme è suonato pochi giorni fa. Quando da Bari, e precisamente dal Tribunale amministrativo regionale del capoluogo pugliese, è arrivata una sentenza che ha fatto sobbalzare dalla sedia chi sta lavorando al Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il progetto che dovrebbe finanziare con fondi europei quasi 200 miliardi di opere pubbliche strategiche per lo sviluppo del Paese, a patto che gli interventi vadano in porto entro il 2026. Ed è proprio qui che è entrato in scena il Tar della Puglia. Con una pronuncia che salvo marce indietro in Consiglio di Stato per la prima volta ha imposto lo stop a uno dei progetti finanziati dal Recovery.
Si tratta del potenziamento del nodo ferroviario a sud di Bari, a cui la Regione aveva dato il via libera con uno stanziamento di oltre 400 milioni di euro (di cui più di 200 proprio dal Pnrr). Una tappa ritenuta fondamentale per estendere la rete dell'alta velocità anche al Sud, che prevedeva il raddoppio dei binari per 10 chilometri e lo spostamento di una parte della strada ferrata dalla costa verso l'interno, a ridosso di un'area sottoposta a vincolo paesaggistico. Ed ecco il problema: nonostante l'autorizzazione concessa dalla Regione, il Tar ha accolto il ricorso presentato da comitati ambientalisti, proprietari dei terreni e Comune di Noicattaro. E ha stabilito che nella deroga al piano paesaggistico non è stata evidenziata «l'inesistenza di alternative progettuali» rispetto al tracciato concordato con Ferrovie, Soprintendenza, ministero delle Infrastrutture, della Cutura e della Transizione ecologica. Di fatto, rimettendo tutto in discussione. Con il rischio è il timore degli addetti ai lavori di rallentare il cantiere, al punto di veder sfumare i finanziamenti.
L'ALLARME - Ed ecco l'allarme: che succederebbe se la scure della giustizia amministrativa presto o tardi si abbattesse anche sulle altre grandi opere previste dal Pnrr, tanto da metterne a rischio la tenuta? La possibilità, in qualche modo, era stata prevista, tanto che il precedente esecutivo aveva dato vita a una sorta di corsia preferenziale per concedere le autorizzazioni di impatto ambientale alle opere previste dal Piano. «Il problema ragiona chi maneggia la materia nel governo è che se un giudice stabilisce che ogni volta si devono prendere in considerazione ipotesi progettuali alternative prima di dare il via libera a un progetto, questo rischia di minare tutto l'impianto che era stato predisposto. E soprattutto, di far slittare troppo i tempi». Slittamento che, qualora i cantieri non fossero chiusi in quattro anni, causerebbe di fatto la morte dell'opera.
Un problema non da poco, se si considera che il Piano destina il 13 per cento delle risorse complessive (oltre 25 miliardi di euro) al potenziamento delle infrastrutture per la «mobilità sostenibile». Più di 4,6 miliardi al Sud, per la realizzazione di 274 km di ferrovie ad alta velocità sulle linee Napoli-Bari, Salerno-Reggio Calabria e Palermo-Catania. Oltre otto miliardi e mezzo, invece, è l'ammontare di fondi che si prevede di impegnare per le linee Av sulle tratte Brescia-Verona-Vicenza, Liguria-Alpi e Verona-Brennero, solo per citare alcuni degli interventi apparentemente più «invasivi» da un punto di vista paesaggistico.
Ma a preoccupare non è soltanto il nodo ferrovie. Perché larga parte degli investimenti collegati al Pnrr sono indirizzati al capitolo transizione ecologica. A cominciare dalle fonti di energia rinnovabili. Come gli «impianti innovativi e off-shore», cioè installati su isole a diverse miglia dalla costa, per produrre energia pulita «grazie a tecnologie sperimentali si legge nel Pnrr come i sistemi che sfruttano le correnti e il moto delle onde». Una voce di spesa da 675 milioni. Oppure gli impianti «agro-voltaici» (metà agricoltura, metà fotovoltaico), cui il piano riserva ben 1,1 miliardi entro il 2026. Prevedendo (non a caso) come pre-condizione una «semplificazione delle procedure autorizzative». Ma la domanda già serpeggia: e se un Tribunale amministrativo decidesse di bloccare tutto, magari per un vincolo di paesaggio, che fine farebbero quei soldi?
IL NODO GAS - Per non parlare del fronte rigassificatori. Al momento il Piano non ne contempla, ma l'idea del governo è quella di spingere affinché una parte delle risorse del Pnrr vengano dirottate proprio verso gli impianti di rigassificazione. Impianti non esenti dalla spada di Damocle dei Tar, come dimostra il caso Piombino. Con il comune toscano che nelle scorse settimane ha deciso di impugnare di fronte al tribunale amministrativo del Lazio l'autorizzazione concessa dal governatore Eugenio Giani per installare nel porto la nave (ritenuta da Palazzo Chigi un'opera strategica). E in attesa della magistratura i tempi, ancora una volta, si sono allungati.

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