ROMA In attesa di conoscere il futuro di Luigi Di Maio, tra i 5 Stelle tre nomi con alte probabilità di far parte del Conte bis: Alfonso Bonafede, fedelissimo del capo politico M5S, si avvia a una riconferma al Ministero della Giustizia (ma c'è sempre l'alternativa del dem Andrea Orlando o di un altro grillino, Nicola Morra); Sergio Costa dovrebbe mantenere l'ufficio più importante del Ministero dell'Ambiente, aiutato dall'ottimo rapporto costruito con Zingaretti durante la crisi dei rifiuti di Roma (se invece il Dicastero va a Leu si potrebbe puntare su Rossella Muroni); per quanto riguarda il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giuseppe Conte sta insistendo per assegnare lo snodo chiave che nel governo uscente era affidato al leghista Giorgetti, al grillino Vincenzo Spadafora. Ecco, proprio questa scelta di Conte rende però più complicato il rebus sulla vicepresidenza del Consiglio.
EQUILIBRIO E i dem? Punteranno su quattro donne e quattro uomini. Poiché il Movimento 5 Stelle indica il premier, ritengono di avere diritto alla casella del vice, che deve essere uno solamente. M5S invece vuole lo schema dell'ultimo governo, con due vicepremier, in modo da conservare il posto a Di Maio. «Impossibile - ripetono da giorni al Pd non c'è alcun veto su Di Maio, ma non è sostenibile che M5S esprima premier e vicepremier». La mediazione possibile: non nominare vicepremier e affidare al Pd il ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Ma se Conte insiste su Spadafora, questo schema salta. Due scenari alternativi: alla fine Di Maio e Franceschini faranno i vicepremier; Fraccaro e Orlando potrebbero i due vice in una soluzione di compromesso. Ma Orlando potrebbe anche essere nominato sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi. Alla Difesa c'è sempre l'ipotesi Di Maio o la conferma della Trenta. Ancora incertezza per il ministero della Cultura: Alberto Bonisoli, area M5S, spera in una riconferma, ma non è così scontato che la Cultura resti ai pentastellati e per questo si parla della renziana Anna Ascani o del ritorno di Dario Franceschini. Stesso discorso per la Salute: Giulia Grillo, medico siciliano, è in corsa, ma se il ministero sarà assegnato ai gruppi di sinistra ecco allora il bersaniano Vasco Errani, se sarà del Pd andrà a Lorenzo Guerini. A sorpresa resta sul tavolo il nome di Pierluigi Marini, presidente dell'Associazione chirurghi ospedalieri italiani. Tornando ai renziani, girano anche i nomi di Luigi Marattin e di Teresa Bellanova (al Lavoro). Alla Scuola si parla di Gianni Cuperlo (in alternativa il 5Stelle Salvatore Guliano), alla Difesa Ettore Rosato. Tra le donne Pd, si parla di Lia Quartapelle. Infine, anche se non è chiaro con quale destinazione: Gian Paolo Manzella (attuale assessore allo Sviluppo economico della Regione Lazio) ed Ernesto Maria Ruffini (già direttore dell'Agenzia delle Entrate). Altra caselle da riempire: per gli affari regionali si parla della dem Marina Sereni, mentre resta il grande punto interrogativo di Interni, Economia ed Esteri (tre ministeri su cui c'è attenzione da parte del Colle). Saranno di area Pd. Per il Viminale c'è ipotesi di un tecnico esperto di sicurezza ma anche del capo della polizia Gabrielli. Per il Mef varie opzioni: Salvatore Rossi, già direttore generale di Bankitalia, Daniele Franco, ex ragioniere dello Stato, l'economista Lucrezia Reichlin e l'europarlamentare Pd, Roberto Gualtieri. C'è però chi invita a non dare per scontato l'addio di Tria. Per la Farnesina si parla di Enzo Amendola; l'ipotesi di Paolo Gentiloni resta, ma si va a incrociare con la delicata scelta del commissario europeo. Gentiloni è uno dei nomi, insieme a Gualtieri, a Delrio (per il quale si parla anche di Ministero del Lavoro) ma anche al ministro degli Esteri del governo uscente, Moavero Milanesi. Infine, il commissario alla ricostruzione per le zone colpite dal terremoto. Quello attuale, Piero Ferabollini, potrebbe essere sostituito, tra i nomi in pista il dem reatino Fabio Melilli.