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Data: 23/06/2023
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO
    IL MESSAGGERO

Donne e lavoro, Italia in coda Sugli stipendi un gap dell'11% Il rapporto Bankitalia: lavoratrici penalizzate da orario part time e poche posizioni di vertice

ROMA Occupazione femminile ancora significativamente più bassa della media europea e differenze retributive tra i sessi più rilevanti di quanto appaiano a prima vista. Con un mercato del lavoro che resta ostico, penalizzando anche la fase della maternità. Un corposo rapporto della Banca d'Italia, presentato ieri a Roma, entra nel dettaglio dei ritardi del nostro Paese in tema di occupazione femminile. Ritardi che in parte sono conosciuti e almeno sulla carta oggetto di politiche e interventi normativi; ma che nonostante qualche progresso in tempi recenti continuano a caratterizzare il nostro sistema economico. Rallentandone anche l'efficienza complessiva.
LA GRADUATORIA - Il punto di partenza è naturalmente il tasso di occupazione femminile: un 51,1 per cento che ci colloca in coda alla graduatoria europea, nonostante risulti in buona crescita rispetto al passato. Negli anni Novanta del secolo scorso era ancora sotto il 40%, ma da allora - ad esempio - siamo stati nettamente superati dalla Spagna. È di 18 punti il divario con il tasso di occupazione degli uomini: si tratta del più ampio in Europa dopo quello della Grecia. Tra i fattori su cui le autrici (Francesca Carta, Marta De Philippis, Lucia Rizzica e Eliana Viviano) suggeriscono di intervenire ci sono la scarsa disponibilità di strutture per l'infanzia (essenzialmente gli asili nido) e il basso utilizzo di congedi parentali da parte degli uomini; ma appare penalizzante anche un sistema fiscale e assistenziale che di fatto rende non conveniente l'ingresso delle donne nel mercato del lavoro, perché questo passaggio fa venir meno alcuni sostegni riservati alle famiglia. E questo vale in particolare per i nuclei a basso reddito. La scarsa partecipazione femminile e il più basso numero di ore lavorate da parte delle occupate hanno in generale conseguenze sulle condizioni sociali delle famiglie. Considerando quelle in cui vivono almeno due adulti, nel 35 per cento dei casi c'è un solo reddito (che quattro volte su cinque è dell'uomo). Si tratta ancora una volta di una percentuale sensibilmente più bassa di quella registrate in Paesi come Spagna, Francia e Germania.
Un altro capitolo molto importante è il differenziale retributivo tra uomini e donne. Nel settore privato, misurato in termini di paghe orarie, si attesta intorno all'11%. Esaminando nel dettaglio la situazione dei diplomati e dei laureati (rispetto alle retribuzioni giornaliere) si coglie una differenza rispettivamente del 16 e del 13 per cento. Se invece si allarga il confronto all'Europa, il gender pay gap italiano appare relativamente contenuto. Ma le economiste di Via Nazionale fanno osservare che si tratta di un dato in parte falsato dalle caratteristiche del lavoro nel nostro Paese. La scarsa partecipazione delle donne con basso livello di istruzione fa sì che, rispetto alla media europea, le lavoratrici italiane siano in media più qualificate e ricevano quindi retribuzioni più alte. Correggendo i numeri per tener conto di questa particolarità si ottengono valori in linea con il resto d'Europa.
Gli elementi che incidono sullo stipendio effettivo sono di vario tipo. Tra i più importanti l'orario lavorativo: quasi il 32 % delle occupate ha un contratto a tempo parziale, mentre per gli uomini la percentuale è sotto l'8. «Le donne hanno difficoltà a raggiungere posizioni di vertice all'interno delle aziende, e spesso lavorano in settori che offrono compensi mediamente più bassi» ha poi fatto osservare intervenendo alla presentazione la vice direttrice generale della Banca d'Italia, Alessandra Perrazzelli.
LE DISEGUAGLIANZE - Le diseguaglianze iniziano però prima dell'ingresso nel mondo del lavoro. Una parte dell'analisi si concentra su cosa succede durante il percorso formativo. Lo scenario è per certi versi paradossale: in Italia il numero dei laureati è basso nel raffronto internazionale, ma nella fascia di età 25-34 anni le ragazze rappresentano oltre il 60 per cento dei laureati. Questa "bravura" si trasforma però in penalizzazione retributiva a causa dell'indirizzo di studi scelto. Sono ragazze il 90 per cento di coloro che si laureano in scienze dell'educazione, l'80 per cento per quanto riguarda le lingue e la psicologia, il 70 per cento per le materie letterarie. Invece per le materie scientifiche (le cosiddette STEM) la percentuale femminile scende al 40% (27% per ingegneria, 46% per matematica, fisica e chimica). Sono questi ultimi i settori che in prospettiva garantiscono retribuzioni migliori.

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