Da qualche settimana molti si chiedono se la luna di miele tra gli italiani e il governo sia terminata. A giudicare dal sondaggio odierno non si direbbe, dato che rispetto a marzo il gradimento per l’operato del governo fa segnare l’aumento di un punto (oggi il 44% si esprime positivamente sull’esecutivo) e quello della premier di due punti (46% di valutazioni positive) portando l’indice di gradimento (calcolato escludendo coloro che non si esprimono) rispettivamente a 51 e 53. Analizzando l’andamento mensile dell’indice si osserva, al di là della lieve crescita odierna, una flessione di 4-5 punti rispetto ai mesi di novembre e dicembre, quando si registrarono i livelli di consenso più elevati. Si tratta di una flessione in linea o inferiore a quelle rilevate per la maggior parte dei governi che si sono succeduti alla guida del Paese dal 2006 in poi a sei mesi dall’insediamento. Nel complesso, quindi, permane una forte polarizzazione delle opinioni, dato che sostenitori e detrattori sostanzialmente si equivalgono.
Come si spiega la tenuta del consenso a fronte di decisioni che hanno suscitato polemiche e tensioni tra maggioranza e opposizione e all’interno della maggioranza? Si possono avanzare diverse possibili risposte: la prima fa riferimento alle scelte di fondo del governo che hanno avuto un effetto di rassicurazione anche presso una parte dell’elettorato non di centrodestra: rapporti con l’Ue, atlantismo, posizione sul conflitto in Ucraina, tenuta dei conti pubblici; la seconda tiene conto del quadro macroeconomico che ha visto scongiurare il rischio della recessione e ha fatto registrare un rallentamento dell’inflazione e la riduzione dei costi dell’energia; la terza possibile risposta fa riferimento alla relativa trasversalità dell’elettorato del centrodestra che determina reazioni di segno opposto ai singoli provvedimenti alcuni dei quali scontentano una parte del proprio elettorato ma ne accontentano un’altra ottenendo una sorta di «effetto compensativo», come pure avvenne con il governo gialloverde nella scorsa legislatura nonché nel primo anno del governo Renzi. Ad esempio, gli interventi in ambito fiscale hanno deluso alcuni segmenti appartenenti ai ceti produttivi (che si aspettavano riduzioni più significative), ma hanno ottenuto il consenso dei lavoratori dipendenti; e potremmo continuare con provvedimenti che hanno ridimensionato il reddito di cittadinanza, la mancata riforma della legge Fornero, i balneari, ecc. Un’ultima ragione riguarda la mancanza di un’opposizione coesa che induce molte persone a fidarsi e «ad affidarsi» a chi guida il Paese.
A fronte di una tenuta del governo, si osservano alcune variazioni negli orientamenti di voto, a partire dalla flessione di FdI che, pur mantenendo stabilmente il primo posto con il 29%, risulta in calo di 1,3% rispetto a marzo, mentre le altre forze della coalizione risultano stabili (Lega 8%) o in lieve crescita: Forza Italia passa dal 7,2% all’8% appaiando la Lega e Noi moderati aumenta di 0,3%. Nell’opposizione il Pd, che già dopo l’elezione di Elly Schlein alla segreteria aveva fatto registrare un aumento di due punti, nel sondaggio odierno incrementa di un altro 1,7%, attestandosi al 20,7% . A seguire il M5S stabile al terzo posto con il 16,5% (-0,3%), quindi il Terzo polo con il 5,2%, in calo di un punto a seguito delle «prove di divorzio». Da notare che, separatamente, le due forze politiche si riportano sui valori antecedenti l’alleanza. Infine, ritorna a aumentare, sia pure di poco (0,5%), l’area grigia dell’astensione che sale al 39,3%. Quanto a gradimento dei leader, Schlein si conferma al primo posto con un indice pari a 33 precedendo Giuseppe Conte (32) e Silvio Berlusconi che fa segnare un aumento di ben 4 punti, passando da 26 a 30, presumibilmente per le sue delicate condizioni di salute che hanno determinato reazioni di vicinanza da parte di molti.
In conclusione, il governo e la premier mantengono il loro consenso e lo scenario politico mostra un’interessante dinamica che potrebbe evolvere ulteriormente alla luce di molti fattori: dai cambiamenti attesi con la nuova leadership del Pd in termini di proposte politiche e di alleanze, alle conseguenze del divorzio tra Calenda e Renzi, ai cambiamenti negli equilibri interni di Forza Italia e ai rapporti di forza tra i partiti della maggioranza. Manca un anno alle elezioni europee ed è facile prevedere che nonostante la crescente importanza assunta dall’Ue nei tre anni di poli-crisi (pandemia, guerra in Ucraina, crisi energetica e inflazione), la prossima tornata elettorale sarà vissuta come di consueto per i riflessi interni, alla stregua di una verifica dello stato di salute dei partiti italiani.